Tabelle di equiparazione dei pubblici dipendenti in caso di mobilità intercompartimentale. Lo stato del confronto
Le riforme non si fanno tagliando stipendi e azzerando le professionalità. Le osservazioni della Cgil e il nostro approfondimento sui comparti della conoscenza.
Dopo l’incontro dello scorso 2 aprile sulla bozza di DPCM relativa alle tabelle di equiparazione, pubblichiamo il documento inviato al Dipartimento Funzione Pubblica venerdì 10 aprile 2015 dalla CGIL, dal segretario generale della FLC CGIL Domenico Pantaleo e da Rossana Dettori segretaria generale della Funzione Pubblica CGIL insieme a un approfondimento specifico sui comparti della conoscenza inviato al capo di gabinetto del ministero della Funzione Pubblica dott. Bernardo Polverari .
SCUOLA
Il DPCM e le annesse tabelle possono riguardare esclusivamente la mobilità “in uscita dal comparto scuola”, verso altre amministrazioni, e non certo la mobilità “in entrata”. Infatti, per la scuola, sono previste norme speciali riguardanti il reclutamento sia per i docenti, che per il personale educativo, che per il personale ATA.
Rispetto all’inquadramento, indicare per tutti solo la posizione iniziale come si legge in tabella 9 è inaccettabile (e illegittimo).
Le tabelle di equiparazione economica e di corrispondenza tra le tabelle stipendiali non possono essere lesive dei diritti contrattuali acquisiti dai lavoratori, sia nell’inquadramento iniziale, sia nella progressione di carriera.
Nella scuola (docenti, educatori e ATA), a differenza ad esempio dell’inquadramento del comparto ministeri che prevede, per la stessa Area, diversi livelli retributivi di progressione di carriera da F1 a F6, è previsto l’inquadramento e la progressione economica per gradoni stipendiali, 6 in tutto, legati alle diverse anzianità (0-8, 9-14, 15-20, 21-27, 28-35, oltre 35), per cui non è pensabile che, a prescindere dall’inquadramento stipendiale maturato nella scuola, si debba accedere tutti alla fascia iniziale come si propone, così come non è accettabile che la differenza stipendiale in godimento al momento del passaggio si possa garantire solo “mediante assegno ad personam riassorbibile con i successivi miglioramenti economici”. Questo comporterebbe, per chi nella scuola ha maturato una certa anzianità al momento del passaggio, il “blocco del salario a vita”! E’ assolutamente evidente che ci debba essere una stretta corrispondenza stipendiale tra il gradone in cui si è inquadrati nella scuola al momento del passaggio, e le diverse fasce di ciascuna Area del comparto Ministeri (o di altri comparti di arrivo).
Non è accettabile (anche in base a quanto sentenziato dalla Corte di Cassazione a proposito del diritto di accesso al concorso per Dirigenti Scolastici) che “tutti” i docenti della scuola primaria e dell’infanzia siano inquadrati in Area II a prescindere se laureati o meno. Si fa presente che il profilo docente è profilo unico e che oggi, e da oltre 15 anni ormai, per accedere all’insegnamento nella scuola primaria e dell’infanzia è obbligatorio il possesso della Laurea.
Infine queste tabelle hanno senso se si accompagnano a una reale ricognizione dei posti liberi nelle amministrazioni soggette al blocco del turn over per favorire un processo trasparente e accompagnato di mobilità intercompartimentale.
Nella scuola, infine, è tuttora in sospeso la questione dei docenti inidonei per i quali andrebbe prevista una specifica sessione negoziale per il loro transito dalla scuola verso altre amministrazioni.
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RICERCA
I criteri da seguire nel costruire le tabelle di equiparazione e che dovrebbero essere entrambi rispettati, sono quelli dell’equivalenza del titolo di studio e dei compiti propri del profilo di inquadramento di origine con quelli del profilo di destinazione.
Qualora non si individui una corrispondenza esatta, andrà ricercata con la figura professionale più vicina nell’ordinamento.
Nelle tabelle presentate, l’equiparazione del collaboratore tecnico degli enti di ricerca appare impropria dal punto di vista imprescindibile del profilo professionale. Tale profilo, se prendiamo a misura esemplificativa il CCNL dei ministeri, non ha possibilità di collocare le sue caratteristiche nella proposta area II; infatti rispetto alla prioritaria questione dei compiti assegnati troverebbe più corretta collocazione nell’area III, anche dal punto di vista retributivo.
