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Unità: Lazio, scuole in bancarotta

«CI TROVIAMO tra incudine e il martello: non sappiamo se chiamare un supplente sapendo che non lo potremmo pagare o non chiamarlo affatto».

20/04/2007
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l'Unità

Incontro tra presidi e ministero: «I pochi fondi che abbiamo servono per maternità e supplenti

e così c’è chi da anni non paga la tassa sui rifiuti della scuola e chi si fa sponsorizzare dai negozi»

di Gioia Salvatori

Nessun punto d'incontro tra i presidi del Lazio e i dirigenti ministeriali che ieri si sono incontrati all'Itis Galilei di Roma per una conferenza di servizio sui finanziamenti alle scuole. Ognuno ha detto la sua dipingendo il quadro disarmante di una scuola sempre più in bolletta, dove i dirigenti si arrabattano tra avvocati, iniziative di autofinanziamento e ricorso ad altri capitoli di spesa per pagare gli oneri più pesanti: maternità e supplenti. La Tarsu (la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani), talvolta maggiore dell'intero fondo scolastico annuo per il funzionamento dell'istituto, quasi nessuno la paga. «Siamo in un far west ai limiti della legalità - dice Giuseppe Barbaro, responsabile Roma e provincia dell'Anp - Ci troviamo tra l'incudine e il martello: non sappiamo se chiamare un supplente sapendo che non lo potremmo pagare o non chiamarlo affatto. Vogliamo, dato che siamo noi a rispondere alla Corte dei Conti, atti ufficiali dal ministero: che ci mettano per iscritto cosa dobbiamo fare». I crediti, accumulati anche nel 2005 e nel 2006, sono quasi sempre più del doppio di quanto le scuole hanno anticipato. Il preside di un classico di Terracina, con 2 patologie gravi e 4 maternità nel corpo insegnante, ha accumulato un credito del 500 per cento: in attesa di rimborsi si è fatto sponsorizzare da negozi cittadini che hanno affisso pubblicità sui muri della sua scuola. Ma i più in crisi sono gli istituti comprensivi, dove si chiama il supplente anche per un giorno d'assenza del titolare, anche se sempre più spesso a coprire poche ore d'assenza sono i colleghi di ruolo. «Io sono reggente di un istituto comprensivo di Ciampino: per tutto il 2007 avevo un budget di 46mila euro lordi per le supplenze nei primi tre mesi dell'anno ne ho già bruciati 58mila - racconta Barbaro - Per ora ho pagato solo gennaio, gli altri precari, molti adulti con famiglia, aspettano da due mesi». Idem alla scuola Colli dell'Aniene dove la preside già a fine 2006 avanzava un credito nei confronti dello stato di 135mila euro. A questi si aggiungono 12mila euro di sforo già accumulati nei primi tre mesi del 2007. «Per andare avanti mensa autogestita e pesca nel fondo d'istituto (incentivi per gli insegnanti di ruolo n.d.r.) - dice la preside Anna Fiorani». Ma perché costano tanto le supplenze? A mandare in crisi le scuole sono soprattutto le maternità. «Quest'anno ho pagato tre supplenti che, contattate, hanno dichiarato di essere in maternità. In più ho pagato la supplente che è di fatto venuta da me e, ovviamente, la titolare - racconta la preside -. Fermo restando il diritto di queste donne non è possibile che tutte le spese previdenziali ricadano su una scuola già senza fondi e non su istituti previdenziali o altri ministeri». Da parte del ministero, rappresentato dal dirigente Emanuele Barbieri, l'impegno a trovare un modo non far più ricadere le maternità sulle scuole e a trovare un accordo, per esempio con l'Anci, per esautorare le scuole dal pagamento della Tarsu. Ultima promessa un vaglio delle diverse situazioni regionali e una redistribuzione delle risorse per la scuola. (Il Lazio con una popolazione scolastica del 10 per cento sul totale nazionale, è, con la Lombardia, una delle regioni più disastrate). Insoddisfatti i presidi che chiedono atti formali e conti chiari subito.