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Il 22 novembre 2018 si è aperto a Firenze il convegno nazionale annuale dei dirigenti scolastici della FLC CGIL organizzato in collaborazione con l’Associazione professionale Proteo Fare Sapere.
Anche il tema di quest’anno è stato particolarmente stimolante “Le responsabilità del Dirigente scolastico nel governo della scuola pubblica”. Un tema di attualità per le insostenibili responsabilità che oggi gravano sui dirigenti scolastici, che li fanno lavorare continuamente sotto stress e che li distolgono dalla finalità istituzionale affidata alle scuole di garantire un servizio istruzione e formazione di qualità.
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Prima sessione
I lavori della mattinata sono stati presieduti da Doriano Bizzarri, Presidente di Proteo Toscana, che ha sostituito Sergio Sorella, Presidente nazionale di Proteo Fare Sapere, impossibilitato ad intervenire per problemi familiari. Nel portare i saluti di Sergio Sorella, Bizzarri ha chiarito le finalità di Proteo Fare Sapere, un’associazione che fa formazione e che persegue la ricerca di una nuova pedagogia, quella dell’era digitale, in grado di sostenere e riaffermare un obiettivo strategico: finalizzare l’intero sistema di educazione, istruzione e formazione alla crescita di una cittadinanza attiva, critica, consapevole, in grado cioè di relazione dialettica e non culturalmente subalterna nei confronti delle nuove tecnologie e della rete, ma attenta anche ai problemi del mondo che ci circonda. Punto cardine è l’autonomia scolastica nelle sue, fin qui, inespresse potenzialità di sperimentazione, di ricerca, di rapporto positivo e costruttivo col territorio. Lo sviluppo positivo dell’autonomia scolastica può verificarsi solo in presenza di risorse e di normative capaci di sviluppare il sistema diminuendo le differenze e le diseguaglianze fra scuole e territori. A tal fine occorre contrastare la tendenza in atto a regionalizzare il sistema scolastico senza neppure aver prima definito i livelli essenziali delle prestazioni. Il profilo del Dirigente scolastico descritto dall’art. 25 del D.Lgs. 165/01 va confermato e rafforzato: parla di una professionalità forte non perché dotata di grandi poteri ma perché, senza venir meno alle sue responsabilità, capace di accompagnare, coordinare, costruire ambienti democratici di apprendimento, di promuovere innovazione, partecipazione e comunità. Chi ci ha governato dopo l’entrata in vigore dell’Autonomia non ha dimostrato di credere fino in fondo a quel profilo e a quella professionalità, sacrificata al mito di una falsa efficienza ed efficacia da misurare attraverso la quantità e la correttezza degli adempimenti, con una mole di incombenze scaricate sulle istituzioni scolastiche da un sistema che ha mantenuto pressoché inalterata la sua struttura gerarchica. Altra grave responsabilità dell’Amministrazione è stata quella di aver favorito il proliferare di istituti con grandi dimensioni e soprattutto, per il ritardo nel bandire il Concorso, la deleteria pratica delle reggenze che hanno comportato un autentico sconvolgimento della funzione del DS. L’Associazione quindi attraverso corsi e progetti tende a collaborare con le scuole e in primo luogo con i DS per proposte che rafforzino l’autonomia poggiando su alcune idee forti come il rafforzamento e lo sviluppo di reti di scuole.
Ha preso quindi la parola Antonino Titone che, nella sua funzione di organizzatore del Convegno, ha esposto le idee guida sulle quali è stata costruita la due giorni di Firenze, illustrandone le ragioni, i temi ed il programma.
Titone ha voluto evidenziare che l’alto numero di partecipanti al Convegno conferma sia quanto sia centrale per i dirigenti scolastici il tema delle responsabilità sia le loro aspettative sul miglioramento della situazione sia l’apprezzamento della qualità dei relatori.
