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Repubblica/Bologna: "Il problema è capire Dante con Moccia"

Prof del Righi replica a Faeti

11/07/2007
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la Repubblica

"Questa scuola vive da tempo di moduli stantii e ripetitivi"

«FACCIAMO Dante attraverso Moccia». Claudio Massa, docente di lungo corso di matematica e fisica al liceo scientifico Augusto Righi, raccoglie la provocazione di Antonio Faeti, scrittore e docente. Ma la ribalta. Il professore di letteratura per l´infanzia e storico dell´illustrazione chiede che la scuola si assuma la responsabilità della formazione senza cedere al «sentire» degli studenti. E quindi alle loro letture, come lo scrittore Federico Moccia, l´autore di «Tre metri sopra il cielo» e «Ho voglia di te», prediletto dagli adolescenti. Tutti d´accordo? «Il vero problema - replica l´insegnante - è che noi stiamo facendo un tipo di scuola stantio, ripetitivo, ci rifacciamo a vecchi modelli senza accorgerci che ormai non siamo che un piccolo fornitore di informazioni rispetto al mondo esterno».
Come uscire da questo approccio che, visto i risultati di chi accumula debiti formativi o bocciature, non dà frutti?
«Occorre rimotivare allo studio i ragazzi, non c´è dubbio».
Serve bandire Moccia?
«Il problema è quello di arrivare a Dante anche attraverso Moccia. Il vero nodo oggi sta nella separazione che c´è tra lo studio e il vissuto dei ragazzi. La scuola ha bisogno di una scrollata, di entusiasmo, gli studenti vanno catturati, c´è poco da fare, e non lo si fa facendo i pagliacci, ma nemmeno rifacendosi a modelli vecchi dove tu ripeti la lezione e basta».
Cosa intende per modello di scuola stantio?
«Basta guardare alla prova d´esame dello scientifico di quest´anno che noi docenti di matematica abbiamo contestato con una lettera al ministro. Bene la scelta di dare un maggior valore e rigore alla prova, ma non proponendo vecchie tipologie di problemi, caratterizzati da una pesante complessità di calcolo, anacronistica rispetto alla didattica attuale».
Non c´è un problema anche nella valutazione degli studenti?
«I criteri di valutazione sono troppo diversificati da insegnante a insegnante. Ci vorrebbero invece prove più trasversali, compiti corretti da più docenti, un lavoro di équipe per evitare disparità di trattamenti».
(il. ve.)