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Mattino di Padova-BISOGNA INVESTIRE SUI DOCENTI PER MIGLIORARE LA SCUOLA

L'INTERVENTO BISOGNA INVESTIRE SUI DOCENTI PER MIGLIORARE LA SCUOLA Luigi Lazzaro Padova Caro direttore, seguo con particolare attenzione le lettere dirette al suo quotidiano: una interessante ...

07/09/2002
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Il Mattino di Padova

L'INTERVENTO
BISOGNA INVESTIRE SUI DOCENTI PER MIGLIORARE LA SCUOLA

Luigi Lazzaro Padova

Caro direttore, seguo con particolare attenzione le lettere dirette al suo quotidiano: una interessante "pagina aperta" sulle realtà che viviamo con i tanti casi e problemi particolari e locali, indicativa assia se collegati a quelli nostri più generali; vedi ora la scuola, in questi giorni specie, al centro di tante attenzioni e tensioni. Riparte l'anno scolastico e, parlare di scuola, penso sia bene ripartire dalle realtà che emergono dalle conclusioni di fine anno; cioè dal prodotto "scuola". A questo rimanda appunto ed incisivamente la lettera riportata il 16 luglio u.s. dal titolo eloquente: "Finalmente lontana dalla scuola" inviata dalla signora Carla C. di Padova, che si presenta "mamma di tre ragazzi: l'ultimo ha terminato la scuola quest'anno con gli esami di maturità, sostenuti per la seconda volta, essendo stato bocciato l'anno scorso".
Da qui muove lo sfogo liberatorio della lettera che aggredisce il rapporto scuola-figli ed evidentemente anche scuola-genitori, sulla scorta di più esperienza negative, per uscirne con un'aspra requisitoria centrata sugli insegnanti; a ragione chiamati per primi in causa su una scuola che non corrisponde. E qui a mio giudizio sta il nodo centrale, ancora trascurato, della tanto proclamata ed agitata riforma della scuola, cioè la figura dell'insegnante.
Scrive la signora Carla: "... ne ho conosciuti tanti, ma solo l'uno per cento avrebbe il diritto di essere chiamato così. Sono un insieme di scansafatiche, impreparati..." ed accompagna al giudizio alcune puntuali osservazioni e riflessioni, che mi hanno indotto ad aggiungere queste mie su un tema centrale per l'avvenire dei nostri ragazzi ed il futuro della nostra società.
Ebbene il giudizio espresso è tagliente e forse sommario, perché, va detto subito, insieme agli insegnanti ci sono altre figure e fattori, famigliari prima oltreché sociali, da chiamare in causa. Ma la realtà denunciata è purtroppo estesa, tristemente vera.
Lo scrivente sottoscritto ha vissuto la realtà della scuola dall'interno e dall'esterno: quaranta anni d'insegnamento nei due livelli scolastici dell'obbligo, elementari e medie; quattro figli passati attraverso diversi gradi ed indirizzi di studi, universitari compresi ed esperienze all'estero; ora poi coinvolto da nipoti di ogni età scolare. Risulta un quadro sconsolante, quando non allarmante, ma purtroppo vero; è dovere dirlo forte. Questo senza cedere a giudizi definitivi e totalizzanti e senza dimenticare che ci sono ancora tanti insegnanti che onorano la cattedra e che, insieme a dei dirigenti capaci ed ausiliari volenterosi, servono con dedizione ad ogni livello la scuola e la comunità; ma sono la minoranza, troppo pochi; forse non solo l'uno per cento. Da genitore ne ho conosciuti alcuni di straordinari; da collega altri che mi hanno aiutato ad aver speranza, a non cedere alla frustrazione; soprattutto a non demordere in una palude di formalismi e conformismi; tra "anime morte" di misoneisti parcheggiati od arruolati in cattedra, sindacalmente passivi e corporativi, socialmente sordi e snobbisticamente negati in particolare al confronto, alla verifica, alla sperimentazione, all'aggiornamento, all'esercizio attivo ed impegnato della collegialità, al rapporto vivo con l'esterno, specie con i genitori, anche se spesso disimpegnati o peggio latitanti.
A questo riguardo ho letto pure con interesse e condivisione il bell'"intervento" pubblicato, in relazione al caso in parola, il 30 luglio scorso. Va detto chiaro anche questo: quando l'insegnante si trova solo e non affiancato impatta in un handicap serio; specie se inquadrato in una realtà sociale utilitaristica, distratta ed indifferente ai valori dell'essere; vedi pure la bella, recente intervista a Camon: "Nordest, basta business. Governatori, investite in cultura".
Ora, e vengo al punto, se è vero che la scuola è l'esperienza più alta in cui si offrono i modelli di secoli di cultura e questi restano solo contenuti della mente (cioè sapere oggettivo da quantificare) senza diventare spunti e stimoli formativi del cuore, non possono diventare formativi della personalità, della volontà. Questa non esiste fuori dallo interesse e questo non esiste separato da un legame emotivo di rapporti e di proposte vive; determinanti specie nell'età evolutiva dell'adolescente. Di ogni educatore quindi vale "il fatto" non il "detto", per cui l'educazione è anzitutto trasmissione testimoniale di una visione della vita.
Agli educatori Seneca osservava: "Lunga è la via dei precetti, breve quella degli esempi"; ed il nostro R. Ardigò ammoniva gli insegnanti: "Il maestro non insegna quel che sa o quel che vuole; insegna quel che è".
Da tutto ciò emerge la figura centrale e portante dell'insegnante nella scuola. Ogni intervento innovatore e riformatore, di cui ora da noi si fa un gran dibattere, deve muovere da qui e con urgenza mobilitando sinergie a vari livelli; impegnando volontà ed organizzazione; il tutto non riducibile a problemi di bilancio. Invece strategia politica, attenzione mediatica, interessi di parte sono centrati su modifiche d'indirizzo, organigrammi, conquista di aree e contributi, mentre si trascura il problema principe: la scelta e la qualificazione sistematica degli insegnanti. Questa esige aggiornamento, verifiche, qualificazione e quindi inquadramenti giuridico-economici legati a professionalità e merito. Ne conseguirà anche una salutare epurazione dei mestieranti od anche solo di chi ha ridotto a routine la "lezione" quotidiana, irridendo alla retorica della "missione" alla cui verità profonda invece si richiama la lettera citata. Se ne parlerà ad ottobre al prossimo "Forum Veneto sulla scuola"?