Corriere - Stiamo davvero per diventare come gli Stati Uniti?
. Stiamo davvero per diventare come gli Stati Uniti? Stiamo davvero per diventare come gli Stati Uniti, da una parte università di serie A, Harvard, Yale, Princeton, Chicago e poche altre ...
. Stiamo davvero per diventare come gli Stati Uniti?
Stiamo davvero per diventare come gli Stati Uniti, da una parte università di serie A, Harvard, Yale, Princeton, Chicago e poche altre e poi la massa delle State Universities che, invece di far ricerca e didattica avanzata, fanno solo didattica generica? Leggendo il testo del parere sui requisiti minimi per l'attivazione di nuovi corsi all'università, uscito dal Comitato Nazionale nel settembre 2001 e diffuso ora via Internet, i pericoli di una fine di questo tipo sono evidenti. In apparenza nulla da ridire: si invita il Ministero dell'Università (Murst) a stabilire dei requisiti minimi perché si possa attivare un corso. Ma, a ben vedere, il progetto appare di segno molto diverso. Chiedere che, per attivare vecchi e nuovi corsi, vi debbano essere negli organici delle singole facoltà il 90 per cento dei docenti di ruolo per coprire l'offerta formativa, vuol dire avere 18 docenti di ruolo per corso di studio, diminuibili a 14 se vi sono altri corsi attivati; non si permette quindi ai docenti di tenere più di un corso, come in passato e, soprattutto, non si conteggiano i professori a contratto. Con conseguenze gravissime. Le grandi sedi universitarie dispongono di centinaia di docenti di ruolo in ogni facoltà e quindi possono attivare molti corsi; le piccole non hanno queste possibilità, anche con i ricercatori, ma spesso posseggono attività scientifiche avanzatissime e capacità innovativa. Le facoltà finora potevano integrare la docenza di ruolo con professori a contratto che ora non potranno essere conteggiati dal Murst e quindi molti corsi chiuderanno o non si apriranno. Con una norma del genere diventano vane le parole sul rapporto indispensabile fra ricerca accademica e libere professioni, fra università e mondo del lavoro. Nel progetto del Comitato sono implicite anche sanzioni: nessun finanziamento per chi deroga, non riconoscimento del titolo. Le conseguenze del provvedimento sono ovvie e gravissime: si favoriscono sei, sette sedi che avranno quindi tutta l'offerta didattica; tutte le altre avranno vincoli vessatori tali da mandare in crisi non solo gran parte della didattica ma anche la formazione di ricercatori avanzati non potendosi proporre se non poche lauree e pochissime specialistiche.
Dunque, delle due l'una: o rifiutiamo il modello che privilegia poche grandi università ma penalizza tutte le altre, oppure avremo un grande ritorno, di centinaia di migliaia di iscritti, nelle maggiori sedi con congestione e crisi del sistema. Serve invece sviluppare la crescita delle medie università e favorire in ogni modo la loro capacità progettuale insieme a un fecondo rapporto con il mondo della produzione che, attraverso i docenti a contratto, fornisce alla ricerca e alla didattica un contributo irrinunciabile.
Arturo Carlo Quintavalle