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Repubblica-Palermo-L'istruzione pubblica parte da zero

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08/09/2005
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la Repubblica

Pagina I - Palermo
LE IDEE
L'istruzione pubblica parte da zero
MAURIZIO MURAGLIA


Inizia un nuovo anno scolastico e ci sono tutti gli ingredienti perché in Sicilia il menu non cambi. Tutti gli attori della scuola non sembra siano stati toccati da autonomi e sostanziali processi di cambiamento che non siano quelli di matrice ministeriale, per loro natura di superficie e ideologicamente connotati, mentre la politica scolastica locale, in piena sintonia con quella nazionale, marcia spedita verso l'azzeramento della scuola pubblica. Il quadro è fosco e si fa fatica a immaginare scenari che consentano un sia pur minimo ottimismo sulle sorti della scuola.
Alle volte vien da chiedersi per colpa di chi il mondo della scuola sia così sofferente. Nessuna risposta che pretenda di colpevolizzare un solo attore dell'impresa educativa sembra destinata a essere credibile. Ciascuno dirà che non può fare la propria parte perché l'altro non fa la sua. Si attende che il sistema venga sbloccato dalla guarigione di una sola variabile, ma ci si deve arrendere all'evidenza che tutte le variabili sono interdipendenti. Non ricordo un'epoca, negli ultimi venticinque anni, in cui si fosse contenti della scuola. Chi rimpiange la scuola dei vecchi tempi per l'autorità di cui erano investiti gli insegnanti, dimentica che quella era anche la scuola per pochi eletti e non si accorge che anche oggi di docenti che abbiano autorevolezza e credito reale in classe non ne mancano, sol che si cerchi di andare a vedere che scuola fanno e che relazioni educative intrattengano con i loro studenti. Le fughe nel passato non servono e men che meno i sette in condotta. Probabilmente non paga un atteggiamento di attesa, che i siciliani ben conoscono.
Di attesa, appunto, che qualcun altro faccia la sua parte. Che la facciano i politici è alquanto improbabile, a meno che non si resti abbindolati dalle promesse elettorali, che quest'anno torneranno di scena. Ai dirigenti, garanti della qualità dell'offerta formativa, non resta che tampinarli senza tregua per ottenere quanto è necessario al funzionamento delle scuole. Speriamo che l'immissione in ruolo di un buon numero di dirigenti, il prossimo anno, sappia porre fine alla precarietà progettuale che gli incaricati annuali purtroppo esprimono trovandosi sempre di passaggio.
Neppure ai genitori, in qualità di cittadini, compete l'attesa. Le mamme della scuola dell'infanzia e della scuola primaria hanno dato prova di sapersi mobilitare di fronte a certi scandali legati alla fatiscenza dell'edilizia scolastica o alle mense. Ma se si passa alle superiori troppo spesso l'interesse per la scuola resta confinato ai risultati dei propri figli. I genitori sono una vasta area del consenso politico. Se urlano loro, forse nelle stanze del potere qualcosa si muoverà.
Paga ancor meno l'attesa tra insegnanti e studenti, che dal considerarsi controparti hanno tutto da perdere. Forse adulti e ragazzi sono chiamati a fare un passo oltre l'idealismo, molto spesso più praticato che tematizzato, del "se i miei insegnanti fossero come&" e del "se i miei studenti fossero come&". Occorre forse un modo nuovo di guardarsi reciprocamente, con la consapevolezza di essere in ultima analisi gli avamposti della scuola reale e che in fin dei conti da quel che succede dentro le aule discende la serenità complessiva dell'ambiente, ivi compreso il versante amministrativo. Gli studenti più grandi possono dare un bel contributo a questa sfida. Ma occorre che imparino ad incanalare dissensi e conflittualità nell'alveo degli organismi legittimamente deputati alla discussione. Occorre che le assemblee studentesche cessino di essere il pretesto per far vacanza. Occorre che la si smetta di rincorrere il gran gesto e si impari ad analizzare le questioni a tavolino con gli insegnanti disposti a dare una mano. Occorre, in una parola, che riacquistino anche gli studenti quella credibilità che dieci anni di inutili occupazioni hanno dilapidato. È vero, si risponderà, ci sono insegnanti che non faranno mai la loro parte perché nella scuola sono fuori posto. Ma è anche vero che ce ne sono tanti altri che gli studenti possono e devono braccare, nella consapevolezza che da soli non si vince nessuna battaglia.
Ci sono casi estremi in cui fare scuola è impossibile se qualcun altro non fa la sua parte. Negarlo sarebbe peccare di ingenuo ottimismo. Penso alle scuole a rischio o a quelle in cui le infrastrutture fatiscenti bloccano tutti i processi educativi o laddove non funziona un buon sostegno ai disabili. Ma ci sono casi in cui, senza attendere nulla da nessuno, si possono fare - e si fanno - buoni consigli di circolo o d'istituto, buoni collegi dei docenti, buoni consigli di classe, buoni ricevimenti dei genitori, buone assemblee studentesche e, perché no, buone, ottime lezioni. Il perché, anche a fronte di situazioni favorevoli, tutte queste occasioni troppe volte si trasformino in fastidio collettivo, intolleranza, tensione, incomunicabilità, è qualcosa di oscuro e di difficile decifrazione. Ma la qualità del clima, nelle scuole, dipende anche dal coraggio di mettere all'ordine del giorno anche simili questioni. Dirigenti illuminati e gruppi di insegnanti, studenti e genitori desiderosi di passare il guado dell'insensatezza possono accendere la fiammella della speranza nel buio che ci circonda. Riusciranno a trovare una motivazione per non piangersi più addosso e cominciare?
Maurizio Muraglia