I Muri che non cadono
Articolo di Dario Missaglia, presidente nazionale Proteo Fare Sapere.
L’esordio “culturale” del neo Ministro Valditara ha il pregio di essere trasparente. Nel giro di pochi giorni ha manifestato il senso di quello che intende essere il suo segno politico nella gestione di Viale Trastevere. Ha esordito con il “Merito”, velocemente accantonato per mancanza di argomenti seri a supporto di una tesi insostenibile (modificare la denominazione di una istituzione) e ben presto scivolato nella retorica sulla scuola facile e sulla necessità di valutare i docenti; ha proseguito con l’annuncio di una stretta dura sui provvedimenti disciplinari nei confronti di studenti responsabili di atti di violenza (dimostrando, a parte la supposta irrilevanza degli organi collegiali della scuola, una vocazione pedagogica indiscutibile) e infine regalando ai Dirigenti scolastici un saggio sulla caduta del muro di Berlino, anzi sulla caduta definitiva del comunismo nel mondo.
Leggendo il manifesto del Ministro, la memoria è andata al messaggio che tre anni fa, nella stessa ricorrenza, il Presidente Mattarella inviava ai nostri giovani. “Serve un nuovo slancio, un‘Europa senza muri di divisioni e odio”, scriveva il Presidente mentre ricordava la fine della guerra fredda e la riunificazione tedesca, come eventi che avrebbero segnato la storia di questi anni. C’era in quell’auspicio che voleva anche sollecitare la politica, la consapevolezza dei tempi durissimi che si stavano profilando: la crescita di nazionalismi e sovranismi, di protezionismo e divisioni, di intolleranza e razzismo.
Ai giovani dunque il Presidente inviava un messaggio perché fossero protagonisti di una nuova cultura capace di rimettere al centro l’umanità, le relazioni e la cooperazione tra le persone, l’abbattimento dei vecchi e nuovi muri, la cura dell’ambiente e della pace. Ancora nella bella manifestazione del 5 novembre a Roma, tanti ragazzi hanno dimostrato di ritrovarsi in quei valori.
Chissà, forse se il Ministro avesse riletto quel messaggio avrebbe potuto trovare ispirazione per riflettere; magari anche per pensare ai riflessi culturali delle politiche di “sicurezza” del governo, alla drammaticità dei fatti che stanno accadendo in diversi porti del Paese.
Troppo poco, deve aver pensato il neo Ministro dell’Istruzione e del Merito. Per lui, l’evento storico simbolo di quel 9 novembre dell’89 è “il fallimento definitivo dell’utopia rivoluzionaria” rappresentata dal comunismo sovietico. Tutto il resto non conta. Non conta la storia cui ci richiama la caduta del Muro di Berlino, cioè la fine della guerra fredda, le divisioni dell’Europa, la tragica separazione di un popolo, il ruolo di un personaggio che proprio pochi mesi fa il mondo ha ricordato per il ruolo che seppe svolgere in quel frangente drammatico, impedendo il rischio di uno spargimento di sangue e concorrendo proprio per le sue scelte alla sua stessa caduta politica. Parliamo di Gorbaciov e della sua capacità di proporre una nuova idea di pace intesa come “nuovo modo di pensare” (come ebbe a scrivere Sacharov) e non più come equilibrio del terrore.
La storia non conta; anche se il comunismo sovietico non esiste più, il suo fantasma continua ad agitare alcuni territori mentali. Ci sono muri che sopravvivono anche quando sono scomparsi. Soprattutto i muri dell’ignoranza e del pregiudizio ideologico.
Chissà se i Dirigenti scolastici accoglieranno l’invito del Ministro a riflettere: come valuteranno la ricchezza storica del suo argomentare, l’ampiezza dei riferimenti politici e culturali della sua analisi, la ricchezza del messaggio rivolto al mondo della scuola e ai giovani in particolare.
A me personalmente la lettura di questo manifesto del Ministro ha fatto venire in mente, spontaneamente, le parole che Piero Calamandrei, negli anni ’50, rivolse ai giovani di Milano che lo ascoltavano: “La libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare”.