Ha ribadito che le responsabilità dei Dirigenti scolastici sono aumentate perché sono notevolmente cresciuti i compiti che l’Amministrazione centrale e periferica ha scaricato sulle scuole dai rapporti con gli Enti locali alle richieste delle famiglie. L’annuale Convegno vuole mettere sotto i riflettori le tante responsabilità (non vuole essere un cahier de doléances!) da quella di garantire ad alunni e studenti il pieno esercizio del diritto costituzionale allo studio, in un contesto in cui l’autonomia scolastica appare minacciata dalle forti spinte dei regionalismi (su cui interverrà con una apposita relazione Anna Maria Poggi) , alla responsabilità nella gestione amministrativa e finanziaria, alla responsabilità nell’applicazione alle scuole di norme pensate per la Pubblica Amministrazione, senza i necessari adattamenti per la specificità delle scuole, alla responsabilità per la sicurezza degli edifici scolastici. Preoccupante lo stato di salute dei DS, sottoposti a ritmi di lavoro insostenibili sia per le dimensioni delle scuole sia per il fenomeno delle reggenze aumentate sempre più negli ultimi anni (vedi stress lavoro- correlato). Ha illustrato il programma dei due giorni: terranno compagnia e stimoleranno le riflessioni dei partecipanti al Convegno esperti di vari settori e di varia provenienza. Dopo la relazione di Roberta Fanfarillo responsabile nazionale del comparto dei Dirigenti scolastici FLC CGIL, Massimo Baldacci, docente di pedagogia generale e sociale, illustrerà il ruolo propositivo e promozionale del DS nella “comunità educante”; Raffaele Guariniello, già magistrato ed esperto in materia di sicurezza del lavoro, introdurrà nel campo minato della sicurezza, con le tante responsabilità in capo al DS che però non ha appositi fondi per intervenire. Nel pomeriggio Anna Maria Poggi, esperta di diritto pubblico, farà il punto sulla debolezza dell’Autonomia scolastica e sulle spinte sempre più forti di alcune Regioni verso le autonomie differenziate mentre Anna Armone, esperta di diritto amministrativo, interverrà sulla responsabilità del DS nella gestione amministrativa della scuola nel rapporto con altri soggetti (privacy, trasparenza, anticorruzione, vaccini). Al termine del pomeriggio ci sarà l’intervento di Francesco Sinopoli, segretario generale della FLC CGIL. Nel secondo giorno il Direttore generale del MIUR Jacopo Greco illustrerà le responsabilità del DS nell’attuazione del nuovo Regolamento di contabilità: curioso, a tal proposito, il comportamento del MIUR che ha obbligato le scuole al rispetto del nuovo Regolamento prima ancora della sua entrata in vigore. Ci sono poi criticità nel nuovo Regolamento riguardanti la responsabilità nella manutenzione degli edifici (art. 39) e una competenza impropria affidata al collegio dei revisori incaricati di verificare la coerenza delle spese con le attività previste nel Ptof. A seguire, Dina Guglielmi, docente di psicologia del lavoro e delle organizzazioni, approfondirà il tema della valutazione dello stress lavoro-correlato evidenziando perché riguarda particolarmente i DS. Al termine della mattinata ci sarà un intervento di Roberta Fanfarillo per fare il punto sul rinnovo del CCNL dei Dirigenti scolastici.
Titone ha ringraziato tutti i relatori che offriranno, ciascuno dal proprio punto di vista, un valido contributo di idee al dibattito; ha quindi augurato buon Convegno a tutti i partecipanti, nella convinzione che dal Convegno verranno proposte e stimoli per l’azione quotidiana dei DS nel governo delle scuole.
La relazione di apertura di Roberta Fanfarillo, coordinatrice nazionale dei dirigenti scolastici della FLC CGIL, ha posto subito l’accento sul titolo del convegno evidenziando come il dirigente scolastico sia oggi gravato da una serie di oneri impropri derivanti da compiti estranei al servizio di istruzione di cui deve garantire l’adempimento, distogliendo le sue energie e il suo tempo dall’esercizio della principale responsabilità connessa alla sua funzione, quella di assicurare qualità, continuità e regolare svolgimento al servizio di istruzione. È dunque necessario che i dirigenti scolastici siano messi nelle condizioni di raggiungere questi obiettivi costituzionalmente tutelati, che le scuole siano finalmente e definitivamente liberate da oneri impropri e che il miglioramento della qualità del sistema scolastico sia tra le priorità del Paese.
