Crac università. Ora a rischio servizi e stipendi .
Il ministro Profumo si assume la responsabilità «politica e morale» dell'azione di questi mesi. . Forte il «rammarico» per non essere riuscito a limitare i tagli e per le difficoltà nelle riforme
LUCIANA CIMINO ROMA
Da un lato il ministro Profumo che esprime «rammarico» per lo stato, ormai terminale, con cuì il governo tecnico dì Monti lascia l'università Italiana. Dall'altro la Conferenza dei rettori (Crui), in una inedita unità di vedute con studenti e ricercatori, che «respinge in toto il disegno politico che porta all'affossamento del sistema universitario nazionale». Profumo ieri mattina in una lettera di commiato sul sito del ministero dell'Istruzione ha ammesso che i costanti tagli occorsi negli ultimi anni al comparto scuola e università sono stati «un errore strategico» ma, scrive, sarebbe stato «forse quasi impossibile» non effettuarli date le condizioni economiche del Paese. Un colpo letale poi quei mancati 300 milioni (cancellati dall'ultimo ddl stabilità) «che pregiudicano il funzionamento dell'intero sistema della formazione superiore». Insomma nel fare gli auguri agli insegnanti e agli studenti, Profumo si assume «per intero tutta la responsabilità politica e morale» dello stato dell'istruzione pubblica. «Anche quest'anno si è ritenuto di chiedere alla scuola, nonostante i tagli e le carenze di risorse e investimenti subiti negli ultimi anni, una riduzione delle risorse complessive scrive il titolare di viale Trastevere A questa richiesta, che sottintendeva un mancato riconoscimento della centralità della scuola italiana nell'agenda politica dell'Italia, ho cercato di dare una risposta, purtroppo obbligata, che almeno prefigurasse un cammino di riforma del modello di insegnamento, con tutte le difficoltà e le incomprensioni, suscitate anche dal fatto che lo si doveva fare senza investimenti». Ma fra poco meno di due mesi la situazione esplosiva rimarrà nelle mani del ministro indicato dalla futura coalizione di governo eletta. Nel 2013 i bilanci degli atenei saranno in rosso. Nel concreto significa, spiega la Crui, che garantiranno le spese del solo personale in servizio e si vedranno costrette alla riduzione del 20-25% dei servizi essenziali (luce, gas, riscaldamento, laboratori, biblioteche) con conseguenze sulle infrastrutture della didattica e della ricerca, sull'offerta formativa, sulle immatricolazioni e sulla correlata fuga di studenti e ricercatori verso l'estero. È possibile che quante non riescano a chiudere i bilanci (il 50% stimano i rettori) non abbiano più possibilità di pagare gli stipendi. I ricercatori precari così come il personale non a tempo indeterminato saranno falcidiati, «diventerà impossibile assumere e garantire ricambio spiega un membro della Crui ma del resto le università hanno il turn over bloccato da 5 anni, così la ricerca muore». Per questo, dicono, c'è stata continuità tra questo governo e i precedenti, «scelte gravissime e irresponsabili coerenti con il piano di destrutturazione del sistema iniziato con le leggi 133/2008 e 126/2008 a carico di una università pesantemente sottofinanziata rispetto alle altre realtà internazionali». La Crui lo dice più volte, in più modi: l'università italiana è fuori dall'Europa, l'Italia non può stare nella Ue se non ci stanno in suoi atenei. In gioco c'è il «crollo oggettivo del sistema». Sperano che «il danno all'istruzione pubblica non sia irreversibile» gli studenti. «Le dichiarazioni di Profumo sono tardive spiega Elena Monticelli del coordinamento universitario Link è da quando si è insediato il governo Monti che noi chiediamo una inversione di tendenza rispetto alla Gelmini. Siamo andati in piazza, ci hanno accusato di essere facinorosi perché non c'erano motivi per protestare, adesso Profumo fa questa lettera? Non c'è più tempo: il prossimo governo deve sapere che il diritto allo studio e il finanziamento all'istruzione dovranno essere prioritari e immediati».