Università: le priorità da cui far ri-partire il sistema
Certezza delle risorse, retribuzioni, Statuti universitari, diritto allo studio, reclutamento, precariato: sono i punti su cui attuare un piano di rilancio del sistema universitario.
Pesanti sono le eredità lasciate al Paese dall'ex Ministro Gelmini in termini di istruzione universitaria. È necessario voltare pagina al più presto, tentando, anche nel breve periodo, di rilanciare il sistema universitario pubblico a partire da investimenti consistenti, superando la devastante logica dei tagli indiscriminati.
In questa ottica devono essere cancellati i tagli al Fondo per il Finanziamento Ordinario delle Università e deve essere data certezza delle risorse disponibili ad inizio d'anno e per un periodo minimo di tre anni.
Non c'è dubbio poi che la Legge 240/2010 vada superata e che non si possano consolidare quei principi di fondo che abbiamo fortemente avversato e combattuto.
Gli Statuti universitari devono essere rapidamente approvati senza interferenze ministeriali come sta invece accadendo. Dovrà però essere rivisto l'assetto di Governance imposto dalla Legge 240/2010 che ha nei fatti prodotto il restringimento degli spazi di agibilità democratica.
Occorre uno stanziamento straordinario a favore del diritto allo studio che privilegi il sistema delle borse di studio per tutti gli aventi diritto, superando il modello del prestito d'onore che non può funzionare in un momento di grande precarietà nel lavoro e con salari d'ingresso di pura sussistenza.
Da subito bisognerà operare con un intervento straordinario che tolga il blocco che di fatto si è creato nel reclutamento universitario. I meccanismi previsti dalla Legge 240/2010 non decollano e rendono l'Università priva di risorse, oltre che finanziarie, anche umane. Si chiudono così corsi di studio, anche per effetto delle pessime prescrizioni contenute nel DM 17/2010, a prescindere dalla loro effettiva utilità, privando il Paese, per pura insipienza, di competenze e opportunità. Si è colpevolmente ritardata la messa in funzione dell'anagrafe delle ricerche dei professori e ricercatori, istituita già dal gennaio 2009, ma mai realizzata.
In questi anni invece di diminuire è aumentata la frammentazione delle figure precarie. Questo ha prodotto e produce un abbassamento della qualità della ricerca e dell'offerta didattica poiché non si garantisce la continuità della prestazione favorendo viceversa la cosiddetta fuga di cervelli. È perciò indifferibile un intervento di riordino della materia che garantisca stabilità e diritti a chi opera nel sistema universitario. Anche sui dottorati di ricerca è necessario trovare le risorse che consentano di superare l'istituto del "dottorato senza borsa".
Tra i guasti del "sistema Gelmini" si può annoverare anche l'aver strutturato l'ANVUR (Agenzia nazionale di valutazione) come braccio operativo del Ministero, e non invece come soggetto di valutazione terzo ed indipendente dal potere politico. Nel contempo si sono colpevolmente ridotte le competenze del Consiglio Universitario Nazionale, organo elettivo di rappresentanza del sistema universitario.
Se si interverrà, alla luce delle normative vigenti e come probabilmente è necessario, sull'aggiornamento delle competenze del CUN, ne andrà assolutamente salvaguardata l'elettività e la rappresentanza di tutte le figure professionali presenti nelle Università.
Il personale dell'Università, non diversamente da quello del resto del pubblico impiego, ha visto in questi ultimi anni falcidiato il potere d'acquisto delle retribuzioni. Il blocco dei contratti e delle progressioni per il personale del comparto ed il blocco degli scatti e degli adeguamenti stipendiali per i docenti, deve essere rimosso.
Va, in sostanza, attuato un piano di rilancio del sistema universitario, uscito mortificato dall'esperienza governativa precedente, concertato con le parti sociali e gli studenti, nella assoluta convinzione che le misure per la crescita che tutti auspicano non possano che partire dai settori della conoscenza.