Leggi la relazione introduttiva Roberta Fanfarillo
La mattinata è proseguita con la relazione di Massimo Baldacci sul tema “Il ruolo dirigenziale nella comunità educante”. Dopo aver ringraziato per l’invito al Convegno, ha esordito affermando che il senso della dirigenza si dà all’interno del contesto scolastico; ci sono due cornici: una è quella della scuola azienda, l’altra è quella della scuola della comunità democratica, scelta contrattuale non rituale. Se ne deducono due modelli diversi di conduzione: il modello aziendalista evoca il manager, il secondo modello prevede un dirigente “intellettuale”, democratico, un’idea più elevata di dirigente. Il modello manageriale è figlio di un’impostazione neo-liberista che impera da più anni; componente essenziale è la competizione. Aziendalismo non vuol dire che esiste l’azienda ma che essa rappresenta il modello di riferimento; una scuola che compete con le altre scuole, una scuola che produce il capitale umano in grado di far funzionare il sistema socio-economico. L’insegnante deve formare i futuri lavoratori. La forza di questo modello sta nel manager, figura estremamente produttiva; riduzione del dirigente a funzionario burocratico: è la figura del manager che decide, appena temperato dalle relazioni umane. I criteri sono efficacia, efficienza e competitività. I limiti sono evidenti: violazione trasparente della pedagogia per la quale l’uomo è fine e mai mezzo; l’essere umano invece diventa mezzo per realizzare gli obiettivi del sistema neo-liberista. La “buona scuola” ribadisce che è fondata sul lavoro; l’attenzione è sul produttore, il cittadino esiste solo in funzione del produttore. Il decisionismo produce solo passività nei subalterni. Il cedimento ad atteggiamenti autoritari è diffuso, ma “chi ha paura non può educare”. Bruno Ciari scriveva che costruire la comunità non è solo compito della scuola ma attiene anche alla famiglia, anzi attiene alla società più ampia. Bisogna essere alleati. Oggi le famiglie sono clienti: tra azienda e cliente non c’è un rapporto di scambio e il cliente ha sempre ragione. Il modello di scuola come comunità democratica è un modello a cui tendere tutti insieme per poterlo realizzare, bisogna crearne le condizioni. Cos’è una comunità? Paradigmatica è la definizione di Dewey in “Democrazia e educazione”: la comunità si realizza quando attraverso i valori comunicati cerca di guardare nella stessa direzione. La comunità può essere anche chiusa: per questo bisogna aggiungere il termine democratica. I valori devono essere quelli democratici, come diceva Dewey. In questa chiave la scuola è un laboratorio di cittadinanza, è la formazione de cittadino che comprende anche quello del produttore. Don Milani affermava che dobbiamo educare ad essere “cittadini sovrani”. All’interno di questa comunità il Dirigente scolastico è la figura dell’intellettuale così come intesa da Gramsci. Tutti gli uomini, secondo Gramsci, sono intellettuali perché sanno pensare; ma chi ha un compito di direzione, organizzativo deve essere un intellettuale. Il fulcro della dirigenza per Gramsci è l’egemonia in contrapposizione al dominio, cioè la direzione usata con il consenso di chi è diretto; non un consenso formale ma attivo, perché induce ad impegnarsi attivamente. La direzione è connessa alla partecipazione, il consenso prevede la comprensione delle motivazioni della decisione. Per Gramsci il rapporto egemonico è un rapporto pedagogico, perché i docenti crescono nella consapevolezza. Secondo questa teoria il Dirigente scolastico è il formatore dei docenti, è colui che amalgama consapevolezza e crescita. Il Dirigente diventa pienamente intellettuale quando coordina il progetto educativo. Bisogna parlare di bisogni educativi e non di domanda formativa; il progetto educativo parte dai bisogni educativi, che sono difficili da individuare. Un dirigente dovrebbe conoscere il territorio in cui opera, è il lievito della comunità scolastica, deve sforzarsi di fare la tessitura delle relazioni. Certo, si può stabilire insieme la rotta ma ci vuole qualcuno che stia al timone e che decida; è l’elemento strategico del compito del dirigente, in cui il comandare è motivato dalla direzione che la comunità ha condiviso.
