Corriere: Università, compromesso sull’età dei prof in pensione
Il testo approvato al Senato. Stretta sugli atenei in rosso
ROMA— Professori universitari in pensione prima, per favorire il ricambio generazionale. Giro di vite sulle assunzioni dei ricercatori. Tetto massimo alla durata del mandato dei rettori. Commissariamento per gli atenei in dissesto finanziario. E— almeno nelle intenzioni— più meritocrazia nelle carriere (di studenti e docenti) e nelle procedure per l’assunzione dei «prof». Il Senato ieri ha approvato il ddl Gelmini. Il testo, dopo la pausa estiva approderà alla Camera, con l’obiettivo di arrivare al via libera definitivo entro fine anno.
«È una riforma storica dell’università», ha annunciato lo stesso ministro Maria Stella Gelmini, raccogliendo in aula, un po’ a sorpresa, i voti e il pieno appoggio di Francesco Rutelli, senatore dell’Api che al momento delle dichiarazioni di voto ha suscitato lo scherno degli ex compagni di partito del Pd: «È un provvedimento che migliora la qualità delle nostre università», ha dichiarato l’ex sindaco di Roma. «Rutelli sta scaldando i muscoli per prendere il posto dei finiani nella maggioranza», hanno scherzato a denti stretti dagli scranni del centrosinistra. E poi il giudizio politico sul provvedimento: «Non è una riforma, è un provvedimento debole e le risorse sono insufficienti», ha sintetizzato per il Pd il senatore Luigi Zanda; parere condiviso anche da Idv e Udc. Da notare però, l’apprezzamento espresso da Ignazio Marino, Pd, «alle nuove norme per la trasparenza nella valutazione dei professori».
Polemiche a parte, il provvedimento introduce comunque numerose novità. A partire dall’età della pensione per i professori universitari. Anche se il ministro Gelmini si era detta favorevole all’abbassamento da 72 a 65 anni, ieri in aula l’emendamento in tal senso presentato dal Pd è stato bocciato. La rivolta dei professori, e la paura del ministro Tremonti di dover ritoccare i saldi finanziari del settore con l’anticipo obbligatorio della pensione, ha infatti indotto il governo a ripiegare su una soluzione di compromesso: i professori ordinari andranno a riposo a 70 (gli associati a 68). E ilministro Gelmini, incalzata dal centrosinistra, si è giustificata: «Ero e resto favorevole all’abbassamento dell’età pensionabile per favorire il ricambio generazionale, ma visto che abbiamo trovato le risorse per gli scatti di anzianità dei ricercatori, possiamo a questo punto pensare a un abbassamento graduale dei limiti per l’uscita dal lavoro». La responsabile del dicastero, intervenendo a Palazzo Madama in mattinata, ha infatti spiegato che «sono stati reperiti 40 milioni per garantire il recupero degli scatti di stipendio dei ricercatori».
E proprio per i ricercatori in arrivo c’è una rivoluzione per l’accesso alla carriera accademica. Potranno entrare solo con contratti a tempo determinato (4-5 anni) seguiti da contratti triennali al termine dei quali solo se avranno ottenuto l’idoneità potranno essere confermati a tempo indeterminato come associati. In caso contrario chiuderanno il rapporto di lavoro con l’ateneo, anche se l’attività svolta darà punteggio per i concorsi pubblici. I rettori invece non potranno restare in carica per più di otto anni, mentre saranno distinti ruoli e funzioni dei Senati accademici e dei cda. Ogni università potrà avere al massimo 12 facoltà e potranno esserci accordi regionali. I professori per essere assunti dovranno ottenere un’abilitazione nazionale e dovranno certificare 350 ore all’anno di presenza a lezione o al servizio degli studenti. Nasce poi un fondo che premierà il merito degli studenti. E le università che non avranno i conti in regola saranno commissariate.