Tribuna di Treviso: «Scuole inutili, ma la colpa è vostra»
Radames Migotto, preside del Planck: i genitori mandano i figli al liceo perché pensano che la scuola tecnica sia vecchia e senza sbocchi
Sotto accusa Ciaa e imprese: corsi sballati rispetto alle richieste del territorio
«Esempio: si è puntato sul settore Moda mentre questo veniva delocalizzato. Così si sono buttati anni»
«C’è scollamento tra scuola e lavoro? Certo che c’è. Ma gli imprenditori se ne accorgono adesso?». Radames Migotto è preside dell’Itis Planck di Lancenigo. C’è una profonda amarezza nelle sue parole, quando mette a confronto la sua idea della scuola e, dall’altro lato, lo stato reale delle cose. «Oggi è inutile piangere sul latte versato - dice Migotto - le associazioni imprenditoriali sono le prime che dovevano battersi per lo sviluppo della formazione tecnica, invece hanno scelto la strada della liceizzazione». Servirebbe una formazione professionale di qualità, con percorsi di alternanza scuola-lavoro che sfornino giovani preparati e pronti per il mercato del lavoro a 21 anni. «Ma qui - dice Migotto - si punta sulla moda, che delocalizza».
Le responsabilità, secondo il preside del Planck, sono di chi ha indirizzato le scelte (la politica) e di chi ha lasciato fare, salvo poi lamentare le disfunzioni del sistema (gli imprenditori).
Qui si dice da anni: la Marca si sta terziarizzando, cari giovani dovete laurearvi. Tutto da rifare?
«No, qui i laureati sono ancora pochissimi, 12 per ogni 100 bambini che iniziano le elementari. Il problema è che dobbiamo arrivare alla laurea seguendo percorsi tecnici e di specializzazione, e in tempi brevi. A Padova ci sono 7.000 iscritti a psicologia, in Italia abbiamo 15.000 laureati l’anno in comunicazione. In Germania un ragazzo a 21 esce da un percorso formativo tecnico ed è pronto per il mondo del lavoro. Qui magari esce da una laurea triennale e non sa fare nulla».
Perché?
«Non esiste un’alternanza scuola-lavoro seria, vera. Quella introdotta dalla riforma Moratti è virtuale, è fiction. Torno alla Germania: lì, fra un semestre e l’altro, un giovane di 18 anni che fa un corso di specializzazione deve lavorare 12 settimane come dipendente nel suo settore di competenza. Questo gli dà una professionalità spendibile sul mondo del lavoro».
La riforma della scuola? Gli imprenditori sembrano parlare solo della Biagi.
«La Moratti ha distrutto la fucina del Nordest, le associazioni imprenditoriali hanno le loro responsabilità. Qui Camera di Commercio e Confartigianato lanciano i corsi sulla moda, salvo poi accorgersi che mancano i periti meccanici, i tecnici. Puntiamo tutte le nostre energie su settori che poi non rimangono nel territorio, basta guardare Monti e Benetton. Gli imprenditori dovevano battersi per questo, ma hanno scelto la liceizzazione e settori che non servono».
L’osservatorio economico mostra una forbice: i giovani vanno al liceo e a corsi universitari “inutili”, oppure in istituti professionali che sfornano profili troppo bassi per le aziende.
«Gli istituti tecnici vengono schiacciati da questa forbice, così come è stata soffocata sul nascere la speranza di far partire corsi di specializzazione triennali post-diploma a carattere puramente operativo: si sono privilegiate lauree triennali inutili. Gli istituti professionali, invece, si sono trasformati in un binario morto, in una scuola di serie C: quale madre manda oggi un figlio a un istituto professionale, pensando a un futuro senza sbocchi? Allora lo manda al liceo, magari a fare medicina, non sapendo che c’è il numero chiuso e andrà a sbattere contro un muro, o a scienze politiche».
Tutto da buttare? O possiamo correggere il tiro?
«Si salva il liceo tecnologico, che ha mantenuto una piega tecnica. Per il resto, serve una scuola superiore tecnico/professionale che sappia far raggiungere ai giovani certi livelli di professionalità: non solo con i libri, ma con attività laboratoriali vere».
L’età ideale?
«Si può iniziare con l’alternanza scuola-lavoro dai 16 ai 18 anni. Per i tecnici, invece, la specializzazione va fatta fra i 18 e i 21. Poi un giovane deve essere pronto e formato per il mercato del lavoro».