Manifesto: Maria, Giacomo, Liella Palermo non mangia più
SCIOPERO DELLA FAME Le voci degli insegnanti a termine siciliani
Alfredo Marsala PALERMO
Dopo undici giorni di angoscia per la salute dei loro compagni ieri sera al presidio di Palermo c'è stata una piccola festa. Giacomo Russo e Francesco Paolo Di Maggio, entrambi assistenti di laboratorio, hanno interrotto lo sciopero della fame. Tanto è bastato a far tornare, per un attimo, il sorriso sulle labbra dei precari del coordinamento scuola, impegnati in una dura vertenza contro i tagli del ministro Gelmini. In via Praga, un budello di strada a pochi passi dal viale dello shopping, al banchetto allestito dai lavoratori i volti degli uomini e delle donne che protestano da diversi giorni sono un po' più sollevati.
Le condizioni di Russo e Di Maggio avevano fatto molto preoccupare e il coordinamento due giorni fa aveva lanciato un appello a sospendere lo sciopero. Anche Giovanni Bologna, Rossella Di Gregorio e Liella Stagno hanno ricominciato a mangiare. E' stata una telefonata del governatore siciliano, Raffaele Lombardo, a convincere Russo e i suoi compagni a smetterla col digiuno; Lombardo ha promesso di incontrare una delegazione del coordinamento giovedì prossimo, due giorni dopo la riunione che i sindacati avranno con l'assessore alla pubblica istruzione Lino Leanza per sbloccare l'accordo tra la Regione e il Miur in modo da avviare al lavoro 1.800 persone nel più breve tempo possibile e non in due anni come previsto. Un altro risultato il coordinamento l'ha incassato a fine giornata: Flc Cgil, Cisl e Uil scuola e Snals hanno organizzato una manifestazione a Palermo per lunedì 14, con concentramento in piazza Marina. Nella piattaforma i sindacati inseriscono quattro punti: la modifica del provvedimento sui tagli, tutele economico-giuridiche per il personale rimasto senza contratto, un piano pluriennale di stabilizzazione di docenti e personale Ata e un tavolo alla Regione.
In vista della manifestazione i sindacati hanno sospeso l'occupazione degli uffici dell'ex provveditorato: «ma - dice Calogero Guzzetta, segretario Flc Cgil di Palermo - non è una smobilitazione, in quanto spostiamo la nostra protesta in piazza per giorno 15». Ai precari in presidio i sindacati hanno donato un bagno chimico, che era stato richiesto invano al comune amministrato dal sindaco Diego Cammarata, che finora non ha speso una sola parola, nemmeno di solidarietà, per i lavoratori. Loro però andranno avanti. «Non ci arrendiamo - dice Maria Pia Labita, insegnante e componente del coordinamento - proseguiremo la protesta fino a quando non riavremo i nostri posti». Ogni giorno all'ufficio di via Praga sembra una via crucis. «Ho visto uomini con gli occhi gonfi di lacrime - aggiunge Labita - colleghi disperati, gente in preda a crisi. Non è giusto essere trattati in questo modo». In Sicilia, secondo i sindacati, sono 7.200 le vittime del decreto Gelmini. Proteste sono in corso da giorni pure a Catania e Messina, dove gruppi di sindacalisti hanno occupato l'ufficio scolastico. «A Palermo molti precari - conclude l'insegnante - hanno un'età avanzata, per cui non c'è altra prospettiva; c'è anche chi è solo, senza famiglia e adesso senza più reddito».
Liella Stagno, docente di discipline giuridiche, da quattro anni pensava di avere finalmente trovato una stabilità: «Ho iniziato facendo il grafico pubblicitario, poi ho intrapreso la carriera scolastica; non ricevo aiuti da nessuno e ho dovuto rinunciare a una famiglia». L'esperienza di Rossella Di Gregorio, 34 anni, è simile a quella di tante altre insegnanti: «L'anno scorso sono stata a Ustica e in precedenza ho fatto le sedi di montagna, ma non è servito a nulla».
Antonina Di Giovanni ha 44 anni, 4 figli di cui uno affetto dalla sindrome di Down, un mutuo da pagare e ora, dopo 12 anni di precariato alle elementari, è disoccupata. Ieri si è recata negli uffici dell'ex provveditorato nella speranza «di un miracolo - dice il marito Francesco Panzera, operaio disoccupato di 42 anni - ma le hanno detto che è fuori numero».
«Cosa possiamo offrire ai nostri figli se non abbiamo neanche i soldi per mangiare? - sussurra l'operaio - Io ho perso il lavoro da 5 anni e mia moglie era l'unica che guadagnava. Ora neanche questo. Come facciamo a campare?». All'esterno dell'ufficio di via Praga sono appesi cartelloni contro la riforma Gelmini: «Ci avete lasciato in mutande», «La Gelmini è contro il futuro dei nostri figli» e ci sono delle croci nere di cartone con al centro le foto di alcuni precari.