È seguita la relazione di Raffaele Guariniello sul tema "La sicurezza degli edifici scolastici. Il sistema delle responsabilità nel Testo Unico sulla sicurezza".
L’intervento del Dott. Guariniello è stato centrato sulle responsabilità dei Dirigenti Scolastici in tema di sicurezza. In materia di sicurezza sul lavoro, uno dei nodi non ancora risolti in merito alle responsabilità dei Dirigenti scolastici, risiede proprio nel D.L.vo 81/08, così detto “Testo Unico sulla sicurezza”. Infatti, a 10 anni dall’emanazione del Decreto, i tentativi di chiarire la materia non sono approdati a molto. Due disegni di legge presentati nella passata legislatura si sono arenati alla Camera e nel Documento Programmatico del governo per il 2019 di sicurezza nelle scuole si accenna solo brevemente.
L’elemento fondamentale è chiarire chi siano i garanti della sicurezza per quanto attiene agli edifici scolastici. Il T.U. sembra prevedere un duplice profilo di garanzia, attribuendo questo incarico a due soggetti: gli Enti Locali e i Dirigenti scolastici. Su chi sia il datore di lavoro nella scuola sembrano non esserci dubbi, come ribadito in numerose sentenze, vale a dire appunto il Dirigente Scolastico. Ma la norma afferma che per individuare il datore di lavoro, è necessario il rispetto di due criteri: che egli sia espressamente individuato dall’organo di vertice e che abbia autonomi poteri di decisione e di spesa.
Il T.U. individua nel DS il datore di lavoro per quanto riguarda le istituzioni scolastiche ma nello stesso tempo afferma che gli obblighi di manutenzione ordinaria e straordinaria sono di competenza dell’ente locale proprietario dell’immobile che ospita la scuola, tanto che si precisa che gli obblighi in capo al dirigente si ritengono assolti con la richiesta all’ente proprietario di tutti gli interventi ritenuti necessari per garantire la sicurezza.
I magistrati sperano sempre che nell’emanazione di una nuova disposizione di legge vi siano precisazioni che chiariscano le norme precedenti. Speranza puntualmente delusa.
Per quanto riguarda l’art. 39 del recente D.I. 129/2018, nuovo Regolamento di Contabilità, pubblicato in G.U. il 17 novembre 2018, esso si sovrappone parzialmente all’art.18 c. 3 del decreto 81/08, poiché non riguarda gli interventi di tipo strutturale.
Ma l’art. 39 conferisce alla scuola tre facoltà: 1) di provvedere direttamente alla predisposizione di interventi di manutenzione ordinaria; 2) di procedere all’affidamento di interventi indifferibili e urgenti; 3) di utilizzare per tali interventi fondi propri.
Ebbene, ove nell’art. 39 c.3 si sostiene che le scuole procedono con fondi propri, sembra configurarsi un obbligo e non una facoltà. E di quali lavori si tratta, di qualsiasi tipo di lavori o della sola manutenzione?
È evidente che nella formulazione attuale l’art. 39 pone degli interrogativi in merito alla posizione dei Dirigenti scolastici: il DS incorre o no in responsabilità anche di tipo penale se si avvale o meno delle facoltà indicate nei commi 1 e 2 dell’art. 39? Non si tratta di deroghe esplicite a quanto previsto nel T.U., ma di deroghe implicite: posso o debbo avvalermi di queste facoltà?
