Convegno "Anch'io sono Italia" - Seconda giornata

  • 09.30

    Proseguono a Genova i lavori del convegno "Anch'io sono Italia, intercultura come cultura dei diritti per tutti" iniziati ieri mattina.

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    Il programma di oggi, sabato 12 maggio, prevedeva lo svolgimento di due tavole rotonde ("Patto sociale per il lavoro e il diritto allo studio" e "Diritto allo studio") che a causa dell'assenza di alcuni relatori sono state raggruppate in un unico giro di interventi di cui pubblichiamo di seguito il resoconto. Ha moderato Adriano Bertolini, Segretario generale FLC CGIL Liguria.

    Carla Zanasi, Proteo Fare Sapere Liguria, fa riferimento a due esperienze dirette, in due città: Milano e Savona. Per la prima riferisce di un particolare episodio, quando, in occasione di una riunione sull'orientamento rivolta alle famiglie e agli alunni stranieri (in particolare cinesi) si era accorta che la mediatrice era molto più prolissa nella traduzione rispetto alla sua esposizione. Incuriosita, chiese spiegazioni: la ragione risiedeva nel fatto che la mediatrice, oltre ad illustrare le caratteristiche delle varie scuole, aveva incoraggiato i genitori ad iscrivere alle scuole superiori anche le femmine, e li sollecitava ad assumere un ruolo attivo di fronte ai possibili insuccessi dei propri figli,...insomma aveva svolto un ruolo di mediazione culturale. Il secondo esempio riguarda Savona dove si erano verificate delle difficoltà per portare a pieno compimento l'opzione dell'ora alternativa alla Religione cattolica. Riferisce dello stupito disappunto della madre di una alunna ispanoamericana per la presenza, all'interno del curricolo scolastico, di una materia religiosa, appannaggio,nel suo Paese, delle scuole confessionali; pur non essendo cattolica, la madre decide di far frequentare alla figlia le lezioni di Religione cattolica per evitarne l'emarginazione: la Scuola, infatti, aveva informato preventivamente i genitori che, in caso di rinuncia alla frequenza della materia, l'allieva sarebbe rimasta in un'aula da sola. Al contrario, segnala, a Genova, la scuola capofila 'Don Milani' - con una lunga tradizione di rispetto e valorizzazione delle diversità - che sta sviluppando un lavoro molto interessante per quanto concerne l'attività alternativa nelle varie formule e proposte didattiche.

    Per Giulia Stella, Segretaria Confederale CGIL Liguria, la chiave della multiculturalità genovese è il suo popolo legato al mare. Al lavoro e alla sua qualità è connesso il recepimento della legislazione relativa all'apprendistato, in particolare dell'obbligo. Dopo la sottoscrizione dell'accordo regionale sull'apprendistato, siamo unici, insieme alla Basilicata, a poter contare, in materia, su una delle norme tra le più avanzate del Paese, che recepisce il nuovo Testo Unico e in particolare afferma l'idea di base di trasformare questa tipologia contrattuale nel principale strumento per offrire un adeguato lavoro ai giovani, sgomberando il campo da tanti contratti precari e individuando nell'apprendistato, per il suo valore formativo fondamentale (la durata dei percorsi deve essere di almeno 990 ore), il vero investimento per il futuro. In questa battaglia non siamo stati affiancati nè dalla CISL né dalla UIL. Se facciamo un bilancio del momento attuale in relazione al lavoro, alle tensioni sociali che iniziano a esprimersi in forme virulente, è di tutta evidenza che la gestione della fase di crisi si è rivelata inadeguata. La questione dei diritti sul lavoro è un tema cruciale in questo passaggio: occorre preservarli e, anche, riconquistarli. L'apporto dei migranti nel sostenere questi principi non può che giocare un ruolo propulsivo. E Genova - per le caratteristiche della sua scuola e della sua rappresentanza sul lavoro - può costituire un buon laboratorio.

