Iscriviti alla FLC CGIL

Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa locale » Manifesto: La rabbia di Palermo: «Gelmini licenziata»

Manifesto: La rabbia di Palermo: «Gelmini licenziata»

Lezioni in piazza in diverse città, un imponente corteo nel capoluogo siciliano, superiori occupate. Il ministro Gelmini prova a tenere separate le proteste

21/10/2008
Decrease text size Increase text size
il manifesto

Lezioni in piazza in diverse città, un imponente corteo nel capoluogo siciliano, superiori occupate. Il ministro Gelmini prova a tenere separate le proteste e dice: «La mia riforma non riguarda l'università, che però va svecchiata». Ma dalle elementari agli atenei la battaglia si salda e si gonfia giorno dopo giorno Venticinquemila studenti medi e universitari sfilano contro la riforma. «La mafia si combatte con la cultura»
Patrizia Abbate
PALERMO
I segnali c'erano tutti: venerdì scorso l'assemblea di ateneo aveva dovuto cambiare sede in corsa, per eccesso di partecipanti. L'aula magna di Ingegneria, coi suoi 1300 posti, non era riuscita a contenere la rabbia e la voglia di esserci di studenti e docenti palermitani, che si erano riversati poi - in oltre quattromila - nel grande cortile della facoltà di Architettura.
Ieri a Palermo il "miracolo" si è ripetuto amplificato. Ventimila, forse venticinquemila, in piazza: lungo il corso Vittorio Emanuele, che degrada verso il mare, la folla si allunga dalla cattedrale a piazza Marina. Un corteo così non si vedeva da lustri e per una volta persino gli organizzatori sono stati scavalcati dalla realtà: hanno stimato le presenze in quindicimila, erano di più, e non solo universitari ma anche studenti medi che sono sfilati in un corteo autonomo poi confluito nell'altro, a ingrossare la marea colorata fin sotto il rettorato, spinti anche dalla voglia di gridare il proprio no in faccia a Mariastella Gelmini; ma lei, attesa per partecipare a un convegno, ha dato forfait, naturalmente. Troppo stressante, appena lasciato il rassicurante abbraccio del movimento studentesco padano, buttarsi tra la folla arrabbiata del Sud, che pagherà il prezzo più alto di questa riforma, dopo essersi beccata pure gli insulti dalla ministra. Che è stata ricambiata. «Vogliamo una sola disoccupata. Gelmini: sei licenziata», era lo slogan più morbido tra i tantissimi urlati in piazza, da manifestanti arrivati attraverso il tam tam dei siti internet di protesta che si stanno moltiplicando e «convocati» dalla facoltà di Lettere, che ancora una volta ha assunto la guida della lotta universitaria in città e da una settimana è in assemblea permanente.
L'adesione alla rivolta è ampia. Stavolta al fianco degli studenti ci sono non solo ricercatori, «assegnisti» e dottorandi, ma anche i docenti ordinari e associati. Uno di questi è Antonio Gentile, che insegna ingegneria informatica e si preoccupa della «visibilità della protesta». «E' una riforma non pensata, finalizzata solo a eliminare capitoli di spesa e attuata in modo unilaterale e devastante, soprattutto in una terra come la nostra dove la differenza, nella lotta alla mafia, si fa con la cultura. Ma come facciamo a spiegarlo alla gente? Quante persone sono in grado di recepire che tutto questo, tra cinque anni, lo pagheranno i loro figli?».
Un movimento di base, cresciuto in questi giorni in sordina a Palermo, che ieri si è mostrato sorprendendo tutti. Pure il giovane neoeletto segretario provinciale di Rifondazione, Erasmo Palazzotto: «Per la prima volta in tanti si mobilitano su un'idea generale, la difesa della scuola pubblica», si rallegra. E non ci sono né bandiere di partito né di sindacati. Ma alcuni dirigenti della Cgil sono lì, in testa il segretario regionale Italo Tripi, per il quale «una protesta che mette insieme docenti e studenti è il segnale inequivocabile di un malessere reale che il governo farebbe bene a cogliere». Altri sognano quanto «sarebbe bello allargare la contestazione anche ai temi del lavoro, coinvolgendo gli operai».
I più giovani ci credono. Coi megafoni arringavano passanti e cittadini affacciati ai balconi: «Questo è solo l'inizio, non ci arrenderemo, unitevi a noi», gridavano. Mentre con gli striscioni ribadivano il no assoluto alla riforma Tremonti-Gelmini. Su questo hanno trovato appoggio in due rettori, l'uscente Giuseppe Silvestri e il neoeletto Roberto Lagalla, ex assessore del governo Cuffaro, che si insedierà tra dieci giorni. Entrambi hanno aderito alla richiesta dell'assemblea d'ateneo, di sospendere oggi le lezioni per un nuovo corteo di tutta l'università, a cui prenderanno parte. Prima, si svolgeranno assemblee in tutte le facoltà, mentre Silvestri oscurerà il sito web dell'ateneo, dove comparirà una nota in cui spiegherà la sua posizione rispetto alla riforma; e ha promesso che incontrerà il prefetto dopo il corteo, «per rappresentare il disagio che stiamo vivendo». Agli studenti però Silvestri ha chiesto di non bloccare le lezioni, ma è proprio questo che sarà discusso nelle assemblee. L'orientamento è quello del blocco, almeno fino all'insediamento di Lagalla. E per giovedì è già fissata una lezione in piazza Verdi, davanti al teatro Massimo, mentre anche Catania si comincia a svegliare: ieri è stata occupata l'aula magna di Scienze Politiche. E' proprio vero, non è che l'inizio.