Un’implicazione particolarmente delicata riguarda l’affidamento dei lavori, per i quali il D.L.vo 81/08 esplicita le procedure di chi affida, in qualità di committente, il servizio a imprese o lavoratori autonomi. In questo caso le procedure previste sono assai complesse e diversificate. Un Dirigente Scolastico non può avere le competenze necessarie; ci vogliono RSPP competenti, che in caso di interventi giudiziari, non vengano assolti perché incompetenti.
Il DS non è esentato dalle responsabilità in caso di eventi gravi con la sola richiesta agli enti proprietari, perché deve comunque dimostrare di aver messo in campo tutto ciò che gli era possibile. Da questo punto di vista il caso del convitto dell’Aquila in occasione del terremoto ha fatto scuola: nelle more dell’intervento dell’ente locale, il dirigente deve poter garantire un livello equivalente di sicurezza.
Per quanto attiene al richiamo ai fondi propri, il DS è esonerato da responsabilità se richiama la carenza di fondi? Nella nostra giurisprudenza vale il principio che chi è il responsabile della sicurezza in un ente pubblico e sia a conoscenza di un pericolo incombente, se non ha fondi per intervenire in modo autonomo deve interrompere l’attività. Altrimenti è responsabile di reato colposo.
Nel caso del convitto dell’Aquila, la sentenza di condanna per il Dirigente è intervenuta poiché lo stato di fatiscenza dei locali era conosciuto da anni, ma gli interventi necessari non erano stati svolti per mancanza di fondi.
Ma la chiusura di un luogo pubblico non è evento né facile, né indolore. Tanto che questo è fonte di conflittualità tra Dirigenti scolastici e Enti Locali. Allo stato attuale il problema non è risolto.
In attesa che il legislatore intervenga a chiarire i punti più controversi della normativa vigente, per esempio i presupposti e le modalità per sospendere l’attività, senza ricadere nel reato di sospensione di pubblico servizio, l’unica strada percorribile è quella di un coinvolgimento di tutte le istituzioni.
È seguito un dibattito molto partecipato: sono state sollevate questioni relative alla sicurezza quando gli edifici sono di proprietà privata ed affittati all’Ente Locale, al conflitto tra sicurezza e interruzione di pubblico servizio, ai contrasti tra Enti Locali e scuole quando queste decidono di chiudere parte dell’edificio per motivi di sicurezza, alle nuove responsabilità derivanti dall’articolo 39 del Nuovo Regolamento di contabilità, alle autonomie differenziate quali peggior nemico dell’autonomia scolastica. Alcuni hanno affermato che l’intervento di Baldacci ha dato si una carica di energia ma che nelle scuole non c’è il modello pedagogico a cui guardava Gramsci.
Seconda sessione
I lavori del pomeriggio si sono aperti con l’intervento di Francesco Sinopoli, segretario generale nazionale della FLC CGIL, che ha anticipato l’intervento previsto per il giorno successivo. Fatto l’apprezzamento per la qualità degli interventi della mattinata, ha espresso la convinzione che non stiamo vivendo una fase ordinaria né per i DS, né per la scuola, né per il Paese. Di fronte alla decisione presa di togliere la traccia di argomento storico dall’Esame di Maturità, ha riaffermato l’importanza della Storia e ha ricordato la traccia storica sulla fine della Repubblica di Weimar che ha affrontato da maturando. Ha affermato che dello Stato hanno bisogno i più deboli, non le elites; se viene meno lo Stato risulta danneggiato chi ha bisogno. Assistiamo ad uno Stato autoritario, basato non sul sovranismo ma sul nazionalismo. Il sistema neo-liberale esiste e si è aggravato. Sono risultate sbagliate tutte le scelte degli ultimi 10 anni sulla crisi e quelle degli ultimi 30 anni rispetto alle istituzioni scolastiche; il maestro unico della Gelmini è stato tirato in ballo solo per giustificare 8 miliardi e mezzo di tagli! Oggi sono tornate le diseguaglianze degli anni “50; bisogna riaffermare la scuola della Costituzione e soprattutto ciò a cui la Scuola deve servire. Se la scuola diventa servizio a domanda individuale, risponde solo ai bisogni di singole famiglie, non della comunità. Non è più rinviabile la riforma degli Organi Collegiali. Giustissimo il riferimento alla comunità educante voluto nel testo del nuovo CCNL scuola e ancora attuale la scuola democratica di Dewey. In centomila andranno in pensione l’anno prossimo: quali strumenti