Unità: Il Tar del Lazio esclude i prof di religione dagli scrutini e dai crediti nella scuola
Il Tar boccia due ordinanze dell’allora ministro Fioroni. I prof di religione non possono partecipare agli scrutini e il loro insegnamento non può concorrere alla formazione del credito. «Violato il principio di laicità».
MASSIMO SOLANI
I professori di religione cattolica non possono partecipare «a pieno titolo» agli scrutini scolastici e l’insegnamento della loro materia non può concorrere alla formazione del credito scolastico per gli esami di maturità. Lo ha stabilito il Tar del Lazio, sentenza numero 7076, che lo scorso 17 luglio ha accolto due ricorsi presentati da alcuni studenti, associazioni di genitori e confessioni religiose non cattoliche contro due ordinanze emanate dall’allora ministro per la Pubblica Istruzione Giuseppe Fioroni prima degli esami di Stato del 2007 e del 2008. Secondo i giudici amministrativi, infatti, «l’attribuzione di un credito formativo ad una scelta di carattere religioso degli studenti e dei loro genitori, quale quella di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche, dà luogo ad una precisa forma di discriminazione» in contrasto col principio della laicità dello Stato ribadito dalla Corte Costituzionale. Non solo, perché secondo il Tar le ordinanze del ministro Fioroni hanno «portato all’adozione di una disciplina annuale delle modalità organizzative degli scrutini d’esame, che appare aver generato una violazione dei diritti di libertà religiosa e della libera espressione del pensiero».
Dopo aver infatti ricordato il principio della laicità dello Stato quale «garanzia per la salvaguardia della libertà religiosa, in regime di pluralismo confessionale e culturale», il tribunale amministrativo ha ricordato che «sul piano giuridico, un insegnamento di carattere etico e religioso, strettamente attinente alla fede individuale, non può assolutamente essere oggetto di una valutazione sul piano del profitto scolastico». «Lo Stato - hanno proseguito i giudici - dopo aver sancito il postulato costituzionale dell’assoluta, inviolabile libertà di coscienza nelle questioni religiose, di professione e di pratica di qualsiasi culto “noto”, non può conferire ad una determinata confessione una posizione “dominante” - e quindi una indiscriminata tutela ed un’evidentissima netta poziorità – violando il pluralismo ideologico e religioso che caratterizza indefettibilmente ogni ordinamento democratico moderno».
I RICORSI
E contro la prima ordinanza del ministro Fioroni le associazioni avevano presentato ricorso già nel 2007 ottenendo dal tar una sospensiva poi annullata dal Consiglio di Stato. identico ricorso venne poi presentato l’anno successivo, tanto che il tribunale amministrativo ha deciso di riunificare i due procedimenti nella sentenza del 17 luglio scorso.
Ed un terzo ricorso è stato presentato nei mesi scorsi contro una simile ordinanza riproposta dall’attuale ministro Mariastella Gelmini. ««Rispetto com’è ovvio la sentenza - spiegava ieri Fioroni - Ho tuttavia dato attuazione a un quadro legislativo e a una normativa precedente e vigente». «Ma la scelta di frequentare l’ora di religione - ha ribattuto Angela Nava, presidente del Coordinamento Genitori Democratici (una delle associazioni che hanno presentato il ricorso) - attiene ai convincimenti personali, non può essere misurata come una materia di insegnamento». «Ora - ha commentato Mimmo Pantaleo, segretario generale della Flc Cgil - il ministero dovrà garantire piena libertà di scelta». Di «sentenza bizzarra e discriminatoria» frutto di magistrati che sono «teste avulse dalla realtà» ha parlato invece il presidente dei senatori del Pdl Maurizio Gasparri. «È meglio prenderli in giro - ha spiegato - perché se dovessimo prenderli sul serio, ci sarebbe da piangere. È una decisione estemporanea che sarà sicuramente cancellata».