    Patrizia Bellotto, CdLM Genova), esordisce affermando che è importante affrontare la tematica della migrazione sotto il profilo economico per comprenderne appieno la valenza. Cita quindi alcuni interessanti dati tratti dal rapporto 2011 sull'economia dell'immigrazione della Fondazione Leone Moressa.
    Nel 2009, in Italia, oltre 3 milioni di contribuenti sono nati all'estero (quasi l'8 per cento del totale) e hanno dichiarato redditi per oltre 40 miliardi di euro: il 5,1 dell'ammontare complessivo. Dal 2005 al 2009 il numero dei contribuenti nati all'estero é aumentato del 32,7 per cento. Costituisce, dunque, un importante contributo all'economia legale, ma la condizione economica degli immigrati é ancora lontana da quella degli italiani. La differenza salariale tra un lavoratore italiano e un immigrato é di circa 9.000 euro l'anno. Ciò espone i lavoratori stranieri ad una maggiore vulnerabilità: il 58 per cento delle famiglie non italiane entrano in crisi per una spesa imprevista di 700 euro; così si può rinunciare al riscaldamento durante la stagione invernale o trovarsi in situazioni estremamente ricattabili che possono sfociare nell'illegalità. E così il fenomeno dell'immigrazione viene tout court iscritto nell'agenda del governo come 'problema di sicurezza'. È un automatismo dettato da una falsa coscienza che dobbiamo contrastare in modo netto. Altro dato significativo: gli stranieri trovano lavoro al di là del titolo di studio. Gli immigrati sono occupati soprattutto nel settore edile, se maschi; in quello dei servizi, se femmine. Le attività in cui trovano impiego sono prevalentemente poco qualificate. Solo il 9,4 per cento degli immigrati percepisce una pensione contro il 40,6 degli italiani. È bene sottolineare, poi, la giovane età dei lavoratori immigrati, il 32,6 per cento, infatti, ha tra i 25 e i 34 anni contro il 20,9 per cento dei lavoratori italiani. Sappiamo bene che le società vivono e si riproducono grazie al fattore cruciale della presenza di una popolazione giovane e occupata... Di fronte al quadro generale descritto, è evidente la necessità di valorizzare i percorsi culturali e formativi di questa popolazione, l'improcrastinabilità di un accesso fluido ad una buona competenza linguistica...ma certamente non nei termini perentori e vessatori del patto attuale, comunemente definito 'accordo a punti'. Piuttosto sarebbe funzionale istituire dei corsi in centri permanenti di istruzione. Sotto un altro aspetto, si rende assolutamente imprescindibile, in relazione alla flessibilità sul lavoro, l'istituzione di un soggetto pubblico che determini i parametri sopportabili di questa flessibilità. Infine, un'altra carenza, che si è evidenziata in questi anni, consiste nell'episodico, non sistematico accesso ai fondi europei per l'integrazione che si è rivelato particolarmente penalizzante.

    Zaghoul Saleh, Fillea, rappresentante lavoratori edili, palestinese. La seconda repubblica non ha governato nulla, figuriamoci l'immigrazione. Con i rappresentanti della Lega, poi, che svolgono il ruolo di ministro... C'è stata troppa ambiguità da parte della politica nei confronti della Lega. Noi stranieri non interessiamo il mondo politico perché non votiamo e così ci troviamo a dover vivere condizioni lavorative molto difficili, precarie, nelle quali siamo esposti alla ricattabilità e all'illegalità. È grazie alla scuola che, in Italia, si è riusciti a governare l'immigrazione. Anzi, più precisamente, grazie alle insegnanti che sono state veicolo di accoglienza e integrazione. La scuola deve essere sostenuta in questa sua funzione così come dovrebbe essere garantita una formazione specifica ai mediatori culturali. L'università è ancora pressoché inaccessibile ai figli dei migranti cosicché, per esempio, quanti potranno essere gli insegnanti, figli di migranti, nel prossimo futuro? Ciò costituisce una pesante discriminazione come lo è la negazione del diritto di voto e il riconoscimento automatico della cittadinanza italiana a 18 anni per i giovani che in Italia hanno vissuto e, spesso, sono nati. Discriminazioni, disuguaglianze, negazione della promozione sociale generano, inevitabilmente, conflitti. La Cgil è un luogo interculturale dove sono presenti - ma è una rara eccezione - anche dirigenti stranieri. A noi dovrebbero essere riservate nella rappresentanza 'quote' come quelle che si reclamano per le donne.

