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Dieci domande a Renzi

Le istanze vengono rivolte anche ai parlamentari e a tutti coloro che pensano che il progetto Renzi relativo alla scuola possa migliorare la situazione disastrosa in cui questa istituzione si trova dopo anni di deprivazioni di ogni tipo

15/05/2015
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La Tecnica della Scuola

Claudio Berretta

1) La ricerca in ambito internazionale dimostra che le scuole migliori sono quelle dove esiste un alto livello di collaborazione, ma allora perché si vuole creare una scuola competitiva dove le decisioni sono accentrate nelle mani del dirigente, dove non si prevedono momenti di progettazione e riflessione comune e dove un misero premio in denaro provocherà invidie e divisioni, senza peraltro garantire in alcun modo di premiare il vero merito e soprattutto senza incidere in alcun modo sulle situazioni di incapacità, di inidoneità al ruolo o di demotivazione, che danneggiano il percorso formativo degli allievi?

2)  Perché non viene premiato il merito di chi oggi tiene in piedi le scuole, con centinaia di ore di lavoro non pagato, semplicemente restituendo alle scuole i fondi per retribuire dignitosamente chi svolge ruoli di progettazione e coordinamento e chi è disponibile a condurre attività di laboratorio, di recupero, di potenziamento, di tutor, di insegnamento dell'italiano agli allievi stranieri, che in passato, prima dei devastanti tagli della ministra Gelmini, in alcune scuole erano determinanti per salvare tanti studenti dall'abbandono scolastico?
3)  Perché si vogliono aumentare le discriminazioni tra settori agiati della popolazione e fasce deboli, finanziando sempre di più le scuole private (violando così l'art. 33 della Costituzione) e con il cinque per mille alle singole scuole? Dovrebbe infatti essere chiaro che una scuola in un quartiere ricco avrà più risorse di una in un quartiere povero, quando dovrebbe essere esattamente il contrario.
4)  Perché non si prende in considerazione il fortissimo rischio che le assunzioni dirette da parte dei dirigenti possano favorire fenomeni di clientelismo con assunzioni di parenti, amici e creazione di pacchetti elettorali?
5) Perché non si prende in considerazione l'alta probabilità che le assunzioni dirette da parte dei dirigenti possano limitare la libertà di insegnamento stabilita dalla Costituzione, rendendo i docenti totalmente sottomessi al volere dei dirigenti?
6) L'idea iniziale che una buona scuola non la fa un Governo, ma un Paese intero era decisamente condivisibile. Ma allora perché i risultati della consultazione on-line non sono stati pubblicati?
7)  Perché le mozioni dei collegi docenti di tante scuole che hanno fatto riunioni per esprimere il loro parere, come chiedeva il Governo, non sono state considerate e anzi gli insegnanti sono stati accolti da poliziotti in assetto antisommossa, quando volevano solo avere un incontro con esponenti del Ministero per illustrare queste mozioni?
8)  Perché una Legge di Iniziativa Popolare firmata da 100.000 cittadini non viene discussa in Parlamento e presa seriamente in considerazione?
9)  Perché si permette a membri del Governo senza specifiche competenze (non hanno mai lavorato nella scuola né hanno mai fatto studi in ambito pedagogico) di fare affermazioni scientificamente infondate e offensive, accusando gli insegnanti (cioè i professionisti del settore con competenze specifiche) di non capire?
10) Affinché una scuola funzioni bene servono insegnanti, edifici, attrezzature e materiali. Perché non si restituiscono alla scuola le risorse necessarie per l'edilizia e l'acquisto di quanto necessario e non vengono immediatamente assunti i precari con un decreto urgente, rispettando le disposizioni della Corte Europea, invece di vincolare queste assunzioni all'approvazione della riforma della scuola che richiede tempi adeguati di riflessione e momenti di confronto? 

Presentazione del libro il 18 novembre, ore 15:30
Archivio del Lavoro, Via Breda 56 (Sesto San Giovanni).

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