Convegno nazionale “Noi della Ricerca, per il Paese” - Seconda giornata

  • 13:45

    E’ Enrico Panini a riprendere la parola per concludere i lavori di questo importante convegno che ha visto svilupparsi, in queste due giornate, un’articolata analisidella crisi che vive oggi il mondo della ricerca in Italia ed un articolato dibattito sull’insieme delle proposte della FLC per uscire da questa situazione e ridare dignità ed autonomia ad un settore così strategico per il futuro del Paese.

    Panini inizia portando il saluto e le scuse del Segretario generale della CGIL, Guglielmo Epifani, che avrebbe dovuto concludere i lavori, in quanto impegnato in queste ore in incontri di carattere confederale in vista dei prossimi incontri con il governo sul DPEF e pensioni.

    Ringrazia tutti ed esprime la soddisfazione della FLC per la grande partecipazione all’iniziativa che ha visto più di 400 presenze e apprezza il grande livello di elaborazione degli interventi che si sono succeduti.

    Ha ricordato che iniziative così non sono mai passerelle e che la situazione è davvero grave, ben più che in altri comparti della FLC.

    Occorre, ha sostenuto, una terapia d’urto e la FLC intende giocare fino in fondo il ruolo che le compete.

    Si è poi soffermato su alcuni punti in particolare, che si seguito riassumiamo brevemente.

    1. PRIN – è questione su cui va segnalato l’allarme. I fondi devono essere sbloccati subito per poter essere assegnati entro il 2007. Ritiene che il cosiddetto “tesoretto” (bruttissimo termine, che pare essere oggi l’unico per parlare di risorse possibili) può essere utilizzato anche per il PRIN. E già dalle prossime ore la FLC intende avviare un percorso con Cisl e Uil per una richiesta unitaria al Presidente del Consiglio.

    1. DPEF – ritiene che deve essere noto al più presto, non solo al Ministro Mussi ma anchealle Organizzazioni sindacali. Le risorse per la ricerca di base ci devono essere e va fatto capire, anche a parte della maggioranza, che questa è l’unica strada seria per il Governo per realizzare uno sviluppo reale del paese e la FLC dice questo sulla base dell’autonomia che la ha sempre contraddistinta.

    3. PRECARIATO – su questo tema la FLC non è affatto soddisfatta: sul versante delle stabilizzazioni non si procede bene e le azioni per il superamento del precariato sono troppo vaghe. Ci sono, inoltre troppi ritardi e troppe obiezioni da parte delle controparti.

    Il 3 luglio i lavoratori precari dell’università e della ricerca saranno di fronte al Ministero dell’Economia e forse anche a Palazzo Chigi per manifestare lo scontento e chiedere l’aumento, oltre che del numero complessivo, anche delle figure che potranno beneficiare della stabilizzazione.

    Panini ha quindi ricordato che l’impegno della FLC Cgil resta quello di mettere in campo una nuova idea dello sviluppo del Paese. C’è la necessità, ha sostenuto, che il mondo della ricerca si faccia classe dirigente, il sindacato fala sua parte ma occorre la forza del mondo della ricerca e, anche se è difficile fare più cose, negli enti ci sono persone estremamente capaci per contribuire alla crescita del Paese e la loro iniziativa e partecipazione sono necessarie.

  • 12:50

    Proseguono gli interventi del dibattito.

    L’Ammiraglio Giano Pisi, presidente dell’INSEAN, ci tiene a precisare che l’INSEAN è un ente di nicchia che si occupa di idraulica navale sotto la vigilanza dei Ministeri della Difesa e dei trasporti. Si tratta quindi di un ente che non è strettamente legato al MiUR.

    L’Ammiraglio sottolinea l’interesse per i temi del convegno, ma intende anche ricordare che il calo dei finanziamenti all’INSEAN hanno determinato enormi difficoltà anche per il pagamento degli stipendi. Ai precari ufficiali si aggiunge anche il personale stabile che rischia di sparire, se gli impegni assunti dal Ministro dei trasporti non saranno realizzati in tempi brevi.

    L’Ammiraglio conclude il suo intervento sollecitando che la politica della Ricerca sia assunto come tema della Repubblica e non legato alle persone e ai vari Governi che si succedono.

