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Unità/Bologna: Religione, la Curia alla crociata degli scrutini

«Guida» agli insegnanti: «Non fatevi imbavagliare». Il costituzionalista: comportamento illegittimo

16/06/2007
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l'Unità

Religione, la Curia alla crociata degli scrutini

di Alice Loreti/ Bologna

UN VADEMECUM per sollecitare i prof di religione far valere le loro opinioni in sede di scrutinio. Con un monito: «Non fatevi imbavagliare». L’Arcidiocesi di Bologna entra a gamba tesa nella querelle sulla valutazione dell’ora di religione diffondendo, per mano
di don Raffaele Buono, responsabile della Curia per l'insegnamento della religione cattolica, una «Guida alla procedura di valutazione degli alunni al termine dei due cicli scolastici».
Si tratta di una serie di consigli mirati a far sì che anche il “voto” di religione “pesi” ai fini della pagella scolastica. Una modalità contro cui si era scagliata la Cgil, presentando ricorso al Tar del Lazio. Il Tar ha accolto la tesi, ma il Consiglio di Stato, su richiesta del ministro Fioroni, ha bloccato tutto.
Eppure, nel supermarket dei crediti scolastici, la Curia vuole mettere i suoi. «Vi invito a far valere la vostra valutazione nei Consigli di classe durante gli scrutini», scrive dunque don Buono. È giusto che «chi a scuola lavora, venga riconosciuto in quello che ha fatto, per evitare che ad essere discriminato sia proprio chi lavora e non vede riconosciuto in maniera adeguata il proprio impegno» osserva il prelato. Che, citando sentenze e leggi, mette in guardia docenti contestatori: «La mancata partecipazione degli insegnanti di religione alla valutazione degli alunni che si sono avvalsi dell'ora di religione invalida lo scrutinio. Il voto di religione vale sempre, solo che quando è determinante va motivato a verbale».
Don Buono forse dimentica che il voto di religione agli scrutini «è anticostituzionale». Ad affermarlo è Luca Mezzetti, docente di Diritto Costituzionale nella facoltà di Giurisprudenza di Bologna. «La nostra costituzione - spiega Mezzetti - prevede la libertà di religione, nelle sue diverse forme. Attiva, nel senso di professare il proprio credo, con i relativi riti culturali. Passiva, quindi libertà di non credere». Così come «la laicità dello Stato ed il diritto ad essere atei sono stati affermati dalla Corte Costituzionale in svariate sentenze».
Quindi, se il voto di religione facesse media, «si priverebbero gli alunni di un diritto garantito dalla Costituzione». Inoltre «l'insegnamento della religione cattolica nell'ordinamento scolastico - continua Mezzetti - è diventato materia opzionale, non obbligatoria. Se intendiamo come funzione cardine del sistema educativo e scolastico la formazione della personalità dell'alunno, poi la facciamo dipendere da un parametro divenuto non più determinante né obbligatorio, siamo strabici e compiamo delle discriminazioni».
Oltretutto, «nella società odierna, non c'è solo il problema della laicità. Nel nostro territorio, caratterizzato da una immigrazione in forte aumento, stanno crescendo gli alunni stranieri. Nelle classi ci sono studenti di religione musulmana, buddista, induista, confuciana». Allora perché non istituire un insegnamento per ogni credo, o fare un corso più generale di storia delle religioni? Molti di questi studenti, chiosa Mezzetti, «non frequentano il corso di religione cattolica per scelta e cultura, o frequentano passivamente», ovvero stando in classe facendo altro. Quindi, «non sono suscettibili alla valutazione, non li si può lasciare con un voto in meno, che può influire sulla media in pagella». C'è un problema di «disparità di rapporto - spiega Bruno Moretto, del Comitato Scuola e Costituzione - tra chi segue quell'insegnamento e chi no. Non si tratta di imbavagliare i docenti. Semmai di dare libera espressione a chi, per scelta personale, non vuole fare religione cattolica. Le scuole dovrebbero sviluppare le attività didattiche alternative».