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Concorsi pubblici, si cambia, oltre al voto conta l'Università

I punteggi avranno valori diversi a seconda dell'ateneo di provenienza

03/07/2015
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La Stampa

FLAVIA AMABILE

Stop alla scelta delle università più generose nell'assegnazione dei voti, un emendamento promette di rendere i giudizi degli atenei equivalenti nei concorsi pubblici: a fare la differenza non sarà più solo il voto di laurea, potrà contare anche l'università da cui si arriva. Lo stabilisce una modifica approvata al ddl sulla Pubblica Istruzione, che parla di «superamento del mero voto minimo di laurea quale requisito per l'accesso» e «possibilità di valutarlo in rapporto ai fattori inerenti all'istituzione che lo ha assegnato». A volere l'emendamento è stato Marco Meloni del Pd dopo il primo via libera al Senato della riforma, il governo l'ha riformulato dando il via alla rivoluzione dei concorsi pubblici annunciata dal governo Renzi. Il voto di laurea finora è stato determinante, al contrario dell'università che rilascia il titolo che invece non ha alcun rilievo. L'emendamento prevede che il voto di laurea possa essere messo in rapporto ad alcuni fattori relativi all'università che lo ha assegnato dalla tipologia ai meccanismi valutativi degli atenei. Ma potrà essere considerato anche il «voto medio di classi omogenee di studenti». In questo modo si dovrebbero superare alcune possibilità di ingiustizia nel confronto tra diversi partecipanti ad una selezione. Secondo Marco Meloni «A questo punto il voto di laurea viene parametrato in base al voto medio degli studenti di una facoltà. Per fare un esempio, il 102 in una facoltà in cui il voto medio è 100 è diverso da1102 in una facoltà in cui il voto medio è 108 e quindi gli studenti che vogliono fare un concorso pubblico non scelgono più l'università in base ai meccanismi di attribuzione deí voti che legittimamente sono propri di una facoltà ma in base alla qualità della stessa». Ovviamente il meccanismo sarà definito nei decreti attuativi del ddl Madia. Sempre sul fronte concorsi viene sancita l'importanza dell'inglese e di altre lingue straniere, la cui conoscenza dovrà sempre essere verificata o come requisito per la partecipazione o come titolo di merito. Cambierà inoltre anche il format dei concorsi, saranno centralizzati o, quanto meno,aggregati. Anche qui l'obiettivo è arrivare a una «valutazione uniforme». Insomma la P.a. vuole evitare di imbattersi in "furbetti" che riescono a spuntarla scovando il varco più facile. Tanto che nel pacchetto di emendamenti sui concorsi, c'è anche la previsione di un polo unico per le selezioni pubbliche, una sorta di agenzia ad hoc che riunisca tutte le diramazioni responsabili in materia. Un'altra novità infine, riguarda l'articolazione degli esami: si va verso una scansione in diverse tappe, con la possibilità di acquisire titoli e superare verifiche che valgono per più concorsi. Altre modifiche hanno toccato il capitolo dedicato ai dirigenti: la possibilità di licenziamento scatterà, si precisa, solo a seguito di una "bocciatura", ovvero di una valutazione negativa sull'operato svolto. Non basterà essere privi di incarico per un determinato periodo ma bisognerà avere avuto almeno una volta la possibilità di lavorare e di conseguenza di essere giudicati. Quanto a incarichi direttivi e dirigenziali, viene precisato che anche i pensionati li possono svolgere purché a titolo gratuito e per un anno.


Presentazione del libro il 18 novembre, ore 15:30
Archivio del Lavoro, Via Breda 56 (Sesto San Giovanni).

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