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    Settimo Termini, ordinario di Cibernetica, Università di Palermo, direttore Istituto di Cibernetica "Eduardo Caianiello" del CNR (Pozzuoli, Napoli).

    "Grazie per l'opportunità offertami di presentare il mio punto di vista su un tema cruciale. Ottimo il titolo del convegno. Chi è coinvolto nella ricerca scientifica deve offrire il suo sostegno al paese più di chiunque altro. Il nostro paese è in profonda crisi. E' in declino e possiamo combattere il declino solo con grandi idee e azioni innovative. Tra queste la principale - e forse l'unica - e' quella di puntare sulla ricerca scientifica ponendo questa alla base di uno sviluppo economico e produttivo non subalterno. La ricerca, quindi, deve diventare l'asse portante della nuova competitività economica. E' interessante per noi osservare che, perché questo realmente avvenga, si deve puntare sulla ricerca tutta, quella di alto livello - senza distinzione tra ricerca di base o fondamentale e ricerca applicata. Ricerca aperta verso le domande importanti (quelle che sorgono da altri problemi scientifici e quelle che provengono dalla Società).

    La settimana scorsa ho avuto il privilegio di ascoltare una relazione di Paolo Rossi (la prima dopo alcuni anni); interessantissima tutta, come sempre, mi ha colpito l'osservazione che all'origine della rivoluzione scientifica hanno svolto un ruolo cruciale non solo le Università ma anche le Accademie, alcune appena sorte, che si trovarono a svolgere ruoli estranei a quelli delle Università.

    Per il nostro rilancio, oggi, dobbiamo aprirci a nuove esperienze: spingendo le Accademie esistenti a far sentire con più forza la loro voce autorevole, ripensando e potenziando gli Enti di ricerca pubblici. Un recente documento di Rino Falcone, consigliere del Ministro Mussi, va nella direzione di un loro profondo rinnovamento. Ma vorremmo che si passasse dai progetti alle azioni. La previsione fatta da alcuni di noi un anno fa che se non si fosse agito subito nel CNR si sarebbero trovate solo macerie si è purtroppo già realizzata al cinquanta per cento. Spero che non si dia tempo ai distruttori clientelari di completare l'opera.

    L'idea di incardinare lo sviluppo economico sembra accettata da tutti. Meno chiara e' la consapevolezza che questo progetto deve essere perseguito trasformando il nostro modello di sviluppo. In un incontro a Napoli, lo scorso aprile, alcuni di noi hanno cercato di presentare queste tesi in modo radicale. Ci hanno confortato la presenza e le parole del ministro Nicolais che ha anche illustrato nuovi progetti e le finalità del ddl "Industria 2015". Desidero sottolineare un punto che ritengo cruciale. In tutti questi progetti, e' assente un dialogo vero tra mondo della ricerca e mondo della produzione e, ancora, la previsione di verifiche, valutazioni e controlli reciproci.

    Infine una parola sul Sindacato. C'e' bisogno di più Sindacato nella società e nel mondo della ricerca: più Sindacato che si faccia carico dei diritti dei più deboli e della difesa di quei principi di eguaglianza e di apertura al nuovo , principi che sono centrali anche per lo sviluppo della ricerca scientifica e che hanno caratterizzato le sue azioni migliori, dalla difesa delle fabbriche nel '43 alla difesa dal terrorismo.

    La sua storia passata mi da' la certezza che la Cgil saprà fare tutto questo e aiutare questo paese a uscire dalla crisi aiutando la ricerca scientifica a trovare il ruolo che le compete".

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    Stefania Taralli, ricercatrice presso l’ISTAT.

    "Il contributo che segue trae ampio spunto dalla riflessione e dalla elaborazione sviluppata negli ultimi anni dalla FLC Cgil Istat, una cui sintesi è contenuta nel documento politico di riferimento del convegno “Il rilancio e la salvaguardia della statistica pubblica in Italia: le proposte della Cgil”, tenutosi in Istat nel febbraio 2005".

