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A proposito dell'area tecnico-professionale

Il Ministro Fioroni a Caserta ha proposto la costituzione di un’area tecnico-professionale. Un’idea condivisibile, ma nel declinarla gli equivoci e i problemi non mancano

24/01/2007
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Le polemiche suscitate dall’uscita casertana del Ministro della Pubblica Istruzione Fioroni in merito alle fondazioni hanno finito col mettere in ombra l’altra parte del suo ragionamento che riguardava i processi da attivarsi nel settore tecnico-professionale dell’istruzione secondaria di secondo grado.

Diceva in merito il comunicato del Ministro:

La proposta prevede anche l'istituzione dell'area tecnico-professionale nelle scuole superiori di secondo grado e il riordino degli istituti tecnici e degli istituti professionali; un albo nazionale per le qualifiche professionali triennali; l'istituzione di un polo tecnico-professionale (almeno uno per provincia) che comprenda istituto tecnico, istituto professionale, percorsi triennali e alta qualificazione tecnico-professionale di tipo non universitario.”

Le intenzioni del Ministero sono dunque le seguenti:

1. istituire un’area tecnico-professionale

2. riordinare gli istituti tecnici e gli istituti professionali

3. istituire un albo nazionale per le qualifiche professionali triennali

4. istituire in ogni provincia almeno un polo tecnico-professionale.

1. Istituire un’area tecnico-professionale

Sul primo punto la FLC Cgil non può che essere d’accordo. Fino dal 2002 (Convegno di Bari, “Le prospettive dell’istruzione professionale in Italia, 2-3 dicembre 2002) la, allora, CGIL Scuola si era pronunciata per l’istituzione di un forte settore tecnico-professionale pubblico e statale. Era quella una prima controproposta alle intenzioni del Ministro Moratti di procedere ad uno scorporo dell’istruzione professionale italiana dal sistema scolastico vero e proprio per inserirla nel secondo canale (quello, regionalizzato, dell’istruzione e della formazione professionale) del cosiddetto “sistema educativo di istruzione e formazione”.

Ma, dal momento che per inverare il detto “la via dell’inferno è lastricata dalle buone intenzioni” non sembra esservi luogo più adatto della scuola, sarebbe bene sciogliere alcuni equivoci.

Se, stando ad altre dichiarazioni del Ministro Fioroni e della Viceministro Bastico, sembra ormai fuori discussione il fatto che gli attuali istituti professionali rimarranno statali, è pur vero che un’eccessiva insistenza sul percorso tecnico-professionale, a cui implicitamente fa da pendant la diversità di un settore liceale, rischia di riprodurre comunque, anche se all’interno dello Stato, quello stesso dualismo che si rimproverava al Ministro Moratti.

2. Riordinare gli istituti tecnici e professionali

Molto meglio quindi vedere concretamente i problemi che si pongono nell’istruzione tecnica e professionale: non solo quelli legati alla dispersione, più ampia in questi settori scolastici che nel settore liceale e già ampiamente denunciata, ma anche quelli relativi al ruolo svolto dall’istruzione tecnica, in primo luogo, e poi anche da quella professionale nella scolarizzazione secondaria superiore di massa. Un ruolo “sociale” che affondava le sue radici in una concezione del rapporto tra lavoro manuale e intellettuale ormai anacronistica di fronte all’esplosione del terziario, della comunicazione sociale, della società dei servizi e dell’informatica. Un ruolo “sociale” che inevitabilmente ha offuscato il ruolo “vocazionale” originario di queste tipologie scolastiche. Un ruolo “sociale” che dovrebbe essere a questo punto più razionalmente risolto attraverso l’innalzamento dell’obbligo a 16 anni in un biennio unitario orientativo inequivocabilmente scolastico.

E con queste argomentazioni siamo nel cuore del secondo punto: il riordino degli istituti tecnici e professionali. Qui si pongono alcune questioni, su cui di seguito sarebbe utile aprire una discussione. Riordinare tecnici e professionale nell’abito di un unico settore significa che ci si muove in direzione di una loro unificazione? Non è forse vero che dal Progetto ’92 in poi si è da più parti gridato alla creazione di un doppione? Non è forse l’ora di fare un altro passo nella direzione di una scuola tecnico-professionale unica che consenta (come oggi fa il solo professionale) anche un’uscita su una qualifica triennale?

