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Repubblica-Bologna-Noi ricercatori dell'Università "tre più due"

L'INTERVENTO Noi ricercatori dell'Università "tre più due" Alcuni di noi hanno fatto i concorsi e hanno perso ...

19/02/2005
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la Repubblica

L'INTERVENTO
Noi ricercatori dell'Università "tre più due"
Alcuni di noi hanno fatto i concorsi e hanno perso


Siamo precari frutto del meraviglioso "3+2", che ha aumentato vertiginosamente l'offerta didattica nelle università, ma anche contratti e contrattini, borse e borsette, per una vita non flessibile ma precaria.
Siamo anche ricercatori cosiddetti "strutturati". All'inizio, ci aspettavamo tantissimo dal rapporto con gli studenti: la funzione sociale del ricercatore, lo scambio fruttuoso delle conoscenze? Poi molti di noi si sono trovati ad insegnare in aule con 200/250 studenti, vedendoli forse appena 30 ore in un anno e magari nell'attimo della registrazione dell'esame (che ovviamente è scritto). Momenti di scambio indimenticabili? E con la "Y", il nuovo percorso di studi inventato da Letizia Moratti, sarà anche peggio?
Alcuni di noi hanno provato a fare i concorsi e hanno perso, pur avendo curricula invidiabili. Ed a volte i vincitori non avevano pubblicazioni scientifiche di livello superiore, però avevano cognomi familiari? nel mondo dell'università. Per altri è andata bene, hanno vinto "il" concorso. E dopo cosa è accaduto? Se la nostra ricercatrice o il nostro ricercatore è un ingegnere, allora gli saranno toccate 120 ore di didattica frontale l'anno e magari (vita beffarda) le prese in giro dei colleghi che hanno scelto di lavorare nel privato: gli stipendi non sono simili. Se invece la ricercatrice o il ricercatore è un umanista, gli sarà potuto capitare di non avere un computer o altri strumenti essenziali per fare ricerca. In fondo a cosa serve un computer in facoltà? Si può sempre lavorare a casa, no? Ai Consigli di Dipartimento, gli potrà anche esser capitato d'incontrare persone mai viste prima, dopo anni e anni che egli frequenta la struttura: le consulenze, si sa, sono molto impegnative... D'altro canto, il ddl Moratti lo riconosce: a cosa servono didattica e ricerca? Molto meglio pagare chi fa consulenze all'esterno.
Ma lo stipendio non conta, le strutture neppure: crediamo tutti nel valore della conoscenza e nella ricerca! Anche se intorno a noi l'assunto che pare condiviso e' che quello che ognuno studia e indaga sono fatti suoi. Eppure fuori Italia e' spesso diverso ? e' per questo che tanti tra noi fuggono.
Effettivamente sì, almeno noi (vita beffarda) ci crediamo davvero. Crediamo nel valore sociale della ricerca, crediamo nella ricerca pubblica. Crediamo che la conoscenza non possa essere custodita gelosamente, crediamo che essa non si consumi, crediamo che essa si approfondisca e moltiplichi nel momento stesso in cui si diffonde. Crediamo nell'università come bene comune, crediamo sia possibile migliorarla e cambiarla ?. Ci crediamo e ci proviamo.
Coordinamento bolognese ricercatori universitari