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Dura presa di posizione del comitato direttivo della CGIL sull'attacco al contratto e alla democrazia sindacale

Il Comitato direttivo della CGIL ribadisce la contrarietà alle disposizioni contenute nel decreto Brunetta su RSU e contrattazione.

02/10/2009
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Pubblichiamo il documento conclusivo approvato dal Comitato direttivo della CGIL, riunito il 30 settembre scorso, nel quale si ribadisce che lo schema di decreto attuativo della legge 15/2009, cosiddetto decreto Brunetta, rappresenta “ un grave attacco al diritto alla contrattazione nei settori pubblici e il ritorno al primato della politica nella gestione dei diritti del lavoro nelle Pubbliche Amministrazioni e nei settori della conoscenza” e apre la strada “ ad un devastante processo di rilegificazione del rapporto di lavoro a scapito della contrattazione come rischia di avvenire nei settori della scuola se passasse la proposta di legge Aprea.”

Inoltre per quanto riguarda la drastica riduzione dei comparti di contrattazione, la Cgil sottolinea che questa operazione rischia di destrutturare lo stesso ruolo del contratto nazionale. Al contrario è necessario recuperare una coerenza della contrattazione attraverso una struttura dei comparti che mantenga ferma l’autonomia funzionale e ricostruisca la filiera delle attività, a partire dal comparto della conoscenza . Il decreto, come è noto, agisce anche sul versante della rappresentatività e della democrazia sindacale, prevedendo la proroga triennale delle RSU elette.

Su questo versante il Comitato direttivo si esprime in modo netto affermando che “ il congelamento dell’accertamento della rappresentatività e il rinvio, deciso per legge, del voto per la elezione delle RSU , a partire da quelle che si svolgeranno a dicembre nella scuola , già regolarmente indette, sarebbe una iniziativa solo politica, di dubbia legittimità costituzionale”.

Per queste importanti ragioni la CGIL ritiene necessaria una forte iniziativa politica dell’organizzazione tutta e delle categorie interessate per contrastare quanto contenuto nella legge e nel decreto, per far fallire il disegno connesso anche attraverso la mobilitazione necessaria per il rinnovo dei contratti pubblici a fronte delle manovre di rinvio e di penalizzazione del lavoro pubblico.

Roma, 1 ottobre 2009
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Documento conclusivo del
Comitato Direttivo Nazionale della CGIL

La CGIL ritiene la Finanziaria 2010 presentata dal governo alle parti sociali assolutamente sbagliata e inadeguata. Si conferma, dunque, la valutazione negativa relativa alla manovra triennale varata lo scorso anno, i cui tagli continuano a produrre guasti, con una significativa aggravante: la scelta di una Finanziaria leggera come quella attuale è incapace di rispondere alla pesante crisi economica in atto a partire dalla difesa dell’occupazione. In primo luogo la Finanziaria lega i provvedimenti a risorse incerte, prefigurando così una manovra in due tempi vincolata alle risorse generate dallo scudo fiscale, lasciando, peraltro, incerto il ri-finanziamento dei provvedimenti varati nel corso della legislatura. Quella dello scudo fiscale è una scelta vergognosa, a maggior ragione con l’impunità per falso in bilancio e per reati penalmente perseguibili come la falsa fatturazione. A differenza degli altri paesi, lo scudo fiscale in Italia prevede l’anonimato per gli evasori e prospetta una via lecita al riciclaggio, stabilendo un’aliquota irrisoria che varia dall’1 al 5%. Lo scudo rappresenta un intervento che ripercorre la strada dei condoni e che apre la via ad ulteriori condoni a scapito dei milioni di contribuenti onesti, a partire dai lavoratori dipendenti e dai pensionati, che continuano a pagare le tasse anche più del dovuto e vedono ridursi i loro redditi. Al contrario, andrebbe rilanciata la lotta all’evasione e all’elusione fiscale e al lavoro nero, ripristinando le norme antievasione quali la tracciabilità cancellate dall’attuale governo, a partire dal limite per l’emissione di assegni trasferibili e l’obbligo dell’elenco clienti/fornitori, anche con un decreto d’urgenza. Occorre, poi, un’azione decisa per spostare il carico fiscale dal lavoro dipendente alle rendite e alla ricchezza accumulata da quel 10% delle famiglie che detiene il 45% della ricchezza netta totale. Assente anche un impegno del governo con le Regioni sui Fondi per le Aree Sottoutilizzate, le risorse per la Scuola e quelle per la Sanità. Su quest’ultimo capitolo in particolare, nella programmazione di spesa a disposizione delle Regioni mancheranno diversi miliardi di euro, per la prima volta nella storia del servizio sanitario nazionale nel 2010 il finanziamento sanitario previsto è addirittura inferiore all’anno precedente.