3. Istituire un albo nazionale per le qualifiche professionali triennali

E ancora: se si parla di qualifiche triennali (e siamo con ciò al terzo punto) a chi spetterà la definizione di queste qualifiche?

Di fatto siamo in ambito di confine tra Ministero del Lavoro, Regioni ed anche Ministero della Pubblica Istruzione: un territorio troppo conteso perché la Pubblica Istruzione possa avocarsi in maniera unilaterale tutte le prerogative, come sembra lasciare intendere il Ministro Fioroni. E da qui discenderà anche il l’attribuzione di competenze circa il rilascio dei titoli: se spetterà alla scuola o alla formazione professionale. Pena il rischio che si riproducano le contraddizioni a cui assistiamo oggi. Da un lato infatti abbiamo qualifiche regionali che non hanno valore nazionale, dall’altro, in alcuni casi (ad esempio nel settore socio-sanitario), abbiamo anche qualifiche statali che non valgono se non sono suffragate da quelle regionali.

Già le Regioni negli ultimi mesi si sono prodigate prima con unaccordo tra Regioni e successivamente con l’accordo Stato-Regioniper un riconoscimentoa livello nazionale di 14 qualifiche professionali. C’è la necessità di riaprire tutta la discussione sulle qualifiche professionali e la loro spendibilità a livello nazionale che non può concludersi con l’istituzione di un albo nazionale se a monte non ci sono intese tra i ministeri che insistono sul settore.

4. Istituire un polo tecnico-professionale in ogni provincia

Da ultimo ci viene proposta l’istituzione in ogni provincia di poli tecnico-professionali, nel numero di “almeno uno”. E si dice che questi poli dovrebbero prevedere al proprio interno l’istituto tecnico, l’istituto professionale, i percorsi triennali ( quelli dell’accordo Stato-Regioni) e gli IFTS.

Immediatamente sorge un dubbio: che il già citato riordino dell’istruzione tecnica e professionale si riduca alla vicinanza delle due scuole (come nel campus della Moratti, che però era “aggiuntivo”). Come dire: cambiare tutto per non cambiare niente.

A queste infatti si aggiungerebbero anche i percorsi triennali. Orbene questi dovrebbero essere per legge provvisori: fino all’arrivo a regime dell’obbligo a 16 anni, vale a dire fino al 2009. Ma se sono provvisori che bisogno c’è di prevederli come terzo canale all’interno di un’area tecnico-professionale che a sua volta rischia, come abbiamo visto, di essere un secondo canale rispetto ai licei?

Infine si aggiungerebbero i percorsi IFTS, che però a questo punto sarebbero blindati all’interno del polo scolastico, prevedibilmente uno per provincia. Quindi avremmo di fatto un solo IFTS per provincia.

Ma c’è anche dell’altro:se la parola polo tecnico-professionale letta in chiave riduttiva evoca scelte un po’ gattopardesche, letta in chiave un po’ più sostenuta non può non evocare il Polo Tecnologico di matrice confindustriale. Il primo pone una serie di problemi che vanno dal senso di una struttura formativa tutta calibrata sul bacino produttivo ( e poi perché solo produttivo in piena crisi dell’”industrialismo”?), alla differenza tra ciò e la totale indipendenza dei licei da cose di questo genere,alle garanzie di autonomia del sapere e della formazione dei giovani fino alla questione della gestione di questo polo. E a questo punto la cosa si connetterebbe con il ragionamento di Fioroni sulle fondazioni e sulla loro gestione: ma se fosse davvero così la soluzione sarebbe non molto dissimile da quella a suo tempo prevista dal Ministro Moratti per i campus.

Conclusioni

Ci par di capire dunque che, per la quantità e la qualità degli argomenti trattati, si vanno delineando gli elementi un dibattito interessante e decisivo. Un dibattito che innanzi tutto dovrebbe essere fatto non nelle segrete stanze. E ci pare invece che anche questo Ministero, che di commissioni al lavoro sui più svariati argomenti, formate da non si sa chi, ne ha già parecchie, non apra a sufficienza la discussione con il mondo della scuola reale e con le sue rappresentanze più qualificate. Almeno non con quelle numericamente più qualificate!

Roma, 24 gennaio 2007