    "Visto che di ricerca si parla quasi sempre in termini di spesa, vorrei cogliere questa occasione per fare alcuni esempi concreti del valore che la ricerca pubblica può generare per il Paese, e vorrei farlo con riferimento agli Enti Pubblici di Ricerca che producono informazione statistica.
    Spero anche, in questo modo, di contribuire a rendere chiaro ed evidente perché è importante che la ricerca condotta nell’ambito della statistica pubblica sia fatta da Enti Pubblici, con fondi prevalentemente pubblici, e perché è così importante che tali Enti godano della più ampia autonomia nei confronti del potere politico [attualmente invece sia i vertici che gli organismi di controllo dell’Istat sono di nomina governativa].

    La ricerca che si fa nell’ambito della statistica pubblica serve a produrre informazioni ufficiali che vengono messe a disposizione dell’intera collettività, ma serve soprattutto a produrre metodologie e tecniche che assicurino informazioni imparziali, trasparenti, pertinenti, esaustive e condivise. E’ certo questo l’aspetto più qualificante, anche se il meno visibile, del nostro lavoro, perché la misurazione dei fenomeni sociali ed economici implica scelte definitorie, metodologiche e tecniche che non sono neutre rispetto ai risultati (le informazioni) che si producono.

    In ogni Paese avanzato l’informazione statistica ufficiale è la base del dibattito democratico [anche in questi due giorni di lavoro si è ampiamente attinto alle statistiche ufficiali]: è questo utilizzo che ne denota il carattere essenziale di bene pubblico, di patrimonio collettivo.
    Sulla disponibilità di adeguate informazioni statistiche si fonda la possibilità per i cittadini, le imprese, i governi di comprendere e valutare la situazione economica e sociale e di scegliere consapevolmente.

    La statistica ufficiale (anche in adempimento di obblighi comunitari) assolve la delicata funzione di produrre numerosi indicatori che hanno impatti importanti - diretti e indiretti - sulla vita dei cittadini: gli indici dei prezzi al consumo, la certificazione del deficit pubblico, gli indicatori di convergenza economica e sociale a livello europeo (inflazione, stime ufficiali di occupazione e disoccupazione, rapporto deficit/pil, etc.).
    Le informazioni prodotte sono molte ed importanti. Molte sono anche quelle che non si producono ancora o che non si producono più, anche se i nostri Enti hanno accumulato nel tempo le competenze scientifiche e tecnologiche per farlo: non si producono più (almeno per il momento) le stime ufficiali della povertà in Italia; non si producono ancora, ad esempio, informazioni esaustive sui temi dell’ambiente e dell’energia, che rappresentano una delle frontiere più avanzate delle politiche non solo nazionali. Molte sono le informazioni che potrebbero essere migliorate: ad esempio le misure delle retribuzioni del settore pubblico, che attualmente non consentono di distinguere le dinamiche dell’area dirigenziale e non. Non esistono statistiche ufficiali sulle retribuzioni nette, cioè su ciò che resta ai lavoratori dopo il versamento delle imposte sul reddito e dei contributi a loro carico: eppure sarebbero misure importanti anche per capire qual è il valore che nel nostro Paese si attribuisce al lavoro. Molte, infine, sono le informazioni che potrebbero essere messe a disposizione della collettività in maniera più articolata e complessa di quanto si riesce a fare attualmente, perché la territorializzazione e la settorializzazione delle politiche richiedono dati e indicatori più sensibili alle differenze tra gruppi sociali, tra segmenti del sistema economico o tra territori; perché proprio sull’analisi di queste differenze si basa la possibilità di valutare il grado di coesione sociale del nostro Paese, di capire cioè se tutti i settori della società o se tutti i territori partecipano in uguale misura alle dinamiche descritte a livello nazionale.

    Nessuno sviluppo, nessun miglioramento sono a costo zero.
    L’Italia destina alla statistica 2,6 euro per abitante l’anno, contro i 6,5 della media UE (Dati 2004, UE a 15).
    7 anni di blocco continuativo delle assunzioni hanno prodotto, pur in presenza di un crescente ricorso a forme di lavoro precario, un drammatico ridimensionamento della consistenza di personale negli Enti; non solo la precarizzazione, ma anche l’auto-sfruttamento del personale di ruolo [la cui professionalità è stata peraltro gravemente mortificata dal perdurare del blocco] hanno permesso agli Enti di assicurare comunque la produzione. All’Istat negli ultimi 5 anni si è passati da circa 2.700 a 2.300 presenze totali, inclusi anche i lavoratori non di ruolo: è per questo che il solo turnover previsto a partire da gennaio 2008 non sarà sufficiente a recuperare massa critica; per questo è necessario rimuovere almeno il vincolo delle assunzioni a invarianza della spesa per assicurare un reclutamento adeguato [non tutti gli EPR beneficeranno, peraltro, del piano straordinario di reclutamento previsto dal MUR].