Inoltre, sul fronte delle politiche sociali, viene ridotto il Fondo nazionale (altri 300 milioni) e sparisce il Fondo per la non autosufficienza (altri 400 milioni). La denuncia della Conferenza delle Regioni è da noi condivisa poiché così non si possono garantire i livelli essenziali di assistenza e si impedisce il risanamento per le regioni impegnate a rientrare dai disavanzi, nella consapevolezza che investire sul welfare significa anche un’opportunità di sviluppo.

Per tutto questo, ipotizzare che il rinnovo dei contratti pubblici, per i quali allo stato attuale non sono previsti adeguati stanziamenti (circa 7 miliardi nel triennio, di cui 2,5 nel 2010), sia subordinato alle entrate da scudo fiscale è completamente sbagliato, non solo sul piano etico, ma anche su quello strettamente sindacale.

Il CD nazionale della CGIL considera il decreto attuativo della Legge 15/2009 un grave attacco al diritto alla contrattazione nei settori pubblici e il ritorno al primato della politica nella gestione dei diritti del lavoro nelle Pubbliche Amministrazioni e nei settori della conoscenza. Si tratta di una manovra sbagliata e centralistica che segna il sostanziale abbandono della contrattualizzazione del rapporto di lavoro con la quale il Governo si è fatto promotore di un attacco senza precedenti alla contrattazione, al diritto del lavoro, al sistema pubblico e costituisce il quadro nel quale l’accordo separato del 22 gennaio e la successiva Intesa del 30 aprile relativa ai settori pubblici assume una dimensione ancora più grave. Nella sua prima attuazione l’accordo separato mostra il suo fallimento e il suo negare la contrattazione. La Legge 15 ed il decreto attuativo aprono dunque la strada ad un devastante processo di rilegificazione del rapporto di lavoro a scapito della contrattazione come rischia di avvenire nei settori della scuola se passasse la proposta di legge Aprea. Il centralismo della manovra si manifesta anche nello stravolgimento della struttura contrattuale attraverso la forte riduzione del numero dei comparti definita per legge, che rischia di destrutturare lo stesso ruolo del contratto nazionale. La CGIL ritiene che sia necessario recuperare una coerenza della contrattazione attraverso una struttura dei comparti che mantenga ferma l’autonomia funzionale e ricostruisca la filiera delle attività, a partire dal comparto della conoscenza.

La CGIL contrasterà qualsiasi iniziativa legislativa che metta in discussione il sistema della rappresentatività introdotto con la legge alla quale aveva lavorato Massimo D’Antona. Il congelamento dell’accertamento della rappresentatività e il rinvio, deciso per legge, del voto per la elezione delle RSU, a partire da quelle che si svolgeranno a dicembre nella scuola, già regolarmente indette, sarebbe una iniziativa solo politica, di dubbia legittimità costituzionale. Rischierebbe peraltro di segnare la fine di un processo legislativo di consolidamento della rappresentatività democratica nel mondo del lavoro pubblico, privando tutti i lavoratori e le lavoratrici delle pubbliche amministrazioni di partecipare, attraverso la scelta democratica dei propri rappresentanti, alla contrattazione nei luoghi di lavoro; già messa in discussione dal “decreto Brunetta”, ma anche dalla tante iniziative del governo che provocano la crisi dei servizi pubblici e del sistema dell’istruzione. La CGIL ritiene necessaria una forte iniziativa politica dell’organizzazione tutta e delle categorie interessate per contrastare quanto contenuto nella legge e nel decreto, per far fallire il disegno connesso anche attraverso la mobilitazione necessaria per il rinnovo dei contratti pubblici a fronte delle manovre di rinvio e di penalizzazione del lavoro pubblico. La crisi “di domanda” che stiamo attraversando ha necessità di veri interventi antirecessivi, destinati al sostegno dell’occupazione, del reddito di lavoratori e pensionati, degli investimenti. Eppure il nostro Paese risulta l’ultimo tra quelli del G20 in termini di risorse impiegate in misure anticrisi, con appena l’1% sul totale della spesa. In assenza di misure adeguate la crisi occupazionale in Italia si farà ancora più drammatica. Le stime Ocse prevedono una crescita del tasso di disoccupazione dal 6,7% del 2008 al 10,5% nel 2010, comportando la perdita di oltre 1,1 milioni di posti di lavoro. Ciò allunga i tempi di uscita dalla crisi determinando una dinamica molto lenta di recupero dei livelli di crescita e occupazionali precedenti. Alle numerose crisi d’impresa seguiranno ulteriori fallimenti, chiusure e licenziamenti che ridimensionerebbero l’intero sistema produttivo italiano, con il conseguente aumento dell’insolvenza e gravi rischi per la tenuta del sistema bancario.

