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Gelmini, la vendetta

Con 161 voti a favore, 98 contrari e 6 astenuti la maggioranza riesce nell'impresa di approvare la riforma prima delle vacanze. Prossimo fronte, il varo dei decreti attuativi di una legge che produrrà contenziosi amministrativi e giuridici a non finire

24/12/2010
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Roberto Ciccarelli


Dopo avere abolito il 68, ma non il Natale, 161 senatori della maggioranza (contro 98 colleghi dell'opposizione e 6 astenuti) sono riusciti nell'impresa di approvare la riforma dell'università prima di scambiarsi i pacchi dono. E il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha risposto ad una nuova missiva degli studenti, questa volta di Mattia Sogaro Presidente del Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari (Cnsu) in cui ha ribadito la sua volontà di astenersi «dall'esprimere qualsiasi opinione di merito su scelte legislative che appartengono alle responsabilità del governo e del Parlamento». Non ha tutti i torti chi ha sostenuto ieri che la riforma Gelmini «è il passaggio fondamentale della legislatura». Difficilmente, infatti, un governo che si regge su tre voti di maggioranza alla Camera riuscirà a fare di meglio nei prossimi sei mesi.
Non contenta però di avere sollevato le fiamme di un'opposizione ampia e determinata, il ministro Gelmini ha già promesso di aprire un altro Vietnam, quello del varo di 50 decreti attuativi ad una legge che produrrà contenziosi amministrativi e giuridici a non finire.
Nulla è mai certo nel berlusconismo, ma non è escluso che il destino delle università potrebbe essere il seguente: a partire da metà gennaio, dopo il meritato riposo dei parlamentari, il consiglio dei ministri dovrà approvare un paio di decreti a settimana. Un lavoro che potrebbe esaurire le energie creative degli uomini e delle donne al governo, senza contare il nugolo di statuti, regolamenti, norme e corollari che estenuerà le competenze degli organi accademici di tutti gli atenei. La legge che un altro soddisfatto avventore degli scranni del governo ha voluto dedicare beffardamente «ai ragazzi che hanno riempito le piazze in questi giorni» sacrificherà 60 mila ricercatori precari sull'altare di quella che è stata ribattezzata «tenure trash» (e non «tenure track») perché saranno necessari almeno 8 anni prima che qualche centinaio di baciati dalla fortuna conquistino il loro posto al sole a tempo indeterminato.
La riforma Gelmini istituirà inoltre la monarchia assoluta dei rettori e dei consigli di amministrazione e metterà 26 mila ricercatori sul binario morto in attesa dell'annuncio natalizio di 1500 concorsi da professore associato. «Basta con l'anomalia dei ricercatori a vita - ha precisato una pugnace Gelmini - anche se non abbiamo toccato lo status degli attuali ricercatori». Pur di evitare a gennaio nuove occupazioni dell'intera rete autostradale italiana, di essere meritocraticamente degno di ripresentarsi nell'urna elettorale e di non cedere ad un confronto su una legge disordinata, velleitaria e filo-baronale, il tarantolato autoritarismo del governo ha dunque riscritto le più elementari procedure liberali di funzionamento del parlamento festeggiando in questo modo la nascita dello stato di diritto ad personam.
«Abbiamo dimostrato - ha spiegato la capogruppo Pd al Senato Anna Finocchiaro - che potevamo impantanarli e li abbiamo impantanati. Abbiamo ottenuto 24 ore in più per potere illustrare le nostre posizioni e abbiamo ottenuto la ripresa in diretta delle dichiarazioni di voto». In tempi di cesarismo allo stadio terminale persino una discussione accademica in tv è una soddisfazione.
Su queste, e altre dichiarazioni surreali, resta però un mistero. Cosa è davvero accaduto durante le due ore di interruzione dei lavori al Senato tre giorni fa? Il Pd avrebbe potuto serenamente guardare i filmati su YouTube, verificare l'approvazione di 4 emendamenti e chiedere il rinvio del Ddl alla Camera o, in punta di regolamento, spostare la discussione al 24 dicembre. Sarebbe stato più utile rovinarsi la vigilia piuttosto che rifare in diretta la storia del 68 dimostrando a Mariastella Gelmini che anche lei gli deve qualcosa in quanto «giovane ministro donna». Anche perché tutti coloro che si sono mobilitati contro la riforma sono nati dopo il 68.
Sostenere invece di «avere abolito il 68» è l'ultima vendetta dei padri e delle madri contro i figli, prima di precipitarli nell'abisso di un presente e di un futuro che saranno peggiori, anche se oggi sono ancora in molti a fingere di non sapere e di non vedere.
la lettera «Sono interessato a conoscere le vostre valutazioni critiche e proposte», è la risposta del presidente alla missiva ricevuta ieri da Mattia Sogaro del Cnsu
 


Presentazione del libro il 18 novembre, ore 15:30
Archivio del Lavoro, Via Breda 56 (Sesto San Giovanni).

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