Giovani medici si cambia, un anno
Ok del Consiglio di sanità alla riforma delle scuole di specializzazione. Cambierà anche la formazione: dai Policlinici universitari agli ospedali territoriali. Polemiche
Rivoluzione alle porte per la formazione dei giovani medici. Già a partire da questo anno accademico i neo-camici bianchi potrebbero vedere accorciato di un anno il loro percorso nelle scuole di specializzazione. Un modo per tagliare sensibilmente i costi delle stesse (che sono coperte da borse di studio) e, grazie a questi risparmi, allargare la bocca dell’imbuto che costringe molti neo laureati a perdere un anno, a volte anche più, nell’attesa di poter accedere alle scuole post laurea, il cui numero è contingentato. È questa la principale novità del decreto di riforma delle specializzazioni mediche, in dirittura d’arrivo dopo il via libera del Consiglio superiore di sanità (Css). Ad illustrare la rivoluzione in arrivo per i giovani che aspirano alla carriera medica è Andrea Lenzi, presidente del Consiglio universitario nazionale, nonché presidente della V sezione del Css: «Il Consiglio - spiega - ha espresso parere favorevole al decreto di riordino ed ora è attesa, a giorni, la firma da parte dei ministri dell’Università e della Salute». I risparmi che si otterranno dalla riforma, rileva, «serviranno anche ad aumentare il numero delle borse per le scuole di specializzazione, oggi circa 5 mila a fronte di circa 10 mila laureati in Medicina l’anno».
Dall’università agli ospedali territoriali
Ma cosa cambierà, in dettaglio? Innanzitutto, afferma Lenzi, verranno accorpate alcune delle scuole e due verranno eliminate (Medicina aerospaziale e Neurofisiopatologia). In totale, le scuole passeranno dalle attuali 57 a 50 e per 30 di esse il percorso verrà accorciato di un anno: così, ad esempio, Psichiatria passerà da 5 a 4 anni e Chirurgia da 6 a 5 anni. Al termine, vi sarà un esame nazionale per tipologia medica, una sorta di «certificazione nazionale di qualità». Ma a cambiare sarà anche il percorso per la formazione: gli specializzandi fanno già oggi pratica in corsia, ma principalmente nei Policlinici universitari. Con la riforma, l’idea è quella di estendere tale pratica anche negli ospedali del territorio, all’interno di specifiche convenzioni e con meccanismi di accreditamento rigorosi, con le Regioni che si sono dette pronte a finanziare borse di studio per gli specializzandi. Anche su questo punto si è ad una stretta, e domani è previsto un incontro al ministero della Salute per la stesura del testo definitivo. La proposta - che registra un giudizio «parzialmente positivo» da parte del maggiore dei sindacati medici, l’Anaao - è stata però criticata da presidi e docenti di diverse Facoltà di Medicina, da Pavia a Napoli: il rischio ventilato è quello di uno scadimento della qualità dei futuri medici. Dice Gabriella Fabbrocini, docente all’Università Federico II di Napoli: «Va evitato il rischio che la formazione venga fatta solo, o nella gran parte, negli ospedali con l’obiettivo di andare a coprire i buchi di personale. Lo specializzando non può essere cioè il surrogato per le carenze di personale nelle Asl».