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Cittadelle chiuse o flessibili?

di Mila Spicola

07/02/2012
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l'Unità

«Alcuni lavoratori sono chiusi in una cittadella, pieni di garanzie, altri non hanno difese». Così esordisce il ministro Monti e allora cogliamo la palla al balzo.

A mio padre son spuntate le lacrime della nostalgia a pensar a Cronin, ad Alberto Lupo e al bianco e nero di una volta. “Papà, sempre di salute si tratta, medico era quello e medico è questo, deve curar un male terribile, la carenza di lavoro e di possibilità”.

A me invece, la parola “cittadella chiusa” non mi ha fatto tornare in mente la voce roca del bravo attore e il sapore domestico dello sceneggiato di quando ero piccola, bensì mi ha risvegliato il fegato con una fitta forte forte di dolori recenti. Il fegato dei tanti miei ex colleghi che ancora sudano senza speranza,  tra i corridoi accademici, vittime dei  tagli gelminiani, che tanto piacquero proprio a Monti, delle cordate di raccomandazioni necessarie e ancor più della longevità accademica da highlander dei propri prof di riferimento.

Parliamo di ricercatori precari e di Università. Di giovani da immettere nel mondo del lavoro e di ricambio generazionale. Di favorire chi ha pochissime garanzie e toglierne qualcuna, non tante, solo qualcuna, a chi ne ha troppe. E di promuovere sta benedetta flessibilità in uscita.

Intanto la prima domanda: in che range di età bisogna rientrare per ottenere il beneficio dell’aggettivo “flessibile”? Vale sempre o solo “da tot età a tot età”? Perchè se vale sempre allora ho una proposta.

E la rivolgo direttamente a Enrico Letta. Qualche anno fa, manco tanti, se ne uscì con un’idea che malvagia non era  affatto – nè allora e , a maggior ragione, adesso – ma subito gliela fecero ingoiare (“statte zitto, a Enrì!”) e che, secondo me, si adatta pari pari ai proponenda del primo Professore d’Italia, Monti.

Diceva Enrico: facciamo che tutti gli ordinari emeriti di ogni Ateneo italiano, sia esso pubblico o privato, alla veneranda età di 65 anni (…veneranda?? ma come ti permetti a Enrì, e statte zitto..), insomma a quell’età che abbiamo reso universalmente valida, maschi e femmine, per andarsene in pensione, s’innamorino della flessibilità, si piglino di “noia”, si modernizzino e se ne vadano in pensione pure loro? E si levino dai corridoi?

Se poi volessero continuare a fare ricerca, a pubblicare anche da pensionati (e dunque da stragarantiti) chi glielo vieterebbe? Intanto farebbero spazio dentro la cittadella di cui sopra ai tanti non garantiti che circolano, sudano, ricercano, pubblicano e fanno la fame. Spalancherebbero le finestre ermeticamente chiuse e i ponti levatoi cigolerebbero di un moto finalmente non rettilineo ed eternamente uniforme.

Poi dice la noia. Non è più probabile che si annoi un professore ordinario di 80 anni che fa il professore ordinario da 50 anni, al quale auguriamo il sole delle meritatissime Canarie,  piuttosto che un giovane precario di 30 anni al suo terzo o quarto anno di lavoro miracolosamente a tempo indeterminato? Qualora lo avesse? Perchè si deve scordare il posto fisso il giovane e assicurare il posto eterno al vecchio? No, dico, se ci sono dei motivi di opportunità diteceli. Sennò tacete. Con criterio. TRa l’altro parrebbe che in percentuale siano di meno i giovani che i vecchi. Ops, chiamiamoli anziani. O giovani dentro armati di vitalità. O diversamente giovani.

Aveva fatto pure un calcolo veloce, Letta, che è bravissimo a far calcoli – indimenticabile la scenetta dei tagli nascosti alla Gelmini in una memorabile puntata di Ballarò- indicando persino a quanti posti da neoricercatore corrispondessero i posti da ordinario che si sarebbero liberati con una tale noticilla.

Beh, allora lo inchiodarono al silenzio, perchè, in quelle due cittadelle che chiamasi Camera e Senato, gli ordinari con più di 65 anni, o i parenti stretti di ordinari con più di 65 anni, o i figli già ordinari orientati a rimanere tali fino alla morte, pullulavano. Io la ripiglierei in gran fretta quella proposta, approfittando della parola dell’emerito, tale e quale, giusto per non far rimangiar nulla al buon bocconiano, e la rimetterei in campo in quattro e quattrotto.

Un bel DDL contro l’eternità delle cittadelle baronali con una chiara flessibilità all’uscita non oltre i 65 anni.

Però ho come l’idea che l’aggettivo “flessibile” abbia molte affinità con l’aggettivo “ideologico”, o anche “demagogico” o “populista”, vale sempre quando si parla degli altri, della flessibilità degli altri, della demagogia degli altri e dell’ideologia degli altri. Appena comincia a pestare i propri  piedi all’improvviso evapora, sfuma, si perde..esattamente come il dottor Manson/Lupo nella nebbia del Galles.


Presentazione del libro il 18 novembre, ore 15:30
Archivio del Lavoro, Via Breda 56 (Sesto San Giovanni).

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