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Unità/Bologna: Il fantasma della libertà

Tira una brutta aria, un soffio di tempesta che dovrebbe suggerire a tutti di tenere i nervi a posto e la mente sgombra. C’è ad esempio Fabio Garagnani

04/10/2008
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l'Unità

Gigi Marcucci
Tira una brutta aria, un soffio di tempesta che dovrebbe suggerire a tutti di tenere i nervi a posto e la mente sgombra. C’è ad esempio Fabio Garagnani, parlamentare del Pdl, che ogni giorno, con maniacale puntualità, invoca la mano pesante contro chi sulla scuola non la pensa come lui e il ministro Gelmini. A suo tempo aveva inventato il “telefono spia” per denunciare gli insegnanti “politicizzati” con assoluta garanzia di anonimato. A leggere i suoi comunicati si sarebbe tentati di offrirgli una camomilla, ma ecco che la Procura apre e chiude a tempo di record un’inchiesta sull’occupazione di una scuola elementare, perdendo per un lungo istante la calma olimpica esibita in circostanze ben più gravi. L’indagine-lampo non nasce dagli esposti del parlamentare, ma è difficile sottrarsi all’impressione che fosse quello il vento che gonfiava le sue vele. Così, da simpatica macchietta, Garagnani appare trasfigurato in vestale della legge. Quel fascicolo, come si evince dalla richiesta di archiviazione, non avrebbe dovuto nemmeno essere aperto. Perché avere un’opinione e manifestarla civilmente, anche all’interno di una scuola, anche di sera, non integra alcun reato: almeno fino a quando la nostra Costituzione non verrà modificata - come auspica il principale di Garagnani, Silvio Berlusconi.
C’è poi una preside che chiama i carabinieri alla vista di genitori, insegnanti e bambini che protestano contro i tagli del governo. A quale reato crede di avere assistito? Protesta non autorizzata dal ministro? Ha dimenticato che della scuola che simbolicamente intendevano occupare genitori, gli stessi insegnanti e i bambini sono in un certo senso i legittimi proprietar? Poi succede che qualcuno imbratta i muri della stessa scuola con scritte inneggianti a Berlusconi. La preside non alza il telefono, i carabinieri possono aspettare. Peccato che in questo caso il reato di danneggiamento di una proprietà pubblica sia conclamato. È vero che al cospetto dei “tagli” firmati da Gelmini e Tremonti i muri sfregiati sono ben poca cosa, ma se si convocano le forze dell’ordine per reprimere chi non è d’accordo, si dovrebbe fare altrettanto per chi sporca.
La situazione, come diceva il protagonista di un film di Spielberg, sta sterzando sul surreale. Se esercito un diritto, rischio di essere perseguito. Se cancello un diritto, anche uno elementare come la pausa caffé (accade alla Ducati Energia), sono un eroe, nella fattispecie un capitano d’industria preoccupato del benessere della sua azienda. La colpa più grave è infastidire il manovratore, discutere la rotta che ha scelto. E dire che sarebbe «compito della Repubblica», e quindi di chiunque la rappresenti, «rimuovere gli ostacoli... che limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese». Almeno così dice la Costituzione