    L’incertezza delle risorse disponibili ha spinto talvolta anche ad esternalizzare fasi dei processi di produzione che rappresentano invece il core delle attività e sui quali si sono investite notevoli risorse professionali, finanziarie, tecniche e tecnologiche. All’Istat questo ha generato il paradosso della rete di rilevazione “professionale e precaria”, che assicura la produzione delle stime ufficiali di occupazione e disoccupazione [dati che peraltro l’Italia deve obbligatoriamente fornire a Eurostat con cadenza trimestrale]. La rete è composta da 320 lavoratori Co.Co.Co., che sono “fuori-legge” e per i quali è stato necessario che la FLC Cgil facesse inserire nella finanziaria un emendamento che autorizza l’Istat a prorogare i loro contratti fino al 31 dicembre di quest’anno. Per questi lavoratori è urgente e necessario trovare una soluzione di inquadramento adeguato se si vuole impedire che 5 anni di investimenti in formazione e sviluppo tecnologico vadano definitivamente persi, e con essi molte concrete possibilità di migliorare e sviluppare da subito l’informazione statistica disponibile per la collettività".

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    Rocco Ruggeri, ricercatore del CNR

    Appaiono numerosi gli elementi di preoccupazione: è stato mancato del tutto l’obiettivo di Lisbona, si osserva una perenne carenza di risorse e livelli ampi e diffusi di precarietà nella ricerca pubblica. D’altro canto, anche lo spostamento della produzione e dell’innovazione verso altri paesi e continenti che presentano investimenti molto più elevati in ricerca e sviluppo inducono al pessimismo.

  • 12:30

    E’ il Ministro Mussi a prendere la parola dichiarando di voler rispondere ai problemi posti senza eluderli.

    Relativamente alle questioni sollevate il Governo è d’accordo, ma continua a non operare. Così non può durare. Già lo scorso anno non andava, ma il Ministro si dichiara co-responsabile della scelta di mettere in ordine i conti dello Stato nel primo anno. Bisognava farlo per il Paese anche se si sono create sofferenze e squilibri non omogenei (le imprese hanno sofferto meno della ricerca e dell’università).

    Gli accordi da rispettare sono due: Maastricht per non andare indietro e Lisbona per andare avanti.

    Tutta l’Europa è indietro rispetto a Lisbona, ma l’Italia è peggio perché le imprese non investono, anche perché c’è un problema di cultura per loro.

    Per noi Lisbona è ormai irraggiungibile, basterebbe almeno tenere conto delle medie OCSE e di fondamentale importanza è la direzione in cui si sceglie di andare, crescita o decrescita degli investimenti sul sapere. E’ comunque sconsiderato che si pensi di aumentare la produttività della ricercatagliando ifondi pubblici.

    I fondi non vanno sprecati, ma occorre prima di tutto assegnarli. Il Ministro spera di recuperare l’accantonamento che è stato imposto. I tagli effettuati sono andati tutti sulla ricerca, non potendo ovviamente diminuire le spese di personale.

    Il Ministro rivendica quanto ha fatto a livello europeo (consenso a European Research Council e alla ricerca di base) in assoluta discontinuità con la politica precedente. E i primi risultati si vedono già: 1600 sono state le domande di ricercatori italiani al bando Ideas, ben più degli altri paesi europei. E’ anche importante attingere ai fondi strutturali che verranno tra poco erogati soprattutto alle regioni del Mezzogiorno. Ovviamente per attingere a queste e alle altre risorse disponibili italiani e sopranazionali, complessivamente notevoli, occorre essere in vita

    Sull’Istituto Europeo di Tecnologia sarà a rete (proposta italiana) partendo dai cambiamenti climatici e energia.

    Si sta costruendo una rete a livello del Mediterraneo di cultura come risposta alle guerre inter religiose.

