Iscriviti alla FLC CGIL

Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa locale » Nuova Sardegna-Se proprio si vuole cambiare cominciamo dalle superiori

Nuova Sardegna-Se proprio si vuole cambiare cominciamo dalle superiori

Se proprio si vuole cambiare cominciamo dalle superiori MARCO FUMI * I drammatici dati su...

20/09/2004
Decrease text size Increase text size
Nuova Sardegna

Se proprio si vuole cambiare cominciamo dalle superiori
MARCO FUMI *


I drammatici dati sulla dispersione scolastica in Italia e, ancor più, in Sardegna, non lasciano dubbi sulla inderogabilità di una severa analisi critica e di conseguenti serie azioni di cambiamento. La tendenza a conservare tutto a tutti i costi va "ovviamente" rigettata e battuta. Ciò non è un dovere di destra, di sinistra o di centro. Riformare ciò che è da riformare è semplicemente un dovere per qualunque società moderna. Il vero problema riguarda invece che cosa riformare, come, con quali mezzi.
Il sostanziale autoritarismo dei contenuti e del metodo utilizzato è il difetto di fondo dei provvedimenti di legge genericamente noti come riforma Moratti. Tale riforma appare nel suo impianto e sin dai primi provvedimenti attuativi più come l'esibizione di un efficientismo di governo nello stile "l'abbiamo detto e l'abbiamo fatto" che non come consapevole atto finalizzato a migliorare la qualità della scuola.
I giudizi (vedi i rapporti Ocse) sulla scuola italiana sono da molti anni non positivi, ma sempre concordano su una questione: la criticità maggiore si trova nella scuola superiore, i punti di maggiore positività si trovano nella scuola di base (infanzia e primaria). Al contrario, il primo provvedimento attuativo della riforma Moratti rovescia la logica dell'intervento e mette mano anzitutto alla scuola primaria, rendendo problematica la vita del settore che, allo stato delle cose, aveva meno problematicità. "Per la scuola superiore se ne parlerà in tempi più lunghi e con la dovuta condivisione", ha dichiarato in questi giorni il ministro. Se questa dichiarazione di dialogo fosse stata posta alla base del primo provvedimento di riforma, il ministro si troverebbe oggi in condizioni di condivisione e praticabilità di norme ora non condivise e, per larga parte, non praticabili. Ad esempio, la nuova figura del docente tutor nella scuola primaria, che è oggetto di forte contestazione e di problematica attuazione.
È necessario chiarire che nessuna persona di buon senso pone in discussione la volontà di individuare docenti che garantiscano la diretta comunicazione verso la famiglia dell'alunno. È invece messa in forte discussione la figura del tutor come dettata dalla legge di riforma: esso è un insegnante che ha prevalenza di orari, è un insegnante cui si affida un compito che ad altri non viene affidato, è un insegnante per il quale si prevede specifica preparazione. A oggi, però, con scuole aperte, il ministero non ha definito l'aspetto giuridico e contrattuale di questa figura. Le trattative con i sindacati sono clamorosamente sospese. A sostegno di questa parte della riforma sono state offerte offensive proposte economiche (9 euro al mese) e, questione ancora più grave, queste pure misere risorse vengono sottratte alle somme di bilancio previste per combattere l'abbandono scolastico. Insomma la riforma che doveva primariamente servire ad arginare l'abbandono scolastico ruba i soldi finalizzati a questo scopo.
Probabilmente, se si fosse compreso e rispettato ciò che una legge con valore costituzionale ha sancito, cioè che le singole scuole sono istituzioni autonome chiamate a elaborare la propria offerta formativa, e se si fosse partiti da questo fatto fornendo alle scuole indicazioni obbligatorie di massima, lasciando alla cultura e alla maturità del mondo scolastico i tempi e le opportunità di tradurre in pratica i principi generali di una pur necessaria riforma, certamente si sarebbe ottenuto "un miglior risultato con molta minore fatica", per dirla con John Dewey che di pedagogia si intendeva.
* Dirigente scolastico 3° circolo Sassari