e quale idea di scuola avranno quanti entreranno nella scuola? I Dirigenti scolastici sono sempre più gravati da responsabilità; è necessario completare la stagione contrattuale prima di Natale anche per i DS. In questa idea frammentaria di scuola emerge un tratto: i problemi della scuola si risolvono con l’autonomia differenziata. È questa l’idea che avanza in Veneto e Lombardia con il vero ed unico obiettivo di trattenere il residuo fiscale! E in questo modo salta la missione nazionale della scuola. Gli episodi di Monfalcone, Lodi, Terni sono esempi di come si colpiscono i luoghi dell’integrazione. Il diritto all’istruzione può essere garantito solo attraverso la scuola nazionale; e la base di essa deve essere costituita dai livelli essenziali di prestazione. Esistono i problemi della scuola del Nord (per esempio trovare gli insegnanti) non una questione settentrionale. La FLC CGIL ha avanzato idee e proposte rispetto alla legge di stabilità per il 2019; ha già chiesto di rinviare l’attuazione del Nuovo Regolamento di contabilità per consentire una fase di studio e approfondimento a chi lo dovrà mettere in atto; ha chiesto modifiche all’articolo 39 del nuovo Regolamento da realizzare nel DDL Concretezza. Mobilitare le persone, interpretandone le esigenze ed i bisogni materiali, e costruire soluzioni: questo il compito del Sindacato. Non veniamo da una stagione di successi, bisogna rilanciare la discussione democratica sulla scuola, allargare la partecipazione. Dobbiamo pensare alla scuola che forma cittadini democratici, alla scuola della Costituzione, alle riforme che servivano e non sono state realizzate, ai saperi interdisciplinari.
I lavori sono proseguiti con la relazione di Anna Maria Poggi sul tema “Autonomia scolastica e autonomie differenziate”. Il Regionalismo differenziato è come un fiume carsico, è un tema che torna in continuazione ma col passare del tempo ritorna in maniera peggiore, in modo più grezzo e più strumentale alle maggioranze politiche che governano il paese. Fatti giuridici oggettivi: partiamo dalla fine: in una intervista il Ministro Marco Bussetti ha detto che il governo intende regionalizzare il ruolo dei docenti, collocando tale scelta in uno scenario più ampio di cui starebbe ragionando con il Ministro degli Affari Regionali e delle Autonomie Erika Stefani; non ci sono ancora però documenti formali; il soggetto che si è più esposto su questo tema è il Presidente della Regione Veneto Luca Zaia, anche con atti formali. Anche il presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino ha rilanciato la questione, stavolta però con riferimento alla questione delle infrastrutture e con l'argomentazione che è evidente che l'unico modo di portare avanti le riforme sarà il regionalismo differenziato poiché questa legislatura non farà riforme. Nella precedente Legislatura alcune regioni (Lombardia, Veneto e poi Piemonte ed Emilia Romagna) hanno siglato degli accordi preliminari che considerano punti di partenza significativi. Altre regioni hanno chiesto di poterlo fare in questa Legislatura. In questi accordi vengono chiarite alcune questioni che l'art.116 della Costituzione lasciava aperte; il Governo, come si è fatto per esempio con le Intese con altre confessioni religiose, tratta con la Regione una intesa per dare più competenze in relazione ad alcune materie; successivamente l'Intesa viene ratificata in Parlamento (un problema resta la durata di queste Intese: 10 anni); infine la Commissione paritetica decide quali fondi trasferire alle Regioni (senza ritornare in Parlamento), con una decisione che viene alla fine presa da 5/6 persone. Negli Accordi viene calcolato il costo partendo dalla spesa storica (quella che lo Stato da sempre trasferisce alle regioni) ed individuando il fabbisogno standard per 5 anni; se partono gli accordi le Regioni si impegnano a ridurre in 5 anni le relative spese (settori edilizia, trasporti, ecc.). Le competenze richieste per l'istruzione sono:
- la definizione della programmazione e dell'organico regionale
- le competenze per organizzare l'integrazione fra l'istruzione e la formazione professionale (frazionando così il sistema; oggi c'è libera circolazione, poi non ci sarebbe più)
- la competenza nell' organizzazione degli ITS, altro snodo fondamentale del sistema
Chiedono poi anche di costituire fondi regionali per l'edilizia.
