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Liberazione: Gli studenti di un istituto tecnico di Torino non vogliono timbrare il cartellino prima di entrare in classe

e per questo il loro preside medita una punizione esemplare

12/05/2006
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Liberazione

Gli studenti di un istituto tecnico di Torino non vogliono timbrare il cartellino prima di entrare in classe, e per questo il loro preside medita una punizione esemplare: la sospensione di massa per tre giorni.
Succede all’Itis “Peano”, una scuola fatiscente della cintura urbana torinese che accoglie 700 alunni, da due anni obbligati a passare il loro codice personale sotto un codice ottico.

Gli obiettivi, secondo il dirigente scolastico Alfonso Lupo, sono due: il primo è correggere la condotta dei molti ritardatari che si presentano in classe regolarmente cinque o dieci minuti dopo il suono della campanella; il secondo è abituare gli studenti al mondo delle aziende.

Alla maggior parte dei ragazzi e dei docenti la timbratura non è mai andata giù, e ora che il preside minaccia la sospensione per almeno duecento ragazzi, decidono di fare sentire le loro ragioni. Marco Rotella è rappresentante di istituto. E’ allibito: «Sono mesi che diciamo che il codice ottico, prima di tutto, non funziona: chi vuole marinare la scuola basta che dia il proprio libretto ad un compagno, ed è fatta. E poi non ha senso: una volta in classe, l’insegnante fa l’appello tradizionale con il registro e, pochi minuti dopo, deve interrompere la lezione per verificare il foglio ottico portato dal bidello». Gli studenti dell’istituto tecnico, ferrati in informatica, hanno persino presentato un progetto alternativo: un registro elettronico che comunica direttamente alla segreteria i presenti e gli assenti. Ma il preside e il suo vicario, curatore personale del progetto, non hanno mai voluto mettere in discussione il lettore ottico, che a quanto pare ha richiesto la consulenza (con relativo compenso) di alcuni professori del “Peano”.

Inefficienze e perdite di tempo a parte, è la «portata simbolica» a preoccupare di più i professori. Come Giovanna Lopresti, docente di italiano: «Con la bollatrice vogliono aziendalizzare la scuola. Ma la scuola non è un’azienda. Hanno voluto risolvere un problema come quello degli eterni ritardi burocratizzando il sistema. I ragazzi, invece, hanno bisogno di dialogo, non di presentarsi con un codice a barre». Rotella assicura, dopotutto, che i ritardatari continuano con le proprie abitudini, dovute spesso ai mezzi pubblici con cui raggiungono la scuola.

Il “Peano” non è l’unico a sperimentare il cartellino. Già un altro istituto torinese era giunto alla conclusione che il sistema era fallito, mentre allo storico “Avogadro” si progetta di rilevare la presenza dei docenti con le impronte digitali. Questi sistemi sofisticati vengono finanziati dalla Cassa di Risparmio di Torino, con un vincolo ben preciso: la scuola deve impiegare il denaro in un progetto approvato dalla banca. E così gli istituti, che avrebbero bisogno di banchi nuovi, lavagne moderne e computer, optano invece per sistemi di sicurezza che imitano le imprese.

La. Edu.