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Unità_NApoli-Dopo il Piemonte anche la Regione Campania "stoppa" la riforma Moratti.

Dopo il Piemonte anche la Regione Campania "stoppa" la riforma Moratti. I PROBLEMI DELLA SCUOLA La giunta Bassolino blocca la sperimentazione nelle scuole Una delibera firmata dall'assess...

05/09/2005
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l'Unità

Dopo il Piemonte anche la Regione Campania "stoppa" la riforma Moratti.

I PROBLEMI DELLA SCUOLA

La giunta Bassolino blocca la sperimentazione nelle scuole

Una delibera firmata dall'assessore Gabriele ferma la prova generale

Sotto accusa il "doppio canale" che divide il sistema educativo
"Il decreto emargina la formazione professionale rispetto ai licei"

La Moratti non passa. La Campania dice no alla riforma delle scuole superiori promossa dal ministro Letizia Moratti. E non autorizza la sperimentazione che doveva partire con questo anno scolastico. La giunta regionale ha bloccato sul suo territorio ogni "prova generale" di riforma ed ha invitato le scuole a non variare la loro offerta formativa. Una delibera firmata ieri mattina, per esprimere "netta contrarietà all'ipotesi di riordino del secondo ciclo d'istruzione". Sotto accusa, in particolare, il "doppio canale", quello che spacca il sistema educativo in due parti, istruzione su un fronte e formazione sull'altro, di competenza statale la prima, regionale la seconda.
"Lo schema di decreto legislativo caro alla Moratti - spiega l'assessore all'Istruzione, Corrado Gabriele - emargina l'istruzione e la formazione professionale, rispetto al canale dei licei, anche per carenza di finanziamenti. La spesa prevista nel decreto, infatti, è tutta destinata ai licei, e lascia senza certezze l'istruzione e la formazione professionale". Di più: "Il testo del decreto non garantisce pari dignità tra i percorsi formativi. La delibera della giunta serve a questo: bloccare la sperimentazione".
Critiche non nuove. Anzi. Già ad agosto la giunta regionale della Toscana ha vietato le sperimentazioni, nelle sue scuole, e nei giorni scorsi anche il Piemonte, l'Umbria e le Marche hanno cominciato a mettere dei paletti. Ancor prima, a luglio, è stata la Conferenza delle Regioni a bocciare la riforma, a chiederne tout-court il ritiro, a ribadire che su una materia di così grande rilievo sociale è indispensabile il confronto con le Regioni (che hanno voce in capitolo in base alle loro prerogative costituzionali). "Lo schema di decreto legislativo - afferma Gabriele - è stato approvato in Consiglio dei ministri senza consultare le Regioni".
Stop, insomma, alle sperimentazioni cui ci si preparava nelle prime classi delle scuole superiori. Sperimentazioni caldeggiate dal ministro Moratti che a giugno aveva invitato gli istituti a mettere in piedi, sin da subito, progetti e attività che si adeguassero al suo disegno di scuola riformata. Niente più istituti tecnici, ad esempio, ma una serie di 8 licei differenziati in una ventina di percorsi formativi. Variazioni nella distribuzione delle materie e degli orari. Niente più 3 o 5 anni per i diplomi, ma due bienni più un successivo anno che apre le porte dell'università. Una riforma, comunque, ancora in costruzione, tanto vaga da sconsigliare stravolgimenti nelle scuole, in assenza di certezze. Le sperimentazioni, peraltro, investirebbero inevitabilmente l'organizzazione della rete scolastica e la programmazione dell'offerta formativa, e gli enti locali non vogliono vedersi "scippare" argomenti che sono di loro competenza. Persino il Consiglio nazionale della pubblica istruzione è scettico, circa il disegno della Moratti. E ieri un pool di organizzazioni di imprese (tra cui Abi, Casartigiani, Cia, Coldiretti, Cna, Confagricoltura, Confapi, Confartigianato, Confcommercio, Confindustria, Confservizi e Legacoop) ha rivolto al ministro l'invito a dialogare con le Regioni e a non procedere sulla via della "licealizzazione" degli istituti tecnici: "L'istruzione tecnica - spiegano - è stata la fonte insostituibile cui le imprese hanno attinto per anni tecnici preparati, provenienti da un percorso formativo vicino al mondo produttivo. La riforma ora in discussione prevede di trasformare gli istituti tecnici industriali e commerciali in licei tecnologici ed economici. Così si priva l'offerta di istruzione di un fondamentale filone formativo".