    Sul precariato troppe persone sono trattate come servi della gleba. In finanziaria c’è il primo passo. Ora occorre applicarlo. La stabilizzazione non è una ope legis perché la valutazione di questo personale è già stata fatta.

    Inoltre nel triennio con fondi straordinari entreranno 5000 nuovi ricercatori per le università, con nuovi concorsi, rivisti in modo da avere il minori numero possibile di effetti collaterali.

    Il nuovo regolamento per ricercatori universitari è stato fatto, ma troppi hanno protestato per bloccare tutto. La prossima settimana ci sarà la firma e i primi concorsi saranno nel 2007.

    Per la ricerca ci sono fondi nel triennio pari a 37,5 milioni di euro dedicati a concorsi per gli enti vigilati dal MUR.

    In 10 anni dovranno entrare almeno 20.000 ricercatori.

    Il PRIN (alzato a 160 milioni di euro e destinato anche anche agli enti di ricerca) nell’ambito del FIRST è bloccato come altri fondi.

    L’ANVUR dovrebbe far passare dal controllo delle procedure alla valutazione dei risultati e potrebbe valere per tutti gli enti.

    I problemi dell’ASI dell’INAF sono stati risolti, per il CNR ci vuole la legge. In condizioni politiche più solide occorrerebbe fare operazioni più ampie (riordino e riorganizzazione globale); in questa situazione almeno vanno cambiati gli statuti.

  • 11:50

    Riprende il dibattito.

    Claudio Franchi, ricercatore dell’Università, precisa il senso della sua presenza a questo convegno: anche l’Università ha come “mission” anche la ricerca ed è importante che i due sistemi si integrino.

    Non è un caso, sottolinea Franchi, che la proposta della FLC sul reclutamento preveda un unico percorso per Università e Ricerca: è l’unica strada per garantire una vera modalità delle conoscenze e dei ricercatori.

    Il sistema di reclutamento proposto dal Ministro Mussi ci convince, ma a fronte dell’ordinarietà delle procedure concorsuali è indispensabile una straordinarietà nelle dimensioni: non si può pensare di bandire concorsi per 500 posti quando i ricercatori precari sono oltre 50.000.

    Sulle stabilizzazioni, ha aggiunto Franchi, non possono esserci figli e figliastri: si deve allargare la platea a tutte le forme di rapporto di lavoro e si devono includere tutte le figure dell’Università compreso i ricercatori e i docenti precari.

    C’è però anche un problema di tempi, ha concluso Franchi rivolto ai Ministri Mussi e Nicolais: “oggi siamo i fantasmi della ricerca, ma rischiamo di diventarne i morti, ma se ciò accadrà, saremo dei “morti viventi” e vi verremo a trovare!”.

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    L’intervento di Luca Floreano, ricercatore dell’INFM-CNR, si è focalizzato su un singolo punto dell’iniziativa di Governo sulla ricerca, segnatamente sulla legge delega di riordino degli EPR che considera una importante opportunità per il settore, e per la quale auspica una rapida approvazione da parte del parlamento, così che già da settembre se ne possa dare attuazione.

    La legge delega contiene comunque dei punti critici per i quali però sia gli Statuti e i regolamenti degli enti, sia eventuali odg dell’assemblea parlamentare possono risultare sufficienti a porvi rimedio.

    In particolare, Floreano ha evidenziato l’antinomia tra la dichiarata autonomia attribuita agli enti e l’obbligo degli stessi di definire gli obiettivi specifici della loro attività; nonché l’obbligo di dotarsi di Presidenti e CdA di nomina governativa. Lo stesso suggerisce che si rimedi con un bilanciamento di poteri tra prerogative dei CdA e quelle dei Consigli Scientifici, lasciando ai primi la programmazione degli obiettivi e ai secondi la scelta dei progetti per realizzarli.

    Scarica l'intervento integrale.

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    Fabrizio Stocchi, ricercatore precario dell’ISTAT, esordisce ammettendo di avere difficoltà a formulare un intervento compiuto sul precariato. Nel tempo, infatti, sono state spese parecchie parole sulla questione. I precari sono spesso stati, a ragione, equiparati a dei “cittadini di serie B”. Per quel che riguarda l’università e la ricerca, inoltre, il problema è da sempre stato considerato come un importantissimo tassello da risolvere anche al fine di assicurare la possibilità stessa di realizzare quel sistema integrato di cui il Paese ha necessità assoluta. In realtà, come ricordato anche nella relazione introduttiva di Enrico Panini, anche a causa del blocco delle assunzioni negli enti di ricerca e nelle università abbiamo assistito a una delle più selvagge e violente forme di sperimentazione dei peggiori aspetti di flessibilità lavorativa.