Gli accordi sono molto strutturati e risolvono una serie di problemi che l'art.116 lasciava aperti.
Questi sono i fatti giuridici che il Governo potrebbe portare avanti oppure potrebbe accontentare Veneto e Lombardia che fanno pressioni quasi come se volessero diventare da Regioni ordinarie regioni a Statuto speciale.
- Questioni giuridiche-razionali
Prima questione: per chiedere l'applicazione dell'art.116 devi dimostrare che hai una specificità nel territorio e che per tale ragione chiedi più competenze. Dirlo per l'istruzione è dirompente perché è il servizio più generale che esista. Diventa dirompente dal punto di vista culturale concepire che nell'istruzione possano esserci territori con esigenze diverse, significa accettare l'idea che l'istruzione non è più un servizio generale ma può rispondere a specificità territoriali, come per esempio in Alto-Adige dove il bilinguismo, tutelato dalla Costituzione, ha portato a ruoli regionali dei docenti.
Seconda questione: l'autonomia scolastica. Come difendere l'autonomia scolastica dal regionalismo differenziato? Verrà sicuramente meno.
Terza questione: i livelli essenziali delle prestazioni. Si può argomentare giuridicamente che finché questi non vengono definiti non si può fare nessun tipo di regionalismo, essi rappresentano il ruolo che ha lo Stato all'interno del regionalismo.
La questione è dirimente: i LEP sono la "Cittadinanza sociale" e non tollera le differenze regionali; l'attuazione del Titolo V non si è potuta fare proprio perché non sono stati definiti i livelli essenziali delle prestazioni; l'art. 3 della Costituzione diventa prioritario e nessun decentramento può essere fatto.
- Conclusione su come si sta realizzando uno stravolgimento dei parametri
Cosa sta succedendo quindi? Ciò che è già successo fra il 1997 e il 1998: dopo l'art.21 della legge 59/97 sull'Autonomia Scolastica, quando sembrava che finalmente la comunità educante fosse diventata il centro di un sistema organizzato dal quale tutto doveva discendere, è arrivato il Decreto legislativo 112/98 nel quale si è affermato il contrario: prima definiamo le competenze regionali e poi le autonomie.
La domanda di fondo è: "A cosa serve il regionalismo differenziato nell'Istruzione?" quando le regioni hanno già:
- l'art. 117 della Costituzione che definisce le competenze legislative in materia di istruzione
- formazione professionale
- il Decreto Legislativo 112/1998
Leggi la relazione di Anna Maria Poggi
È seguita la relazione di Anna Armone, esperta di diritto amministrativo, sul tema “La gestione amministrativa della scuola nel rapporto con altri soggetti”. Nel suo intervento Anna Armone ha sottolineato come la scuola sia un unicum nella struttura organizzativa dell’istruzione. Esiste infatti una figura apicale come il dirigente scolastico e un vuoto importante sotto di lui. L’articolazione centrale del MIUR è basata su centri di responsabilità amministrativa. Questa funzione non è più svolta dagli USR che non sono più centri di costo. La struttura degli USR ha ormai un assetto organizzativo che potremmo definire illusorio. Nella previsione normativa avrebbero dovuto fornire un supporto costante alle scuole, che nella realtà non esiste.
