Iscriviti alla FLC CGIL

Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa locale » Repubblica/Torino: "Basta con i presidi passacarte"

Repubblica/Torino: "Basta con i presidi passacarte"

L´assessore provinciale all´Istruzione accusa: i vertici di certi istituti devono cambiare testa

11/04/2007
Decrease text size Increase text size
la Repubblica

D´Ottavio: "Non c´è bullismo dove i dirigenti sono attivi"

la sorveglianza In alcuni casi se un allievo è in ritardo anche solo di un´ora i genitori vengono subito avvisati In altri si viene a sapere dopo mesi
i voti ai docenti Che gli studenti e le famiglie diano anche loro le pagelle: agli insegnanti. Ma non deve essere l´unico strumento di valutazione
MARCO TRABUCCO

Assessore D´Ottavio dicono che lei ce l´abbia con i presidi. È vero?
«Non si chiamano più presidi, ma dirigenti scolastici. Un cambiamento di nome vorrà pur significare qualcosa. Invece credo che in molti casi i presidi abbiano continuato a fare quello che facevano prima e non abbiano saputo adattarsi al cambiamento di ruolo. È un peccato perché con l´autonomia il ruolo chiave in una scuola è il loro».
Che dovrebbero fare?
«Cambiare testa: non sono solo più funzionari che prendono ordini dall´alto, ma devono organizzare il loro istituto e soprattutto organizzare e controllare il lavoro degli insegnanti. Devo dire a loro discolpa che nessuno si è preoccupato di formarli per dar loro quelle capacità che oggi sono indispensabili».
Su che basi afferma che sono loro, i dirigenti scolastici, il problema?
«L´assessorato provinciale alla scuola è un ottimo osservatorio per capire come funziona un istituto. Parlo della scuola superiore. E si nota la differenza tra quelli che hanno un dirigente molto attivo e quelli invece che hanno solo passacarte, gente che lascia correre».
Vuol dire che gli episodi di bullismo di questi ultimi mesi in qualche modo non sono casuali?
«Dico solo che ci sono istituti, come il Pininfarina di Moncalieri e pochi altri in cui gli studenti bollano la cartolina quando entrano e quando escono. Se un ragazzo è in ritardo anche solo di un´ora i genitori vengono subito avvisati. E non hanno scuse. In altre scuole se un ragazzo taglia da scuola per giorni si rischia di saperlo mesi dopo perché i registri vengono controllati solo una volta ogni tanto».
Quindi le responsabilità di tutti questi episodi sono solo nelle scuole? Le famiglie non ne possono nulla?
«Al contrario: penso che i genitori abbiano grandi responsabilità, perché loro dalla scuola sono completamente assenti. Alle ultime elezioni dei rappresentanti di istituto, a novembre nelle superiori ha partecipato meno del 5 per cento dei genitori. Un dato sconfortante visto che quello sarebbe il modo per loro per contare nell´organizzazione della vita scolastica: invece se ne fregano, salvo poi chiedere punizioni esemplari per i ragazzi se succede qualcosa».
Chi compie atti come quelli dello Steiner e del Sommellier non dovrebbe essere punito?
«Non dico questo. Ma bisogna anche fare proposte concrete. Ragionare sul fatto che in una scuola in cui il dirigente scolastico fa bene il suo mestiere, controlla, organizza, motiva, gli insegnanti non possono permettersi di fregarsene. Penso a Giulio Cesare Rattazzi preside dell´Avogadro appena andato in pensione quest´estate: era sempre il primo ad arrivare e l´ultimo ad andare via. Quella scuola è un orologio. Ma penso anche a istituti come il professionale Beccari o il tecnico Grassi che nonostante oggi le famiglie preferiscano iscrivere i figli ai licei, sono molto richiesti proprio perché hanno ottime guide».
Dirigenti, genitori. E gli insegnanti?
«Arriviamo anche a loro: sono d´accordo con Ségolene Royal quando propone che rimangano a scuola anche dopo le lezioni per correggere i compiti e preparare il lavoro dei giorni successivi. Tempo pieno prima di tutto, la scuola deve diventare un punto di riferimento costante per gli studenti. E poi meccanismi di valutazione anche per loro».
È un tasto dolente. Chi ci ha provato, vedi il ministro Berlinguer, ha dovuto dimettersi. Lei cosa propone?
«Che gli studenti e le famiglie diano anche loro le pagelle: agli insegnanti. Non deve essere l´unico strumento di valutazione. Ma ci vuole. Nella formazione professionale c´è già e tutto funziona meglio. Anche lì ci sono ragazzini di 14 o 15 anni che hanno problemi come e più di quelli che vanno a scuola. Eppure casi di bullismo non accadono».
Perché?
«Perché lì il sistema fa sì che nulla venga dato per scontato: nella scuola superiore non c´è nessuno controllo invece: se un ragazzo abbandona nessuno ne ha la responsabilità. Se sono molti i bocciati a fine anno, nessuno paga le conseguenze del mancato successo formativo. Nella formazione professionale invece si fa attenzione perché altrimenti si rischia di perdere il lavoro».
Lei, segretario provinciale Ds, vuole privatizzare la scuola pubblica?
«No, al contrario, voglio rafforzarla. Ripartire dal rapporto tra insegnanti e studenti, valutando e premiando chi lavora bene e dando più voce ai ragazzi e alla famiglie nella scuola. A patto che vogliano averla».