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Unità/Bologna: Presidi dimezzati in sedici scuole
Manca il personale, istituti omnicomprensivi affidati a un «reggente» Hanno doveri e responsabilità uguali a quelli di ruolo Ma guadagnano meno anche se gestiscono bilanci di milioni
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A Bologna aumenta anche il numero dei presidi precari, con incarico annuale
di Adriana Comaschi / Bologna
Non era mai successo: 16 scuole senza un preside, per carenza di personale. Sedici istituti comprensivi tra Bologna e provincia, che a settembre dovranno affidarsi a un “reggente”. Figura finora sconosciuta a Bologna, dove però già abbonda quella, del tutto paradossale, del preside «precario»: un dirigente scolastico con tutte le responsabilità - anche penali - di un collega di ruolo, ma condannato come gli insegnanti supplenti a incarichi annuali. A stipendio ovviamente ridotto,
Tra città e provincia i presidi precari - «incaricati», come vengono chiamati- sono una quarantina. Domani a Bologna partono le convocazioni per gli incarichi annuali - dalle materne alle superiori - a ben 3.158 docenti: un record di precariato. La sorte dei presidi «termine», invece, è già stata decisa a metà luglio.
SOLO I PIÙ ALTI IN GRADUATORIA sono riusciti a tornare dov’erano prima: la “massa” si è ritrovata a dover ricominciare tutto da capo. Come è successo a Giuseppe Ciampoli, docente e da tre anni “aspirante” dirigente scolastico. Come si sente? «Fai appena
in tempo ad imparare ad abbinare le facce ai cognomi che tuto cambia - riassume -. Ho cominciato alle Aldrovandi Rubbiani, l’anno scorso sono passato a Porretta e ora prenderò servizio a Vergato - racconta -. Il primo aveva 850 studenti - che significa altrettante famiglie di riferimento - e oltre 150 dipendenti, il secondo 650 alunni e più di 120 dipendenti, a Porretta c’erano anche i tecnici di laboratorio: tutte persone con cui ti devi relazionare». Non solo: i professionali in genere contano più alunni stranieri o disabili, il che si traduce in ulteriori rapporti da tenere con enti diversi. Per questo hanno anche bilanci molto consistenti, i più grandi anche di qualche milione di euro. A capo di tutto questo, un precario.
Ovvero una persona che non ha nemmeno la qualifica di dirigente: dal punto di vista giuridico è un semplice docente, a cui viene corrisposta un’indennità che varia a seconda di età e stato della famiglia. Nel caso di Ciampoli, la differenza rispetto a un collega assunto di ruolo è di almeno 300 euro al mese in meno, nonostante il carico di lavoro sia identico. Ma a pesare è soprattutto l’idea di potere solo impostare un modello di gestione, che per mancanza di continuità non riesce mai a dare i suoi frutti. Insomma, a rimetterci sono innanzitutto le scuole.
Come si arriva a queste “vette” di precariato? «Per lo stesso motivo per cui quest’anno a Bologna per la prima volta ci saranno delle “reggenze” - spiega Ciampoli : semplicemente per risparmiare». Il preside precario costa meno, così come costa meno un “reggente” che per la seconda scuola a carico prende non un doppio stipendio, ma un’indennità che è inferiore alla metà della normale busta paga. Anche se magari è chiamato anche a “triplicare” il lavoro: perché spesso la sua scuola, o quella presa in reggenza, sono distribuite in sedi diverse, in comuni diversi.
Ed ecco allora il dirigente-reggente che da Grizzana Morandi prende in carico anche Castel di Casio. Poi c’è chi si dividerà tra Casalecchio e Crespellano, tra l’Istituto di istruzione superiore Montessori-Da Vinci di Porretta e Gaggio Montano, tra San Giovanni in Persiceto e Sant’Agata Bolognese, tra Marzabotto e Sasso Marconi e così via. E a risentirne saranno inevitabilmente anche gli istituti “di origine”, perché «almeno un giorno la settimana dovrà essere dedicato alla seconda scuola», ragiona Ciampoli. Il che significa 32 istituti a dirigenza ridotta, sulle 103 scuole di Bologna e provincia. «È semplice, chi è andato in pensione non è stato sostituito - riassume Nara Orsi, segretario regionale Flc Cgil - un regalo del governo Berlusconi». Che ha sì indetto concorsi, ma per un numero di dirigenti scolastici assolutamente sottostimato rispetto alle reali esigenze