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Repubblica/Palermo: La stangata siciliana dell'esame di Stato

Non raramente, in questo periodo, capita di sentire inneggiare alla serietà. E questo è uno di quei casi... di Maurizio Muraglia

16/06/2007
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la Repubblica

Secondo molti adesso lo si potrebbe tornare a chiamare esame di Stato. Quel che sta cominciando per gli studenti delle quinte classi di tutti gli istituti superiori verrebbe dunque riconsegnato allo Stato, per il semplice fatto che la reintroduzione di membri esterni nelle commissioni, nonché di un presidente per ogni due di queste, avrebbe tolto a questa prova finale quell´autoreferenzialità che l´aveva connotata nell´ultimo quinquennio.
Non raramente, in questo periodo, capita di sentire inneggiare alla serietà. E questo è uno di quei casi. Così reimpostato, col giudizio di ammissione, le commissioni esterne e la necessità di saldare i debiti, l´esame garantirebbe maggiore serietà. Il ripristino del giudizio di ammissione ha già ha mietuto le prime vittime, come si è ben visto qui in Sicilia. Insomma, è tornata un po´ di serietà. Gli opinion-makers potranno dormire sonni tranquilli. È ora di finirla - dicono - con questo buonismo che ha fin qui sfornato ignoranti e maleducati. Occorre tornare alla sana severità di un tempo. Gli esami sono una cosa seria, non una passeggiata. Già in altre occasioni, anche da queste colonne, mi è capitato di esprimere scetticismo su questa serietà più mediaticamente invocata a partire da isolati fatti di cronaca che perseguita con interventi strutturali concreti a monte dei problemi (l´esame di Stato è importante ma è a valle). Neanche sull´esame di Stato così rivisitato è giusto sottacere qualche perplessità, e non tanto sulla formula, sostanzialmente condivisibile, quanto sull´interpretazione che potrebbero darne alcuni cultori della serietà e della severità che, a quanto è dato di sentire qua e là, già stanno scaldando i motori per dimostrare quanto le scuole pubbliche si fossero scandalosamente trasformate negli ultimi anni in diplomifici.
Com´è noto, a valutare i ragazzi saranno per metà insegnanti interni e per metà membri esterni. Rispetto a quanto si diceva all´inizio, è giusto precisare che i membri esterni non provengono né dal Friuli né dalla Val d´Aosta ma, molte volte, anche dalla scuola della strada vicina. Si tratta, comunque, con tutta evidenza, di colleghi che non conoscono i ragazzi, fatto che dovrebbe garantire il tanto agognato equilibrio nella valutazione. Così almeno si dice.
Se quel che si dice è vero, non vorremmo essere (e peraltro non lo siamo) nei panni dei colleghi esterni che si ritrovano sul groppone la responsabilità di restituire serietà agli esami. Non solo, ma non vorremmo neppure che questa responsabilità accrescesse oltre il ragionevole limite lo zelo di taluno tra questi che potrebbe vedere, in questa che gli si para davanti, un´ottima occasione per dimostrare tutto il proprio valore. Non vorremmo, in altri termini, che un´inedita schiera di neopaladini della serietà giungesse a far rimpiangere le commissioni tutte interne che pur tutti quanti abbiamo criticato.
Ora, è possibile che siffatti timori si rivelino infondati. Ma a me pare comunque che, in questo primo anno della nuova formula, possa non guastare per tutti un invito alla saggezza. Non sfugge a nessuno, infatti, l´effetto di spiazzamento che una riforma approvata nel corso del quinto anno di studi può aver provocato sui ragazzi, e non necessariamente su quelli più svogliati. Di ciò è apparso consapevole, nelle ultime dichiarazioni, anche il viceministro Bastico. Ci sono poi ragioni di merito anche non marginali che indurrebbero a non confondere la saggezza qui auspicata col sempre deplorevole buonismo. Ne scegliamo solo una, di queste ragioni, e ineludibile. Chi è chiamato a valutare prestazioni fornite da soggetti sconosciuti, specie quando si tratta di diciottenni, deve compiere un notevole sforzo interpretativo per indovinare i processi che possono aver determinato quelle prestazioni, a meno che non voglia limitarsi a far da ragioniere, con tutto il rispetto per quella professione. Non conoscere i percorsi effettivamente compiuti da ragazzi che non si sono mai visti può indurre nella tentazione di formulare giudizi sommari, specialmente da parte di chi proviene da scuole di élite e non si è mai confrontato con gli inferni della scuola di massa, dove talvolta si grida al miracolo di fronte a performances che altrove sono di ordinaria amministrazione. Occorre dunque prudenza e buon senso. In tempi di lamentazioni accorate sul decadimento dei costumi scolastici, non ritengo inessenziale che tutti ci si ricordi che avremo di fronte ragazzi. Bulli o «deficienti» (in senso etimologico) per quanto si vuole, ma ragazzi.
Forse i presidenti delle commissioni, che in larga misura sono insegnanti, possono assumere un ruolo altamente equilibratore in questo primo delicatissimo anno di cambiamento. Tocca a loro evitare tanto la deriva buonista dell´alleanza precostituita con i commissari interni quanto la deriva «giustizialista» dell´alleanza precostituita con i commissari esterni che servirebbe solo a far vedere a tutti che «la ricreazione è finita» e che ora si fa sul serio. Salvo ritrovarsi commissari interni al prossimo giro.