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Emilia Romagna: "I docenti alla Lombardia, qui niente. E allora sciopero"

«non vogliamo certo negare dei bisogni. Diciamo però che i bisogni e le aspettative dell’Emilia-Romagna hanno pari dignità. E che i diritti non possono essere a geometria variabile, a seconda del colore delle amministrazioni politiche

06/05/2011
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l'Unità

Adriana Comaschi

Non sarà in prima fila - gli striscioni di apertura dei cortei a Bologna saranno in mano ai lavoratori della Verlicchi e a quelli del commercio -, in compenso sarà in buona compagnia: con lei sciopererà la quasi totalità della direzione scolastica 3. Stefania Ghedini, 55 anni, maestra delle Manzolini al Saragozza, oggi sarà in piazza contro le politiche di un governo «che vuole affamare la scuola pubblica»,unodei settori emblema delle politiche di questo esecutivo. Dunque contro il terzo anno di tagli, a cui si è aggiunta l’ultima beffa: 400 posti, restituiti mercoledì dal ministro Gelmini alla Lombardia in organico di diritto. Posti su cui dunque si potranno effettuare delle assunzioni. Guarda caso a una settimana dal voto a Milano, definito dallo stesso premier Berlusconi «di valore nazionale». Eallora tutti in corteo, «perché insegno da 32 anni e non ne posso più: le condizioni di lavoro sono sempre peggiori e possiamo aiutare sempre meno chi ha bisogno, questa è la mia frustrazione». Un esempio? «Tutte le nostre prime classi a settembre avranno 24 o 25 alunni nonostante in ciascuna ci sia un allievo certificato - spiega la maestra -: per legge non si dovrebbe superare il tetto di 20 bimbi». Un dato drammatico. Poi c’è il tempo pieno che si sfalda per coprire le normali ore di lezione, il laboratorio di alfabetizzazione tagliato nonostante il40% di alunni stranieri, il taglio dei collaboratori scolastici «che mette a rischio la sorveglianza stessa delle strutture».In sciopero per salvare la qualità, insomma. E per i colleghi precari. «Molti non ci saranno, non se lo possono permettere: spesso - racconta ancora Ghedini - si tratta di donne  non g iovanissime, che hanno lasciato la famiglia in un’altra città ». Che effetto fa, in tutto questo, sapere della mano tesa alla sola Lombardia? «Si vede che qui votiamo dalla parte sbagliata, ormai è palese: l’anno scorso hanno ridotto i tagli anche in Lazio, in Emilia invece hanno sempre e solo tolto - scuote la testa la maestra -: ci uccidono lentamente, così che anche reagire diventa più difficile». La notizia in effetti ha dell’incredibile. Lo denuncia la Flc-Cgil regionale, all’attacco sulla disparità di trattamento tra i due territori: a settembre in Emilia-Romagna ci saranno 881 docenti in meno, a fronte dell’ennesima crescita di alunni (+8,14% negli ultimi 5 anni), e con una media di allievi per classe che è già la più alta d’Italia. «Il dubbio che la retromarcia del ministero sia a fini elettorali c’è - accusa la segretaria Raffaella Morsia -. La novità non è Stata nemmeno discussa con i sindacati, si tratta di una decisione unilaterale, senza trasparenza: con che criteri quei posti sono stati dati alla Lombardia, e non ad altre regioni? ». Certo, anche il fuedo di Formigoni aveva patito dei tagli, «non vogliamo certo negare dei bisogni. Diciamo però che i bisogni e le aspettative dell’Emilia-Romagna hanno pari dignità. E che i diritti non possono essere a geometria variabile, a seconda del colore delle amministrazioni politiche». Ecco perché la mobilitazione non si fermerà a oggi. La Cgil chiederà un incontro urgente al direttore dell’Ufficio scolastico regionale, «concorde con noi sull’insufficienza dell’organico per garantire anche il minimo tempo scuola». Quindi si appella «al presidente Errani e all’assessore regionale Patrizio Bianchi, perché facciano pressioni sul Ministero. Spero poi che dicano la loro anche le altre sigle sindacali - punzecchia Morsia - visto che sono le uniche con cui questo governo interloquisce ». In gioco ci sono 10 milioni: considerando uno stipendio medio di 25 mila euro l’anno, a tanto ammonta il valore dei posti concessi sopra il Po.