Sul Dirigente scolastico grava un carico spaventoso di responsabilità e adempimenti; la presenza degli organi collegiali rappresenta l’elemento di incoerenza del sistema ridisegnato dal Dlgs 165/2001.
La struttura a disposizione del Dirigente scolastico appare misera, quasi inesistente. La stessa legge 107/2015 anziché chiarire alcuni aspetti rende il quadro di riferimento ancor più pasticciato. La sola figura organizzativa di supporto al dirigente scolastico è rappresentata dal DSGA.
Lungi dal quadro di riferimento dell’autonomia scolastica, nel tempo si è creata, di fatto, una nuova dipendenza funzionale del Dirigente scolastico dal Direttore Generale dell’USR. In alcune regioni ci stiamo avviando anche verso una delega totale di funzioni dalle regioni agli USR. Potremmo quasi dire che un alto livello di illegittimità di fatto salva la scuola dall’implosione.
È il livello di incoscienza e di coraggio dei Dirigenti scolastici che spesso salva davvero la scuola italiana. Nel modo in cui sono attualmente strutturati, gli Uffici scolastici regionali non hanno senso se non quello di opprimere l’autonomia delle scuole. Altro capitolo a parte sarebbe la verifica delle competenze reali che attualmente si trovano negli Uffici scolastici regionali.
Le conseguenze di questa confusa situazione è rappresentata dalle molte disomogeneità organizzative e applicative della normativa e da un importante dispendio di risorse finanziarie. A tale proposito Anna Armone ha citato il campo della privacy relativamente alla figura del DPO. Ogni comune ha un Data Protection Officer così come le scuole. Si tratta di una autentica follia. Tutto questo proliferare di DPO probabilmente non interessa molto al Garante della privacy. Evidentemente ci sono interessi di altro tipo e natura nella diffusione di questa figura. Anche in considerazione del fatto che in ultima analisi, che ci sia o meno un DPO, il responsabile della gestione della privacy e dei dati nella scuola resta sempre e comunque il Dirigente scolastico. Viene citato poi un caso molto problematico: la gestione dei dati giudiziari nei CPIA.
Allo stato attuale, secondo Anna Armone, quel che manca è il tessuto connettivo del MIUR che eserciti la governance del sistema. Anche la questione dei vaccini pone problemi notevoli al modello organizzativo nelle scuole. Le stesse dichiarazioni sostitutive implicherebbero l’organizzazione di un sistema reale ed efficace di controllo amministrativo da parte delle scuole.
Viene portato un altro esempio di criticità ovvero l’applicazione della normativa sulla trasparenza; passata la fase della migrazione dei siti da “.gov” a “.edu”, resta il problema di capire quale sia il livello dei vari siti presenti nelle scuole. Poco credibile appare inoltre tutta l’enfasi proposta sulle attività a rischio corruzione nella scuola. Per fortuna grazie a questo sistema logorato, prosegue Anna Armone, dal sovraccarico di norme la scuola diventa quasi autoimmune. Gli adempimenti della scuola sono davvero troppi e confusi. In questo contesto non giova che ci siano gli insegnanti senza uno stato giuridico chiaro che crea problemi anche a chi li deve dirigere e valutare. Qual è la responsabilità̀ e il potere della funzione docente? Ci sono poi adempimenti di gestione strumentale amministrativa, contabile. A questo punto una scelta etica impone di dar peso alla mission della scuola più che agli adempimenti.
A conclusione dell’intensa ed impegnativa giornata, è intervenuta Roberta Fanfarillo con alcune riflessioni sugli argomenti trattati durante la prima intensa giornata. Augurando a tutti una buona serata, ha dato l’appuntamento alla giornata successiva con le relazioni di Jacopo Greco, Dina Guglielmi e con un intervento della stessa Fanfarillo sulla situazione del rinnovo del CCNL dei Dirigenti scolastici.