    Nonostante gli impegni assunti in campagna elettorale, la bozza della prima Finanziaria varata dall’esecutivo s’è mostrata affatto inadeguata, obbligando la FLC Cgil, insieme a Cisl e Uil, a proclamare lo sciopero e la manifestazione del 17 novembre.

    Oggi, a più di un anno dall’insediamento dell’esecutivo e sei mesi dopo l’entrata in vigore della Finanziaria, azzardare bilanci è ancora impossibile.

    Infatti, le misure sulla stabilizzazione dei precari, oltre ad essere afflitte dall’evidente limite di non includere tutte le figure professionali, non sono ancora inserite in un quadro chiaro per quel che riguarda la situazione dei fondi realmente disponibili, oltre che dei tempi e dei modi d’attuazione.

    Il Governo ha generato delle aspettative legittime, alle quali occorre offrire in tempi rapidi risposte adeguate. Ad oggi, mancano ancora i provvedimenti di ripartizione del fondo che alimenta il comma 520 e non sono ancora stati emanati i provvedimenti propedeutici all’attuazione del piano straordinario di reclutamento previsto per gli Enti vigilati dal Mur. Non si intravede, la strategia di fondo delle vari misure previste, che dovrebbe al contrario risultare assolutamente chiara.

  • 11:30

    Dopo questa prima parte del dibattito, è il momento dell’intervento del prof. Luigi Nicolais, Ministro dell’Innovazione.

    Il Ministro ritiene necessario investire sulla ricerca pubblica, poiché in Italia ci sono imprese piccole e quelle poche che sono in grado di investire in ricerca non sono sufficienti per far fare all’Italia un salto in avanti quindi è fondamentale il rapporto tra la conoscenza e l’impresa.

    Anche negli Enti Pubblici di Ricerca è necessaria la tranquillità, il ricercatore è un creativo e ha bisogno di un ambiente tranquillo, un futuro certo e stipendi adeguati.

    La ricerca pubblica ha bisogno di risorse; ricorda che l’anno scorso si è avuta una finanziaria di emergenza economica, e che l’Italia cresce grazie alle imprese che hanno investito in alta tecnologica. Si devono trovare, prosegue, modelli diversi per il trasferimento della conoscenza e nel rapporto tra ricerca di base e impresa; si devono ridurre i tempi di trasferimento della conoscenza che si deve trasferire nello stesso momento in cui si acquisisce.

    E’ necessario creare un sistema misto tra università ed Enti di ricerca, che crei osmosi, si deve anche trovare un rapporto diverso con le regioni che cominciano a finanziare la ricerca; le regioni obiettivo 1 hanno molte risorse a disposizione, ma nel rispetto delle reciproche autonomie, si deve creare un coordinamento, fare massa critica e mettere insieme le idee, i fondi europei stanno partendo e le risorse delle regioni obiettivo 1 sono pronte.

    Va meglio regolamentato anche lo spin off, in Italia muoiono rapidamente, si deve trovare il modo di finanziare le idee.

    Il Ministro Nicolais ricorda che si sta lavorando alla trasformazione della pubblica amministrazione. Con i sindacati è stato firmato il memorandum che ha contenuti importanti e il 28 verrà firmato il memorandum sulla scuola. Si sta andando avanti in un rapporto forte con il sindacato, prosegue il Ministro, perché la concertazione è importante.

    La valutazione, continua Nicolais, è essenziale non solo per i ricercatori che vi sono abituati, ma anche per la pubblica amministrazione per premiare il merito e individuare sacche di inefficienza e legare l’efficienza a stipendi più elevati. Anche sui precari dobbiamo avere più attenzione. Le cifre che sono state dedicate alla stabilizzazione sono state raggiunte con grande fatica.

