Audizione del Ministro Gelmini sulla ricerca
Il Ministro Gelmini presenta alla Commissione Cultura della Camera il suo programma. La FLC lo commenta nel contesto delle iniziative del Governo.
Abbiamo letto con grande attenzione la relazione che il Ministro Mariastella Gelmini ha fatto alla Commissione Cultura per la parte che riguarda la ricerca.
Certo ci è difficile ritrovare una coerenza tra queste posizioni ed i colpi di mano a cui stiamo assistendo da parte del Governo sugli enti di ricerca (soppressioni, fusioni e creazioni di nuovi enti attraverso decreti ministeriali ignorando ogni dettato costituzionale sull’autonomia della ricerca ed il benché minimo confronto).
Al Ministro Gelmini, che ha fatto riferimento al Ministro Ruberti (a noi molto caro), il primo che ha cercato di realizzare un sistema della ricerca nel nostro paese e poi in Europa, ricordiamo che alla base di un serio sistema di ricerca pubblica sta un trinomio: programmazione, autonomia e valutazione. Se anche solo uno di questi elementi viene a mancare il sistema non può funzionare.
La programmazione è compito di Governo e Parlamento e con la programmazione si stabiliscono sia le direzioni verso cui il nostro Paese deve andare, tenendo conto di quanto avviene a livello europeo, sia le risorse che vengono messe a disposizione. Perché se è vero, come dice il Ministro, come stiamo denunciando da tempo ed in tutti i modi, che in Italia si investe troppo poco in ricerca e con queste cifre, è difficilissimo, se non impossibile, competere, è evidente che l’aumento delle risorse al sistema pubblico della ricerca non va d’accordo con il taglio delle stesse risorse indiscriminatamente ai settori pubblici e con una malintesa idea di mercato che significa l’assenza di ogni funzione dello stato.
L’autonomia, indispensabile per la ricerca sia a livello di enti sia di personale di ricerca, deve, ovviamente, essere coniugata con la responsabilità. Ogni volta che si utilizza il denaro pubblico c’è un obbligo di rendere conto, non solo agli organismi vigilanti, ma a tutta la cittadinanza. E per questo deve esistere la valutazione.
Per il mondo degli enti pubblici di ricerca la valutazione è fondamentale, ma per i ricercatori che vi operano esiste già. Ogni pubblicazione, per divenire tale, viene sottoposta a valutazione e, quanto più è eccellente la sede di pubblicazione, tanto più la valutazione è rigorosa e compiuta a livello internazionale, quindi difficilmente pilotabile. Ma chi è abituato a presentare progetti internazionali sa che anche questi non saranno accettati se non dopo una pesante valutazione. Nessuna paura quindi della valutazione, qualunque sia l’organismo che la realizza, purché non sia preconcetta e “a priori”.
A fronte di tutto questo la produzione scientifica pro capite dei ricercatori italiani è superiore del 67% a quella della media europea. E, addirittura, solo i colleghi tedeschi riescono a presentare pro capite più brevetti degli italiani. Quindi i ricercatori già oggi hanno la capacità e la disponibilità ad essere utili per il paese.
Sul reclutamento e sui giovani ci fa piacere che il Ministro faccia sua una nostra precisa parola d’ordine/denuncia: non è possibile lasciare un’intera generazione ai margini del sistema della ricerca.
Da tempo abbiamo detto e ripetuto ai vari governi che non si possono bloccare le assunzioni, che non si può lasciare che i migliori cervelli fuggano dall’Italia e che chi sceglie di rimanervi o di ritornarvi continui per anni ad essere invisibile e senza diritti. Lo diciamo noi e lo dice l’Europa. Fino ad oggi troppo poco è stato ottenuto. Ci aspettiamo quindi dal DPEF e poi dalla legge finanziaria subito tanti concorsi. Ma è sicuramente contraddittorio ed inaccettabile che si pensi di bloccare le stabilizzazioni in atto.
Sulla parte specifica sugli enti di ricerca i temi presentati dal Ministro sono diversi.
La Flc e tutta la Cgil hanno sempre richiesto che si realizzasse un coordinamento tra i diversi ministeri per creare un serio sistema della ricerca pubblica dove potessero crearsi quelle sinergie che sono necessarie per ottenere reali risultati.
Siamo quindi pronti a confrontarci sulle missioni degli enti, sulla mobilità dei ricercatori, su come costruire quella massa critica della ricerca del paese che permetta di ricuperare il gap che ci allontana sempre di più dagli altri paesi.
Siamo anche convinti che non possano essere né le scorciatoie di chi vede in uno stesso settore scientifico enti e gruppi di ricerca diversi, ma ignora le differenti specificità e capacità né soprattutto le imposizioni in decreti con tutt’altri obiettivi che approfittano dell’occasione per operare spoil system o ripulisti. Che è esattamente ciò che sta accadendo (si veda l’assurda vicenda di Apat, Icram, Infs)
Su tutto l’ampio e fondamentale tema del trasferimento e dell’innovazione i fondi europei, e quelli che l’Italia deve aggiungere sono l’occasione per far decollare una seria operazione di incontro tra domanda, che deve essere aiutata ad esprimersi, ed offerta che esiste e può e deve crescere. Ovviamente se i fondi non saranno, come sembra di vedere, dirottati su tutt’altro che nulla ha a che fare con la ricerca, l’innovazione e lo sviluppo.
Non abbiamo bisogno di altre indagini, questo è il tempo delle decisioni positive a partire da ciò che le indagini ci hanno già detto.
Infatti, possiamo offrire in dono al Governo quella realizzata solo tre anni fa: le risorse economiche e quelle di personale da allora non sono cambiate, sui risultati scientifici basta chiedere all’Europa.
Il Ministro sarà all’iniziativa che faremo sui ricercatori che costituirà un’occasione importante per un primo confronto con la comunità scientifica.
La FLC, che ha il maggior livello di rappresentanza nel mondo della ricerca in particolare tra i ricercatori, chiede con forza di aprire un confronto sui temi che sono centrali per il Paese e riguardano il suo sviluppo che non può che essere basato sulla conoscenza e su una politica economica nella quale il termine conoscenza sia indissolubilmente legato al termine investimento.
Roma, 19 giugno 2008