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Repubblica- Ricercatori, la rivolta si allarga corsi di Scienze bloccati a Bari

LA PROTESTA In 105 rifiutano di sostituire i docenti: "No al disegno di legge Moratti" Ricercatori, la rivolta si allarga corsi di Scienze bloccati a Bari Appuntamento ...

02/10/2004
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la Repubblica

LA PROTESTA
In 105 rifiutano di sostituire i docenti: "No al disegno di legge Moratti"
Ricercatori, la rivolta si allarga corsi di Scienze bloccati a Bari
Appuntamento lunedì alle 9 in rettorato per partecipare in tanti al senato accademico
A Lecce tutti i presidi di facoltà invitano alla mobilitazione per mercoledì
MICAELA ABBINANTE


Incrociano le braccia. E dichiarano la propria indisponibilità "a ricoprire incarichi di supplenza e affidamento fino a quando il disegno di legge Moratti non sarà ritirato e il suo iter parlamentare non sarà formalmente interrotto e ridiscusso". I 105 ricercatori della facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali di Bari hanno scelto le maniere forti: si rifiutano di accettare incarichi e, di fatto, impediscono il regolare svolgimento delle attività didattiche. La Puglia delle aule universitarie, quindi, si blocca. La decisione dei ricercatori di scienze di Bari (accompagnata da una mozione approvata dall'intero consiglio di facoltà) è giunta infatti subito dopo la presa di posizione dei colleghi di Lecce: in sessantadue, durante un incontro delle rappresentanze di facoltà, hanno deciso di rifiutarsi di entrare in aula "a causa dell'impossibilità di garantire un regolare inizio dei corsi".
E l'effetto a catena non sembra destinato a fermarsi: durante l'ennesima riunione i ricercatori del Capus hanno proposto di avviare "iniziative simili a quelle dei colleghi di Scienze" in tutte le facoltà. In attesa, naturalmente, di portare la discussione sulla riforma dello status giuridico dei professori nelle sedi istituzionali. A Bari docenti e ricercatori si sono dati appuntamento lunedì alle 9 nei corridoi del rettorato per partecipare al senato accademico mentre a Lecce, dove la protesta ha coinvolto nei giorni scorsi anche gli studiosi di Ingegneria, i presidi di facoltà hanno firmato all'unanimità una convocazione rivolta a tutte le forze universitarie per il 6 ottobre, cioè poco prima della seduta del senato. "Siamo in grado portare l'Università alla paralisi - dice Luciano Faggiano, rappresentante dei ricercatori in consiglio di amministrazione - solo nella facoltà di Scienze ai ricercatori sono affidati cento incarichi; a Medicina addirittura in 700 gestiscono cattedre come fossero professori ordinari. In tutto l'Ateneo un terzo delle supplenze è affidato ai ricercatori: non è possibile accettare la proposta di "messa in esaurimento" del nostro ruolo, ovvero l'eliminazione progressiva della nostra figura professionale". Nella mozione i ricercatori dichiarano anche "una decisa opposizione alla previsione di un lungo precariato, all'introduzione del titolo di professore aggiunto, all'abolizione della distanza tra tempo pieno e tempo definito e alla negazione dell'autonomia finanziaria delle singole università".
La netta presa di posizione, in realtà, giunge proprio mentre una circolare del Miur, il ministero dell'Università e della Ricerca, annuncia la volontà di non ripetere il blocco delle assunzioni nella finanziaria del 2005 e la decisione del ministro Moratti di prendere in considerazione le indicazioni fornite dal mondo accademico sulla proposta di riforma. "Non c'è però di che gioire - precisa Domenico Viola, ricercatore - in questo momento è importante rimanere compatti e continuare a lottare per difendere il diritto allo studio. Anche il rifiuto dell'incarico non sempre risulta vincente". A destare preoccupazione è soprattutto lo scontro che potrebbe crearsi con gli studenti: "Nei confronti degli organi centrali bisogna mantenere una posizione chiara - continua Viola - senza però mettere in difficoltà chi in questi giorni ha bisogno di cominciare le lezioni e di sostenere esami". Un'alternativa potrebbe essere lo sciopero bianco: "Potremmo continuare ad accettare le supplenze - spiega Viola - riducendo però drasticamente il numero delle ore di lezione".