Corriere-primi passi della riforma Moratti
primi passi della riforma Moratti di ANGELO PANEBIANCO La convocazione, da parte del ministro della Pubblica istruzione, Letizia Moratti, degli Stati Generali della scuola non è stata, fors...
primi passi della riforma Moratti
di ANGELO PANEBIANCO
La convocazione, da parte del ministro della Pubblica istruzione, Letizia Moratti, degli Stati Generali della scuola non è stata, forse, una buona idea. Sia perché riunioni pubbliche di tal fatta, in genere, non servono alla scuola, sia perché, dopo Genova, non si dovrebbero più offrire palcoscenici e riflettori all'estremismo di piazza. Tanto, si sa, in Italia è difficilissimo discutere seriamente, ossia in modo non ideologico, di scuola. Il più grande problema della scuola italiana, il fatto che essa non prepari più decentemente la maggioranza dei ragazzi, non interessa per nulla né agli ideologici protestatari né ai tanti (forse i più) che, quando si parla di scuola, preferiscono recitare la solita commedia dei Guelfi e dei Ghibellini. A differenza di Mario Pirani, con cui pure spesso concordo in materia di istruzione, non penso che il "disastro", come lo ha definito su Repubblica , sia cominciato quando ci si è messi a parlare della scuola con linguaggio aziendalistico. Penso che il disastro sia iniziato molto tempo prima, negli anni Settanta, quando si cementò l'alleanza fra laureati ex sessantottini, sindacati che, per meglio manovrare il corpo docente, puntavano, con sanatorie e altri mezzi, a dequalificarlo il più possibile, e una classe politica lassista, disposta ad assecondarli. E' allora che fece le sue prime prove quel governo invisibile, che ha poi sempre governato di fatto la scuola spingendola, un passo dopo l'altro, nel tunnel della dequalificazione: un governo invisibile composto da sindacati, funzionari ministeriali sindacalizzati e pedagogisti (nella veste di ideologi). Periodicamente assistiti e coadiuvati dal solito "movimento" di studenti politicizzati.
Raddrizzare questa situazione ormai compromessa è difficilissimo, forse impossibile. Ora ci prova la Moratti. Diciamo subito che la sua proposta di riforma dei cicli scolastici è nettamente migliore di quella in precedenza varata dal centrosinistra. Soprattutto perché prevede l'introduzione, dopo la scuola media inferiore, del canale professionale (dal livello più basso fino a quello della massima qualificazione). L'assenza di quel canale pesava negativamente sul Paese, sia perché lasciava una parte assai ampia dei nostri giovani senza preparazione alcuna, sia perché finiva per scaricare sulla scuola compiti che non le appartengono. Il fatto che una sinistra "idealistica", gentiliana, amante solo delle "belle lettere" (e a volte neppure di quelle), e che ha da sempre in uggia la formazione professionale, faccia le barricate e parli del doppio canale (scolastico e professionale) dicendo sciocchezze sulla "scuola dei ricchi" e "sulla scuola dei poveri", non dovrebbe spaventare il ministro. Era previsto.
Però, non di soli cicli vive la scuola. Non è ancora chiaro, ad esempio, come si vorrà affrontare il problema più importante di tutti (e su cui si bruciò, a suo tempo, Luigi Berlinguer): quello della introduzione, finalmente, di una "carriera" per gli insegnanti, essenziale per la ri-professionalizzazione della categoria. Nonché il problema dei futuri reclutamenti. Sarebbe un disastro se, ad esempio, dandola vinta a certi pedagogisti, ai prossimi insegnanti venisse richiesta, dopo una laurea triennale (in lettere, matematica, o altro), una laurea specialistica in "aria fritta", di tipo socio-psico-pedagogico, anziché dedicata al prevalente approfondimento delle materie che essi dovranno insegnare.
Concludo ricordando, a proposito dei cicli, che chi scrive ha già espresso in precedenza su questo giornale (il 2 dicembre), perplessità sulla proposta di ridurre di un anno il percorso liceale. Le repliche non mi hanno convinto. Non si capisce perché si voglia sconvolgere i licei attuali. Dal momento che il problema non è che i giovani escano dalla scuola a diciotto anni (come in molti Paesi europei, ma non in tutti) o a diciannove. L'unico problema che dovrebbe interessarci è che ne escano preparati.