    La nota sulle stabilizzazioni vale per tutti i tecnici amministrativi delle università; Il Ministro smentisce la voce che si stia preparando un’altra circolare per le università, quella che è stata emanata vale anche per loro. Si è pronti a procedere alla stabilizzazione dei precari degli enti di ricerca, si sta aspettando che gli enti indichino la suddivisione dei fondi per procedere alle stabilizzazioni.

    Le risorse non bastano, conclude il Ministro, e si augura che nel tesoretto vi siano risorse per la ricerca che è un must per il paese, la prossima finanziaria dovrà raggiungere l’obiettivo.

  • 11:00

    Il primo intervento dopo la relazione di Enrico Panini è di Franco Paccini, astronomo dell’INAF.

    Nel suo breve intervento ha preferito non parlare della situazione in cui versa l’astronomia italiana, ma della difficile fase in cui viviamo.

    Siamo in presenza di una grave crisi politica e finanziaria, e se per la mancanza di risorse non ci si può aspettare miracoli da parte del Ministero, la crisi politica desta grandissime preoccupazioni.

    Riprendendo una citazione di Panini, Franco Paccini definisce l’Italia un paese aristotelico.

    Concludendo, segnala come non ci sia stato a suo avviso un miglioramento del clima ministeriale nei confronti del mondo esterno.

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    Nicola Angelini, ricercatore del CNR, ci tiene a precisare che lavora in Sicilia e che la situazione degli enti di ricerca nel mezzogiorno è molto grave. In questi istituti c’è un rischio vero per la ricerca: non ci sono più fondi.

    Il mezzogiorno potrebbe svolgere un importante ruolo tra ricerca e sviluppo, ma può anche diventare il centro di legami e relazioni con i paesi del Mediterraneo.

    Angelini ha comunque rimarcato che la ricerca nel Sud non parte da zero e che molte sono le eccellenze, ma la mancanza di risorse rende i ricercatori dei veri e propri mendicanti. In Sicilia manca perfino la Legge regionale e questo favorisce le clientele.

    Angelini ha concluso che per garantire il coordinamento delle attività di ricerca è necessario garantire e aumentare i fondi ordinari: sono quelli che permettono di lavorare!

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    Roberto Petronzio, presidente INFN.

    La programmazione economica e finanziaria non può prescindere da una pianificazione di medio termine che riguardi la ricerca non solo per il ruolo di sviluppo economico, scientifico e tecnologico che riverse ma anche per la funzione formativa che essa svolge.

    Nello specifico, l’INFN così come altri enti di ricerca vive una fase critica determinata dal problema dei finanziamenti ordinari che, pur a fronte di un continuo incremento delle attività e degli ambiti di intervento, sono stati progressivamente decurtati (per l’INFN si è assistito a una decrescita pari al 35% dei fondi ordinari negli ultimi sei anni).

    Se a questo si aggiunge l’esaurimento dei risparmi accantonati dagli EPR negli anni passati per obbligo di legge, si comprende l’attuale stato di emergenza.

    Difficile anche l’accesso ai fondi stanziati nell’ultima finanziaria per progetti speciali (si suggerisce, per il futuro, di allegare “istruzioni” che consentano di non perdere mesi per individuare le procedure di accesso ai fondi).

    La carenza di finanziamenti rischia poi di vanificare qualunque iniziativa di riorganizzazione, che finisce così per assume valore puramente formale.

    Più in generale, in assenza di finanziamenti adeguati qualunque tentativo di rilancio della ricerca sarà vanificato in assenza di un riassestamento dei fondi ordinari.

    Sul versante del personale, la definizione di criteri e modalità per il riassorbimento del precariato non può essere considerato intervento sufficiente. Occorre infatti predisporre un percorso programmato di nuovo reclutamento che sia fondato su criteri trasparenti di valutazione del merito e che intercetti i giovani in uscita dai canali formativi.

    In sintesi, già a partire dal prossimo DPEF, è necessario un impegno affinché siano destinate alla ricerca pubblica risorse economiche agevolmente disponibili; si accresca la disponibilità di personale; siano definiti meccanismi di selezione trasparenti e precoci.

  • 10:30

    E’ affidata ad Enrico Panini, segretario generale della FLC Cgil, la relazione di apertura dei lavori di questa ultima giornata che inizia subito con la denuncia sulla mancata disponibilità dei fondi stanziati per la ricerca (FIRST).

