Revisione Testo Unico: i sindacati auditi dalla commissione lavoro del Senato
Audizione informale presso la XI Commissione della Senato sullo schema di decreto legislativo. Senza modifiche profonde al testo in discussione mancano i presupposti per un rinnovo dei contratti dei pubblici dipendenti.
Nella giornata di ieri 19 aprile 2017 si è svolta presso la XI commissione del Senato (lavoro Pubblico e Privato) l’audizione dei rappresentanti della CGIL e delle categorie del Pubblico impiego sullo schema del decreto legislativo proposto dalla Ministra Marianna Madia di modifica del Testo Unico sul pubblico impiego (Decreto legislativo 165/2001).
Per la CGIL, oltre a Michele Gentile coordinatore dei settori pubblici, hanno partecipato Francesco Sinopoli Segretario Generale della FLC CGIL e Federico Bozzanca segretario nazionale della Funzione Pubblica CGIL.
Nell'audizione Michele Gentile a nome di CGIL CISL e UIL ha rappresentato le maggiori criticità del testo in discussione a partire dalla distanza che lo separa dall'accordo del 30 novembre 2016 siglato a Palazzo Vidoni tra sindacati e governo sul rinnovo dei contratti pubblici. C'è ancora uno squilibrio nel rapporto tra legge e contratto a discapito di quest’ultimo, come evidenzia l'articolo 23 (trattamento economico) che destina, per legge, una quota prevalente del salario accessorio alla performance. E ciò conferma un’impostazione fallace del provvedimento che prevarica l’autonomia delle parti negoziali in contrasto con l'accordo del 30 novembre.
Gli Articoli 2, 5 e 40 nell’attuale formulazione confermano un equilibrio sfavorevole al contratto nella sua titolarità a intervenire sul rapporto di lavoro. Mentre la delega Madia parlava, appunto, di convergenza tra lavoro pubblico e privato dove il punto di partenza non può che essere il contratto come fonte regolatrice del rapporto di lavoro.
Inoltre la CGIL ha sottolineato nel suo intervento che la pubblica amministrazione non è un unicum, esistono diversità e specificità: la scuola (su cui peraltro è stato inviato un contributo unitario e analogamente avverrà per ricerca università ed Afam) gli enti locali, le università, i comuni gli enti di ricerca e tutte le altre amministrazioni. Si tratta di contesti organizzativi diversi, in ognuno dei quali vanno individuate regole coerenti che riconoscano le diverse professionalità al fine di assolvere al meglio alle finalità del servizio assegnate a ciascuna istituzione.
In particolare la perequazione dei trattamenti economici con le risorse vigenti non è sostenibile socialmente e giuridicamente. Se si vuole restituire dignità al lavoro pubblico e rendere efficace l’azione delle Pubbliche Amministrazioni è necessario uno sforzo aggiuntivo circa lo stanziamento delle risorse per il rinnovo dei contratti.
Affrontare poi il problema del precariato significa fare i conti con 140.00 precari nelle Pubbliche Amministrazioni, oltre quelli della scuola.
Dopo la consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea e l'orientamento della commissione non può che esserci la stabilizzazione di tutti coloro che a vario titolo hanno compiuto 36 mesi di servizio, ma la normativa attuale si rivolge ad un precario che non esiste e dunque non risolve alcun problema o quasi.
Infatti, mancano risorse ad hoc visto che tutto ciò dovrebbe avvenire nell'ambito delle capacità assunzionali di ciascuna amministrazione.
Lo stesso superamento delle collaborazioni non può che passare attraverso un processo analogo di stabilizzazione.
Ci saremmo aspettati un vero piano sulla produttività nelle pubbliche amministrazioni e non la conferma dell'impianto attuale della legge 150/2009 impostata sulla produttività individuale. Così facendo si sancisce la rigidità di un sistema e si ignorano obiettivi, diversità e peculiarità delle pubbliche amministrazioni.
Se con l'attuale normativa si aprissero subito i tavoli negoziali mancherebbero i presupposti per rinnovare i contratti secondo le coordinate fissate dall’accordo politico del 30 novembre 2016 che individua il lavoro pubblico come una risorsa strategica per il Paese.
Serve quindi chiarezza sulle norme di carattere generale e sulle risorse per il pieno ripristino della titolarità della contrattazione. Tutto ciò che concerne la regolazione del rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti deve trovare la sua fonte privilegiata nel contratto e non nella legge.