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Gelmini avverte i finiani: «Smettetela o ritiro il ddl»

Camera sorda. La riforma slitta a martedì

26/11/2010
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il manifesto

ROMA

La protesta degli studenti e dei ricercatori «va ascoltata, non criminalizzata». Alla fine anche i finiani - dopo Ferrero, Bersani, Di Pietro e Vendola - salgono sul tetto. Flavia Perina. Fabio Granata e Benedetto Della Vedova rimarcano la differenza politica tra Fli e il resto della maggioranza rispetto alla cultura e alle proteste delle università: «Fare politica significa ascoltare. Comprendiamo le ragioni della protesta e ci stiamo confrontando con i precari sulle prospettive di miglioramento del testo del ddl», spiega Granata. La camera ormai è una plaza de toros. Con Pdl e Lega che corrono corrono ma vengono infilzati appena possibile. Ieri la maggioranza è stata battuta un'altra volta (la quarta su questo ddl e la 61ma in due anni) su un emendamento minore proprio di Granata. La confusione era tale che perfino i ministri Gelmini e Alfano in uno scrutinio hanno votato per errore con le opposizioni. Una giornata stanca, con il via libera alla riforma che slitta ormai a martedì prossimo (poi tornerà al senato in terza lettura). E' passato quello che chiude l'epoca dei rettori a vita: potranno restare in carica solo un mandato, per un massimo di sei anni. Tra i deputati sfibrati dalla tregua guerreggiata che andrà avanti fino alla fiducia del 14 dicembre accade di tutto. Martedì per esempio si riprenderà da un emendamento anti-dinastie dell'Idv che vieta la partecipazione ai concorsi a chi ha parenti fino al terzo grado tra i professori di quell'ateneo. Una modifica che tenta molto anche Lega e Fli: alleanze insolite. Oppure c'è Bersani che difende a spada tratta in aula le ragioni dei ricercatori e sfida la ministra Gelmini - che lo aveva definito «segretario precario e studente ripetente» - a pubblicare i suoi voti universitari su Facebook «compreso il viaggetto a Reggio Calabria» con cui ha preso l'abilitazione da avvocato. Detto fatto. Per Bersani tutti 30 e 30 e lode (un solo 28, in letteratura latina) e laurea in filosofia (storia del cristianesimo) nel 1974 a Bologna con 110 e lode. Si aspetta il curriculum della ministra. Gelmini ormai non sa più come arginare gli affondi di Fli. Anzi, uscendo dall'aula dopo la sospensione dei lavori consegna ai finiani una lista di emendamenti «sui quali non fare scherzi». Una strategia di appeasement che a Palazzo Grazioli pare sia piaciuta molto poco. Tuttavia è l'unica praticabile. «Finché Fli si smarca su un emendamento non particolarmente significativo rientra nella tecnica parlamentare e non entro nel merito - si difende la ministra - mi auguro però che non vengano votati emendamenti il cui contenuto stravolga il senso della riforma, se così fosse come ministro mi vedrei costretta a ritirarla». Il Pd punta proprio su questo. Bersani lo ha ribadito in aula provando a infilarsi nelle contraddizioni della maggioranza ma i lavori sono andati avanti. In un clima acerbo, con Cicchitto (Pdl) che lo accusa nientemeno di «lisciare il pelo all'estremismo». E Bondi: «Blair non sarebbe mai salito sul tetto». Lega e Pdl insomma non perdono l'occasione per condannare qualsiasi manifestazione studentesca come un fatto di delinquenza giovanile, criminale, violenta e fascistoide. Al ministero, con una solerzia svizzera buona per i talk show, già quantificano i danni per le occupazioni a 10 milioni di euro. «Vadano a raccogliere la monnezza a Napoli», suggerisce il dannunziano ministro La Russa. «Sono solo perditempo e privilegiati» sfotte Salvini della Lega. L'antologia può bastare, il senso è chiaro. Gelmini invece va al Tg1 tarocca-immagini: «Proprio non comprendo come mai gli studenti vogliano difendere i privilegi dei baroni». Il taglio di 300 milioni (anche alle borse di studio) potrebbe essere un indizio.