    “Si sta rischiando, dice, la paralisi della ricerca, si tratta di 160 milioni di euro da chiedere - da parte dei ricercatori - entro giugno.

    La FLC ha già chiesto a Prodi un intervento immediato. Altrimenti, la ricerca è pronta a scendere in campo. Già la Legge Finanziaria 2007 è stata giudicata dalla CGIL una legge senza anima, siamo indisponibili ad una nuova finanziaria di questo tipo. Lisbona è per l’Italia un miraggio sia per gli interventi pubblici che privati siamo ultimi in Europa e stiamo addirittura arretrando. L’aumento della spesa per la ricerca non può dipendere dalla crescita del PIL, ma è questa che può far crescere la produttività del Paese. I finanziamenti alla ricerca pubblica devono essere rivolti alla valorizzazione delle competenze e delle missioni degli enti. Questa scelta deve discendere da una idea di crescita alternativa a quella attuale: è dalla ricerca che deriva uno sviluppo compatibile. Senza ricerca ed innovazione anche le imprese sono arretrate, come dimostra la storia degli ultimi anni.

    Ma è fondamentale il rilancio della ricerca di base, bene comune dell’umanità. La filiera della conoscenza è lunga, non ci si può attendere risposte significative in tempi brevi.

    La FLC chiede di costruire una intesa sulla conoscenza, un patto tra gli operatori della conoscenza e chi governa. Ma su università e ricerca siamo ancora indietro: chiediamo una risposta rapida al Governo anche in relazione al prossimo DPEF.

    I ricercatori stabili sono pochi, sempre più anziani ma bravi. Accanto a loro ci sono due generazioni di ricercatori che aspettano di essere assunti. La precarizzazione è selvaggia. Chiediamo le stabilizzazioni in tempi rapidi per tutti coloro che hanno superato prove selettive, chiediamo lo sblocco delle assunzioni e tanti concorsi.

    Ma chiediamo ancora che il precariato sia da oggi impedito: deve esistere un solo canale dopo la formazione basato su un contratto.

    Ed è contro la precarizzazione selvaggia che i lavoratori precari della ricerca e dell’università manifesteranno a Roma il prossimo 3 luglio.

    Vogliamo che ai precari, finché sono tali vengano garantiti diritti, compreso il voto e l’eleggibilità nelle elezioni delle RSU.

    Esiste una stretta relazione fra università ed enti di ricerca, occorre potenziare la seconda rete di ricerca che il Governo deve valorizzare nel suo complesso.

    Come FLC siamo preoccupati della separazione che tende ad aumentare tra enti vigilati da Ministeri diversi. Noi difendiamo con forza l’autonomia della ricerca italiana; vogliamo che la comunità scientifica possa partecipare, che possa vincere il merito e che vi sia valutazione.

    Infine, c’è un’emergenza salariale per tutti ma in particolare per i ricercatori. Occorre, anche su questo aspetto, agire in fretta”.

    Scarica la relazione introduttiva integrale.

  • 10:15

    Vai alla web cronaca della prima giornata

    La seconda giornata del convegno nazionale “Noi della Ricerca, per il Paese”, è aperta da Marisanna Speroni, ricercatrice CRA. Nell'introdurre i lavori ha richiamato il passo della relazione di Paola Polito di ieri in cui si chiedeva ai precari uno sforzo di immaginazione per delineare il futuro delle loro attività, sottolinendone la coerenza con gli obiettivi del convegno stesso.

    Ha poi richiamato l'ottimo intervento di Gianna Cioni sottolineandone il concetto lì espresso di conoscenza come bene comune al servizio del Paese, fondata sull'autonomia e la responsabilità dei ricercatori. Ha ripreso poi i temi dei tre gruppi di lavoro e il vivace dibattito che su di essi si è sviluppato nella giornata di ieri. Per quanto riguarda la giornata di oggi ne ha sottolineato la straordinaria occasione di rappresentare le posizioni della FLC e della comunità degli addetti alla ricerca ai decisori di Governo, i Ministri Mussi e Nicolais, e al segretario confederale Epifani.

Torna l’appuntamento in cui le lavoratrici
e i lavoratori di scuola, università, ricerca
e AFAM possono far sentire la loro voce.

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