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Darwin e la Buona Scuola

Sottesa alla riforma vi è la competizione tra gli insegnanti: una selezione naturale, così naturale da essere considerata per ciò stesso “giusta”. Ma dove si dirigeranno i “meritevoli”, a parità di stipendio? Verso le sedi eccellenti, con alunni eccellenti, in contesti eccellenti. La probabilità di avere un bravo insegnante in una periferia degradata diminuirebbe di molto rispetto allo stato attuale dei fatti. La buona scuola si costruisce con la cooperazione, non con la competizione tra gli insegnanti: non ha bisogno di primattori, ma di un gruppo di insegnanti che lavori in modo coerente, condividendo le buone pratiche, individuando e valorizzando le potenzialità di ognuno.

12/05/2015
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ROARS

Luca Girlanda

Sottesa alla riforma, svelata nelle intenzioni iniziali degli scatti al 66% dei docenti ma ugualmente apparente nella versione finale della scelta diretta del preside, vi è la competizione tra gli insegnanti: la contesa per far parte del 66%, per essere assunto dal dirigente, o da questi premiato con incentivi economici. Insomma una selezione naturale, così naturale da essere considerata per ciò stesso “giusta”.

E tuttavia, ad una riflessione appena più approfondita, si scopre quanto questo meccanismo sia deleterio alla costruzione di una buona scuola.

Come in ogni gruppo, anche tra insegnanti vi sono talenti in grado diverso. Ammettiamo (e non concediamo) che sia possibile quantificarli oggettivamente. A cosa porta il meccanismo di selezione naturale prospettato dal disegno di legge? Al fatto che i “meritevoli” saranno chiamati dai presidi prioritariamente, potendo di fatto scegliere la loro sede. I “non-meritevoli” saranno invece chiamati per ultimi, e dovranno accettare le sedi rimaste libere. Dove si dirigeranno i “meritevoli”, a parita’ di stipendio? Verso le sedi eccellenti, con alunni eccellenti, in contesti eccellenti. Nelle sedi periferiche e problematiche confluirebbero invece gli scartati. La probabilità di avere un bravo insegnante in una periferia degradata piuttosto che in un prospero centro urbano diminuirebbe di molto rispetto allo stato attuale dei fatti: conseguenza, questa, appena più nascosta ma altrettanto lampante dello stesso meccanismo darwiniano. Che più efficacemente produrrà i suoi effetti: selezionare gli alunni “adatti” (soprattutto per il fatto di trovarsi nel contesto adatto) ed avviarli a costituire la futura classe dirigente, lasciando che i “non-adatti” rimpinguino le percentuali dell’abbandono scolastico e della devianza sociale. E’ questa la meritocrazia cui si vuole tendere?

La selezione naturale, a dispetto della sua naturalezza, è orribile e feroce. L’intelligenza, la coscienza e la cultura dovrebbero consentire di riconoscerla come legge della giungla, e affrancarsene, o piuttosto affermarla ad un altro livello.

La buona scuola si costruisce con la cooperazione, non con la competizione tra gli insegnanti: non ha bisogno di primattori, ma di un gruppo di insegnanti che lavori in modo coerente, condividendo le buone pratiche, individuando e valorizzando le potenzialità di ognuno. Esattamente ciò che va fatto, e questa sembra una riflessione maggiormente condivisa, per gli alunni del gruppo classe: costruire una didattica che miri all’inclusione e alla valorizzazione di ognuno, e non lasciare che la selezione naturale emetta in modo brutale le proprie sentenze.

Il sistema della chiamata diretta si espone inoltre al rischio di degenerazioni di natura clientelare, in un paese dove la corruzione sembra l’unico denominatore comune, rischio che rivaleggia con quello della burocratizzazione e dell’appiattimento insito nel sistema delle graduatorie. Del resto qualsiasi architettura normativa, se il tessuto sociale è malato, ne subisce le conseguenze.  E chi se non proprio la scuola dovrebbe guarire il malato?

Di fronte a queste considerazioni emerge una strategia sensata: che i posti disponibili vengano messi a concorso, un concorso che preveda solo vincitori di posti esistenti (e non “idonei” destinati al precariato), vincitori che sceglierebbero tra i posti disponibili in ordine di punteggio. Per garantire i diritti acquisiti la metà delle assunzioni dovrebbe attingere dalle graduatorie esistenti, chiuse a ulteriori ingressi, fino ad esaurimento delle stesse.

Se suona familiare non è un caso: è il meccanismo vigente. C’è anche una legge per cui “I concorsi per titoli ed esami sono indetti su base regionale con frequenza triennale” (legge 124/1999), una periodicità poi platealmente disattesa. Non è conservatorismo: in questo paese la vera rivoluzione è rispettare le leggi.


Presentazione del libro il 18 novembre, ore 15:30
Archivio del Lavoro, Via Breda 56 (Sesto San Giovanni).

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