Corriere: Atenei occupati dal Nord al Sud La Gelmini: studenti con me
Sì all’emendamento Valditara: chiamata diretta per tutti i ricercatori
ROMA — Occupazioni simboliche dei rettorati, assemblee, sit-in e laminaccia, a ottobre, di uno sciopero bianco dei ricercatori in grado di bloccare l’attività didattica. La protesta contro la riforma Gelmini (oggi il ddl Università potrebbe essere approvato in commissione al Senato) e i tagli (nel prossimo anno accademico oltre un miliardo di euro) dilaga negli atenei: Torino, Ancona, Pavia, Urbino, Lecce, Cosenza, Palermo, Padova, Roma, Napoli, Milano, Catania, Modena, Reggio Emilia, Potenza, Trieste, Messina. Stamani rappresentanze di ricercatori, docenti, amministrativi e studenti si ritroveranno davanti a Palazzo Madama. La manifestazione contro il ddl Gelmini sarà trasmessa in diretta dalla rete della radio universitarie Ustation. «Mentre in Parlamento si discute — dice il segretario della Flc Cgil Mimmo Pantaleo— ilmalato muore. Tanti atenei nei prossimi mesi rischiano il collasso».
Fine dei discussi concorsi locali, abilitazione scientifica nazionale per diventare professori, reclutamento e progressioni di carriera del personale solo in base al merito: la riforma divide il mondo accademico. Per alcune organizzazioni e associazioni sindacali, tra cui Flc Cgil, Cipur Confsal, Andu e Adi, la legge — anche per la mancanza di investimenti — non garantisce il rilancio dell’università pubblica e va respinto. Il provvedimento, grazie ad un clima bipartisan in commissione, tuttavia è andato avanti. E ilministro Gelmini oggi risponde alla mobilitazione contro la sua riforma ricordando il risultato delle recenti elezioni studentesche: nel Consiglio nazionale 18 dei 30 seggi saranno occupati da rappresentanti del centrodestra. I rettori, che non condividono completamente la riforma, ieri hanno incontrato studenti e ricercatori — è successo a Cagliari, Torino e a Bologna — senza però abbracciare la protesta. Ivano Dionigi, rettore dell’«Alma Mater», non ha firmato il documento delle associazioni sindacali. Al centro della mobilitazione, oltre ai tagli, il destino dei ricercatori. Il ddl elimina i contratti a tempo indeterminato e istituisce i ricercatori a termine: solo 6 anni dopo i quali, se non si supera la selezione abilitante, si deve lasciare l’università.
«Il Coordinamento nazionale ricercatori universitari (Cnru) — spiega il portavoce Marco Merafina — ha elaborato una proposta a costo zero per far diventare oggi professori migliaia di ricercatori che insegnano da anni negli atenei». Ma la proposta del Cnru sono giudicate da una parte del mondo accademico come una sorta di sanatoria.
«Quello che si poteva fare per migliorare il testo è stato fatto— afferma il senatore Giuseppe Valditara, relatore della legge —. Abbiamo eliminato una discriminazione contenuta nel testo iniziale per cui la chiamata diretta era riservata esclusivamente ai ricercatori a contratto. Sulla base dell’emendamento la chiamata diretta, previa abilitazione nazionale a professore associato — continua Valditara — sarà possibile anche per ricercatori a tempo indeterminato. Il compito di una maggioranza di un governo responsabile è di offrire un’opportunità ai giovani studiosi e non posti a chiunque».