Nello schema di DPCM non sono menzionati i collaboratori tecnici, i collaboratori di amministrazione, gli operatori tecnici e gli operatori di amministrazione. Considerando l’assenza dei Ricercatori e tecnologi, la Ricerca entra nelle tabelle con meno della metà del personale disciplinato dal proprio contratto.
Le ragioni che escludono i ricercatori e tecnologi per la loro specificità sono in buona misura le stesse che giustificherebbero l’esclusione del personale tecnico, le cui peculiarità professionali sono evidentemente ignorate dalla logica che ha costruito le equiparazioni proposte.
Il fatto che non ci siano i ricercatori e tecnologi non è in se una notizia confortante, vista la contemporanea uscita del DPCM di costituzione dell’Agenzia per l’Agenda Digitale. Un ricercatore e tecnologo, per l’accesso alla carriera, deve avere skill professionali che anche una consolidata giurisprudenza assimila a quelli dei Dirigenti amministrativi, eppure la tabella di equiparazione dell’Agid lo ha reso equivalente ad un funzionario di amministrazione.
E' quindi evidente che l'intero Comparto Ricerca per le specificità che lo contraddistinguono deve, a nostro avviso, essere escluso dal DPCM.
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UNIVERSITÀ
La tabella 7 relativa all’Università contraddice quanto scritto all’articolo 2 della bozza di Decreto laddove si scrive che per la mobilità va attuato un confronto degli ordinamenti professionali come disciplinati dai contratti, tenendo conto delle mansioni svolte ecc.
Ad esempio per la categoria EP (Elevate Professionalità), che ha come requisito di accesso la laurea + la specializzazione o abilitazione professionale e con mansioni paragonabili ad esempio ai tecnologi degli enti di ricerca, si assiste ad una compressione di questa figura sul livello IV del comparto ricerca, il che non ha senso.
Peraltro per tutti i comparti il passaggio è possibile solo in un verso: nessuno può essere inquadrato in EP, ma gli EP dell’università possono essere inquadrati in tutti i comparti.
Quindi o si tolgono gli EP dalla tabella (come per ricercatori e tecnologi), o si inseriscono almeno i tecnologi come destinazione.
Peraltro l’ad personam sarebbe altissimo e significherebbe un blocco stipendiale per anni e anni, forse fino alla pensione!
Analogamente andrebbe portata in rialzo l’equiparazione per tutte le altre categorie dell’università.
Data la specificità del settore occorrerebbe un diverso approccio per quanto riguarda l’equiparazione tra lavoratori universitari dei policlinici e delle ex Facoltà di Medicina e i lavoratori del Servizio Sanitario Nazionale.
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AFAM
Mansioni, compiti, responsabilità e titoli di accesso della docenza dell’AFAM non sono confrontabili con aree funzionali di altre categorie.
Se la bozza di decreto ritiene che le abilitazioni del profilo professionale di provenienza e di destinazione debbano essere tenute in conto, come ritiene possibile farlo se nell’AFAM non è prevista, a legislazione vigente, alcuna abilitazione nazionale dato che il DPR sul reclutamento previsto dalla legge di riforma N.508/1999 non è ancora stato emanato?
Non vi può essere corrispondenza sancita esclusivamente da un parametro economico e disgiunta da competenze e professionalità.
Sarebbe un vulnus insanabile e la deflagrazione del sistema, un vero disastro.
Per quanto riguarda la corrispondenza tra le figure amministrative e tecniche vi sono, differenze in peius che non possono essere risolte con allineamenti al ribasso.
In definitiva si confermano le stesse storture esistenti per il Comparto Scuola e quindi rivendichiamo il mantenimento dei diritti contrattuali acquisiti.
Per quanto riguarda le caratteristiche della mobilità, il CCNL vigente è ancora insoluto e va però evidenziato come nell’ambito dei rapporti di lavoro nell’AFAM i dipendenti possono essere trasferiti in sedi ben più lontane di 50 km e appartenenti non a comuni diversi, ma a regioni diverse. Ma non esiste al momento alcun istituto contrattuale che disciplini la mobilità d'ufficio.
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