    Anna Fedeli, Segretaria nazionale FLC CGIL, evidenzia che l'integrazione è un percorso che nasce nella cultura per tradursi nella pratica. Per questo sono necessari patti sociali che mettano insieme più istituzioni per raggiungere risultati concreti e tangibili. A Monte San Giusto, vicino Macerata - prosegue la Fedeli - si è verificata una situazione fortemente discriminatoria nei confronti di un gruppo di bimbi stranieri. È stata formata una classe di soli figli di migranti, a tempo ridotto perché le famiglie non potevano permettersi né il costo della mensa né quello dello scuolabus. Occorreva ribaltare la situazione e per questo la nostra organizzazione si è fatta promotrice di un'iniziativa che ha visto Enti e Istituzioni intorno ad un tavolo per trovare una soluzione adeguata. Siamo riusciti ad ottenere una persona in più in organico e l'impegno del Comune a farsi carico, in parte, dei costi del servizio mensa e trasporto. Occorre, allora, avere ben presente l'importanza del ruolo che possiamo svolgere nell'incalzare le Istituzioni e nel non abbandonare il terreno del confronto.

    Giuliano Carlini, Sociologia delle relazioni interculturali, Università di Genova. È sorprendente l'impreparazione culturale, il ritardo storico della nostra classe politica nell'affrontare il fenomeno dei migranti. Come se gli italiani non avessero vissuto in una condizione discriminatoria e di sfruttamento solo pochi decenni fa. Alla radice di questa ottusità c'è un motivo politico-ideologico, visto che, secondo il diritto internazionale, ciascun uomo è titolare di diritto. Il ritardo si era già accumulato negli anni Novanta, quando si è determinato un arretramento culturale complessivo in relazione alla condizione umana. Persino nello Spi e nell'Auser si è verificata questa involuzione. Ora siamo maturi per un salto culturale importante: porre attenzione ai residenti, al di là della nazionalità. Anche perché, ormai, è ben chiaro che attivare politiche specifiche per gli stranieri è insensato: sappiamo bene che parliamo di soggetti a tutti gli effetti italiani, nella sostanza della vita, prima ancora che sotto il profilo giuridico. Parlare di 'cultura' spesso rimanda a livelli di elaborazione astratti mentre la 'cultura' si costruisce se uomini e donne agiscono nella concretezza quotidiana verso la società multiculturale. Ci siamo baloccati con le parole - 'cultura', 'identità', 'radici' - troppo a lungo e in modo improprio. Il termine 'badanti', per esempio, che tanto disinvoltamente impieghiamo significa, lo riporta lo Zingarelli, 'persona che si occupa di animali'. E noi alle 'badanti' affidiamo i nostri cari cui le migranti danno assistenza semplice o specializzata. In Italia, la categoria sindacale di riferimento si è ribellata di fronte all'ipotesi di omologare le due realtà. Cosa succederebbe nel caso degli insegnanti? Su un fronte opposto: un allievo congolese si è ritirato dalla scuola Don Milani - frontiera avanzata dell'integrazione a Genova - perché, ha spiegato il padre, è una scuola troppo 'allegrotta'. Oggi frequenta una scuola di Castelletto (quartiere 'bene' di Genova, n.d.r.). Gli 'altri' possiamo anche considerarli migliori di noi, ma è insopportabile considerarli uguali. Qualcosa di analogo succede agli uomini nel considerare le donne. E l'uguaglianza - teniamolo ben presente - è strettamente connessa con l'accesso alle risorse e ai diritti.

