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Repubblica-Bari-Mia cara pagella

Mia cara pagella MICHELE MIRABELLA Molti le conservano ancora tra la paccottiglia delle minuscole devozioni di quell'antiquariato domestico che ingombra i cassetti del comò: l...

23/01/2005
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la Repubblica

Mia cara pagella
MICHELE MIRABELLA

Molti le conservano ancora tra la paccottiglia delle minuscole devozioni di quell'antiquariato domestico che ingombra i cassetti del comò: le pagelle. Pagella radica nel semplice latino colloquiale l'etimologia: sta per piccola pagina. Piccola è stata anche nel tempo dei moderni, ma capace di enormità, di sanzioni, di lodi, di rabbuffi, di improperi, di incoraggiamenti. Come tutti sanno, e sul vocabolario altri significati non figurano, la pagella era il documento ufficiale che la scuola stendeva per informare il padre "o che ne fa le veci" dei risultati della vita scolastica degli alunni. Tutti l'abbiamo ricevuta, tutti l'abbiamo aspettata con ansia o con trepidazione. In quei numeri, i voti, si condensava efficacemente, anche se troppo sbrigativamente, il giudizio dei professori sulla tua vicenda scolastica. Quei numeri provocavano una piccola cabala di questioni interminabili e di interpretazioni sottili: era un'ermeneutica defatigante delle volontà dei docenti che esercitava sofisticamente alla libertà di giudizio, ma, anche alla disciplina dell'ubbidienza.


In realtà, la pagella era destinata ai genitori: le due autorità indiscusse, scuola e famiglia, cospiravano a fin di bene per tutelare gli studenti: il filo rosso diretto della comunicazione si tendeva tra presidi e genitori per mezzo di quell'obbligo di firma che garantiva la presa visione della sentenza trimestrale. È vero, era un autoritarismo esoso e asfissiante, a volte sprezzante dell'ansia di libertà dei pargoli e pargoletti, ma, a giudicare dall'evoluzione odierna c'è di che avere rimpianti.
Oggi la pagella è periclitante, rischia di sparire, anzi in molte scuole è già archiviata tra le rimembranze del tempo andato al macero delle riforme ultramoderne che assillano la scuola. Sarà sostituita la pagella da altro, da altro ancora misterioso e inconsulto, stante l'oscurità che si allarga sulle disposizioni ministeriale. L'afflizione delle autorità scolastiche si aggrava per via di quella disposizione che sobbarca i docenti e le autorità scolastiche alla scelta autonoma di un modo di sostituire la semplice e tassativa pagella.
In molti si stanno studiando di essere originali: mi aspetto tatuaggi con i voti, promozioni a sorteggio, valutazioni oratorie, stesura di giudizi psico-attitudinali complessi e articolati. Roba da far accapponare la pelle ai padri o a coloro che ne fanno le veci. I professori dovranno rispolverare sussidi di eloquenza per trovare parole adatte a sintetizzare i giudizi e modi onesti per sembrare originali. L'esiguità della valutazione semplicemente affidata al voto era, effettivamente anacronistica, ma, anche questa vessazione di costringere gli insegnanti ad elucubrare procedure valutative complesse ed esaurienti, ognun per sé mi sembra sciocco e dispersivo. Ricordo, all'avvento del metodo dell'espressione del giudizio necessario a corredare la valutazione per voto a partire dagli anni Sessanta, che girava per le scuole un prontuario di giudizi standard prefabbricati buoni per moltissime evenienze e per gli alunni tipo. Sembrava la trasformazione sistematica della classe prototipo del libro "Cuore" in un temario dove gli esausti insegnanti potevano trovare ispirazione per scrivere decine di giudizi sulle scolaresche. Né va dimenticato che dovevano essere, questi giudizi, capolavori di diplomazia al limite dell'ipocrisia in maniera da non offendere la sensibilità dai ragazzi e di non incorrere nelle furie dei genitori a corto di esperienze esegetiche e che, ancora rimpiangevano il vecchio, caro voto così tassativo, così chiaro e così facilmente paragonabile. È vero pure che i numeri consentivano l'applicarsi di una inclinazione tutta italiana, direi purgatoriale, a frantumare le differenze, ad assottigliare gli sfasamenti, ad addolcire le sanzioni o a mitigare le lodi: la tecnica dei segni intermedi del mezzo voto, del più, del meno, dell'odioso "meno meno". Io ho visto su di un mio compito in classe di latino apparire, scritto in rosso calcato dalla spietata matita bicolore, "1 - - ", "uno meno meno". Chi sa che cosa voleva dire. Chiesi al professore di matematica se poteva equivalere a zero più più. Mi disse che era ciuccio. Finalmente una valutazione chiara.


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