Per queste ragioni, anche alla luce delle mobilitazioni svolte dal 4 Aprile ad oggi, rilanciamo le nostre priorità:
L’istituzione di una task-force a Palazzo Chigi per le crisi aziendali e settoriali e per difendere l’occupazione, anche con l’obiettivo di realizzare l’impegno ad evitare i licenziamenti.

  • L’allargamento e l’estensione degli ammortizzatori sociali a chi oggi ne è escluso, nel quadro di una riforma organica degli stessi, a partire dal passaggio da 52 a 104 settimane nell’utilizzo della CIG ordinaria e dall’aumento dei massimali previsti e dal prolungamento dell’indennità di disoccupazione a chi sta esaurendo il periodo.

  • La riduzione immediata delle tasse sul lavoro e sulle pensioni, così come chiediamo da un anno a questa parte, da collocare all’interno di una riforma strutturale del fisco ripristinando una vera e piena progressività dell’intero sistema fiscale.

  • Un rinnovato impegno per il Mezzogiorno, particolarmente penalizzato dalla crisi e dal sostanziale azzeramento degli interventi destinati alla riduzione degli squilibri territoriali, che si incentri su nuovi investimenti a partire dalle infrastrutture che sostengano l’occupazione e lo sviluppo anche attraverso agevolazioni fiscali.

  • Una politica industriale che, nel sostenere il sistema manifatturiero italiano, sia incentrata su produzioni, ricerca e sviluppo delle tecnologie verso l’ambiente (green economy e green-job), verso la salute (biotecnologie, macchinari specializzati, etc.) e, più in generale, verso tutte le innovazioni di prodotto e di processo fondate sulla valorizzazione dei saperi e della conoscenza.

  • Va ridefinito il finanziamento sanitario che le stesse regioni valutano sottostimato di oltre 7 miliardi per il 2010 – 2011 proseguendo l’esperienza dell’attuale patto per la salute e ricostituendo il fondo nazionale per la non autosufficienza.

  • L’attivazione del tavolo tra governo e sindacati unitari dei pensionati che affronti le condizioni di vita e di reddito degli anziani e delle non autosufficienze. Temi questi sui quali si svolgerà la settimana di mobilitazione dello Spi dal 2 al 7 novembre.

    Il CD inoltre, ritiene positiva la conclusione del Contratto collettivo nazionale degli alimentaristi che, nel confermare la correttezza delle proposte da noi sostenute, rende evidente che è possibile contrastare e superare l’accordo separato del 22 Gennaio con l’obiettivo di riconquistare i contratti nazionali di lavoro. A maggior ragione va contrasta l’azione di Federmeccanica che sceglie la strada del conflitto e delle divisioni sindacali. Per questo sostenere lo sciopero indetto dalla Fiom per il giorno 9 Ottobre e sostenere le manifestazioni previste è una scelta che impegna tutta la Confederazione.

    Il CD condanna l’attacco sempre più pesante alla libertà d’informazione condotto tramite intimidazioni continue da parte del governo e conferma la propria adesione e l’impegno in preparazione della grande manifestazione del 3 Ottobre. La questione della rappresentanza e rappresentatività sindacali nei luoghi di lavoro, così come il voto dei lavoratori, devono assumere un ruolo centrale nella lotta per l’affermazione della democrazia.

    Democrazia e rappresentatività insieme alla questione fiscale, a partire dallo scudo fiscale, sono le due priorità su cui il Direttivo decide di sviluppare due campagne di informazione, sensibilizzazione e mobilitazione capaci di coinvolgere insieme al mondo del lavoro e dei pensionati l’insieme della società civile.

Al fine di sostenere i nostri obiettivi il CD decide di:

  • Organizzare una partecipazione di massa alla manifestazione del 3 Ottobre a Roma.

  • Promuovere una iniziativa nazionale che si svolgerà nelle piazze di Roma, con al centro la difesa dell’occupazione e la politica industriale per uscire dalla crisi e che vedrà la sua conclusione il 14 Novembre, con una grande manifestazione nazionale.

  • Organizzare una partecipazione di massa alla manifestazione contro il razzismo del 17 ottobre a Roma.

  • Realizzare la Seconda giornata della tutela individuale “Diritti in piazza” per il 7 novembre.

  • Organizzare una iniziativa sul tema della casa per il 19 novembre (a 40 anni dallo sciopero generale della casa del 19 novembre 1969).

  • Realizzare una giornata di mobilitazione, con manifestazioni regionali in tutte le realtà del Mezzogiorno, da tenersi il 28 di novembre, con al centro i temi del lavoro, dell’occupazione, dello sviluppo sostenibile e per politiche che affrontino i nodi del divario strutturale e del dualismo che caratterizza il nostro Paese.

Roma, 30 settembre 2009