    Echalar Marcelo, studente della quinta classe dell'Istituto Buonarroti. Boliviano, racconta il proprio percorso di vita dall'ingresso in Italia nel '98, quando ha iniziato a frequentare le primarie a Milano. Nessun problema ad apprendere la lingua ma le difficoltà sono sopraggiunte quando si è trasferito a Genova nel 2001. Il colore della pelle e la particolarità dei tratti somatici diventavano una barriera tra lui e gli altri se non addirittura motivo di beffa e scherno. È grazie ad una famiglia unita che è riuscito a superare un primo anno durissimo. Ma molti dei suoi coetanei non possono contare su un altrettanto solido appoggio morale. È per questo che si uniscono in bande. È per questo che vanno incontro ad insuccessi scolastici che finiscono per emarginarli socialmente. Non possono contare su nessun tipo di supporto né in famiglia né al di fuori. Le difficoltà economiche fanno il resto.

    Giuseppe Rossetti, Assessore Istruzione e Formazione, Università Regione Liguria. Ero un pessimo allievo di latino e greco e, per questo, il professore pronosticò a mia madre che sarei diventato ministro. L'aneddoto conferma il giudizio poco lusinghiero sui politici. La tematica dei diritti è sicuramente svincolata dalle 'origini'. Siamo un Paese pieno di macerie, dove la cultura equivale ad una pubblicità al consumo e, se il feroce individualismo dilagante non si stempera, il nostro orizzonte non si aprirà ad una società migliore. I dati anagrafici, il sesso, la provenienza rimandano a sacche di povertà. Sull'intercultura, per fortuna, l'intervento della scuola è stato efficace e proficuo. Ma in questo compito complesso e difficile l'istituzione scolastica è stata lasciata sola dallo Stato e dalle famiglie. Occorre provare a costruire un metodo e, insieme, una comunità della relazione e dello scambio. La ricerca della cultura degli altri ci permette di sperimentare soluzioni, come nel caso della comunità Rom a Genova che dai campi sono stati sistemati in appartamenti per garantire loro condizioni di vita dignitose. D'altronde l'Italia è un Paese di contraddizioni: si promulgano leggi che impediscono l'impiego della forza-lavoro straniera, ma poi le medesime leggi vengono disapplicate, di necessità, per garantire all'economia di 'girare', come nel caso della raccolta dei pomodori nel Sud. E anche la Lega si ritrova a dover 'digerire' queste operazioni estemporanee. La scuola, di fronte alle vicende del Paese, è messa a dura prova. Autonomia, federalismo, volontà di costruire una scuola 'paritaria'...Ma dov'è il federalismo? Il fondo Bassanini per l'autonomia (L. 440/97, n.d.r.) è ormai azzerato. Si è costruito il sistema scolastico su una balla! E le Regioni versano nella medesima condizione: i tagli sono così pesanti da non garantire più il sistema dell'welfare. Riguardo all'accesso universitario, per esempio, il reddito della famiglia è un indicatore fortemente discriminatorio. Ma se gli evasori fiscali chiedono e ottengono, in base al reddito dichiarato, la borsa di studio per i propri figli... Più in generale, se l'welfare è governato dal mero processo economico, siamo disarmati. Speriamo adesso - con l'elezione di Hollande in Francia, la bancarotta greca, il forte disagio espresso dalla Spagna - che l'Europa sia in grado di cambiare registro. A livello locale siamo sicuramente impreparati ad affrontare la situazione. Forse ha ragione padre Zanotelli quando afferma che l'economia funziona a vasi comunicanti e che si sta riequilibrando il rapporto tra Paesi ricchi e Paesi poveri nel mondo. Un processo inevitabile, ma che va governato tenendo ben presente che lo sviluppo è fatto di economia ma anche di civiltà.

