Iscriviti alla FLC CGIL

Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa locale » Repubblica/Firenze: "Le deroghe allontanano il tetto del 30% nessuno verrà spostato dalle classi"

Repubblica/Firenze: "Le deroghe allontanano il tetto del 30% nessuno verrà spostato dalle classi"

L´Istituto Gandhi in via Pistoiese ha una media di stranieri del 40%: "Ci salva il Comune con i suoi mediatori culturali" "La circolare Gelmini prevede la commissione accoglienza: noi l´abbiamo da tre anni ma non ci sono fondi, le insegnanti non sono ancora state pagate" " "Ci sono ragazzi appena arrivati dalla Cina che non capiscono una parola e muovono solo gli occhi. Poi spunta un ‘ciao prof´ e il muro piano piano si rompe

13/01/2010
Decrease text size Increase text size
la Repubblica

LAURA MONTANARI

Da questa cattedra con le finestre su una traversa di via Pistoiese, dentro una classe multietnica, il tetto del 30% ha le facce di Hu quarto banco a destra, Chang primo a sinistra, Amina, Joseph e altri. Gli eventuali stranieri in esubero per il ministero sono questi ragazzini dall´italiano incerto che hanno alle spalle fresche storie di migrazioni, vite che crescono coi gomiti dentro i laboratori di Chinatown. Sono loro che andrebbero traghettati con gli scuola-bus su altri istituti meno segnati dalla geografia dei flussi migratori. «Ho letto la circolare del ministro Gelmini e mi sembra si sia fatto tanto rumore per nulla - frena Carlo Testi, preside dell´istituto comprensivo Gandhi -. C´è molta ideologia e nessuna novità. Se si considera come straniero chi non è nato in Italia, chi non sa per niente la lingua e le altre deroghe previste dalla circolare, potremo superare la soglia del 30% in casi davvero sporadici». La Gandhi è immersa nell´area a più forte immigrazione della città, qui le medie matematiche parlano del 38-40% di alunni con genitori non italiani: la maggior parte cinesi, il 5% rom e poi albanesi, romeni, marocchini. «Dagli accordi che abbiamo già a livello locale, se vediamo che ci sono classi nelle medie con molti alunni che non sanno una parola di italiano cerchiamo di trasferirli su altri istituti della zona: alla Manzoni Baracca o alla La Pira per l´elementare. Ma bisogna sempre tener presente che più cresce la distanza fra scuola e casa e più aumentano i giorni di assenza da parte dell´alunno».
Alla Gandhi il 10% delle famiglie (dalle materne alle medie inferiori) è seguita dagli assistenti sociali. Insegnare qui è come sperimentare una didattica da laboratorio, accettare la sfida sapendo che sarà tutta in salita. «Se non ci fosse l´impegno del Comune che ci mette a disposizione i mediatori culturali e gli insegnanti per fare ore in più ai ragazzi che arrivano ad anno scolastico iniziato dalla Cina o per quelli che pur vivendo qui non conoscono la lingua, non sapremmo come fare» confessa Testi. La buona volontà non basta, bisogna macinare ore di lezione e chiede aiuto ai traduttori. «Prima almeno avevamo un insegnante in più che si occupava proprio di questi alunni e faceva lezioni specifiche. Oggi quella figura è stata tagliata - racconta il preside - La circolare Gelmini prevede la commissione accoglienza, noi ce l´abbiamo da tre anni. Il vero nodo è sui fondi: non c´è modo di fare programmazione perché io non so nemmeno quanto mi daranno quest´anno e i 25mila euro che dovevano arrivare due anni fa li stiamo ancora aspettando. Le insegnanti hanno svolto tutte le lezioni e per ora non sono state pagate per quel progetto. La novità è forse questa?» chiude ironico il preside.
Nel diario di bordo di Anelia Cassai, tre anni di navigazione ad insegnare italiano fra questi banchi, ogni pagina è il racconto di cosa sia l´integrazione: «A volte mi preoccupo nel vedere certi ragazzi appena arrivati dalla Cina che non sanno una parola della nostra lingua, si guardano persi intorno, stanno cinque ore seduti ai banchi e muovono quasi solo gli occhi. Poi comincia un "ciao", un "professoressa" e il muro piano piano si rompe. Spesso cominciamo facendo scrivere temi in cinese o nelle altre lingue d´origine, poi li facciamo tradurre e li leggiamo in classe in modo che tutti capiscano chi è il nuovo compagno o la nuova compagna che sta zitta, viene da paesi lontani, non sa l´italiano, ma conosce altre cose che possono arricchire tutti. Me compresa».