    Eduart Lleshai, studente albanese, è da sei anni in Italia, racconta le difficoltà della sua condizione precaria e tormentata dalla corsa a ostacoli per ottenere il permesso di soggiorno, dalle tasse universitarie sempre più care, dalla borsa di studio erogata a conclusione dell'anno accademico (quindi a rimborso, quando le spese sono già state sostenute),... Parla del suo senso di straniamento in Italia, ma anche nel suo Paese dove non lo considerano più albanese. In realtà, conclude, in questo mondo siamo tutti stranieri. Il problema è vivere in armonia e vivere tra culture diverse dovrebbe diventare un elemento di arricchimento.

    Bruno Fragiacomo, docente della scuola secondaria di secondo grado in pensione, interviene per sottolineare l'importanza del volontariato, come luogo sociale in cui si dissipano le diffidenze reciproche e assumono sostanza esperienze umane straordinarie.

    In rappresentanza del Direttore Generale USR Liguria Dott.sa Giuliana Pupazzoni interviene Claudia Nosenghi.

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    12.45

    Il segretario generale della FLC CGIL, Domenico Pantaleo, che conclude i lavori, ringrazia i promotori del convegno per aver organizzato un'iniziativa che permette di promuovere il diritto di cittadinanza in un momento in cui in nome della crisi si vogliono far saltare tutti i diritti.
    Infatti, la crisi ha fatto scoppiare le contraddizioni e ha messo a confronto nuove e vecchie povertà. Nel disagio sociale causato dalla crisi, il migrante rappresenta solo la forza lavoro a cui è più semplice scippare i diritti.

    La crisi economica, prosegue Pantaleo, ha messo in discussione il modello capitalistico e anche quando la crescita riprenderà il suo corso, sarà inferiore al passato e creerà meno occupazione. E quello dell'occupazione è il problema: senza lavoro si perde anche l'identità e perfino l'istruzione diventa un lusso. Lo dicono i tassi di abbandono scolastico che sono ricominciati a salire e per gli alunni migranti in maniera più significativa.

    Quando l'economia poteva dare risposte in termini di occupazione, l'integrazione di coloro che arrivavano da fuori era un atto generoso di una società che tale voleva apparire. Oggi va capovolto il paradigma: il diritto di cittadinanza supera l'integrazione perché mette gli individui sullo stesso piano.

    Bisogna stare attenti ai messaggi negativi che vengono dalle elezioni greche e francesi circa la consistenza dei voti a destra: la xenofobia punta alla solitudine della gente per mettere gli uni contro gli altri al fine di comprimere i diritti, a partire dai più deboli, perché non protetti dalla cittadinanza. Per non far prevalere la politica della sopraffazione, ammonisce Pantaleo, è necessario reinvestire nella cosa pubblica: dall'istruzione al benessere del cittadino. Il dettato della Costituzione deve rimanere il faro delle politiche e la Costituzione individua nell'Istruzione uno dei diritti prioritari.

    Per ricreare la solidarietà fondamentale per la crescita, è necessario partire dall'investimento nel sociale e in questo senso diventa prioritario trovare le risorse per la scuola pubblica.

    Ridare un senso e valore alla scuola è una grande scommessa culturale: la scuola congiunge ciò che è dentro con ciò che è fuori, mette in circolo le esperienze. La classe come luogo dove si confrontano le identità e le diversità sono vissute come ricchezza. Dalla classe al territorio, dal territorio, alla città interculturale che permette di superare gli steccati che creano ad esempio i quartieri intesi come luoghi di segregazione.

    Il fenomeno della migrazione ha trovato gli Italiani impreparati e purtroppo in modo trasversale tra le varie culture che rappresentano il Paese. La vittoria di Hollande in Francia e il suo programma sull'istruzione e il diritto di cittadinanza rappresentano anche per noi la speranza di un'inversione di tendenza nelle politiche governative.

    Rimettere al centro i diritti imprescindibili come il lavoro e l'istruzione sono presupposto fondamentale, ha concluso Pantaleo, perché il diritto di cittadinanza per i nostri migranti rientri nella legislazione italiana.

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