Gli studenti nella “buona scuola”. Proviamo a chiarirci
di Antonio Valentino
Il documento sulla Buona scuola non dedica molto spazio agli studenti in quanto tali. Ovviamente sono i principali soggetti per i quali l’intera operazione governativa di rinnovamento viene messa in campo. Ma l’ottica con la quale il documento è costruito è , complessivamente, docente-centrica. E questo perchè hanno giustamente ravvisato – gli estensori - che un processo di riforma della scuola ha negli insegnanti il motore da revisionare e riattivare.
Le dichiarazioni del sottosegretario Faraone, sia quelle dei primi di dicembre che quelle di metà gennaio[1], hanno riportato in primo piano - in termini però che hanno sollevato parecchie polemiche – il discorso specifico degli studenti delle Superiori.
Con le prime, esprimendo una posizione favorevole alle autogestioni studentesche che ormai da anni si ripetono come rito stanco, ma comunque carico di domande irrisolte; nelle seconde, proponendo di coinvolgere istituzionalmente gli studenti, inserendoli nei nuclei di valutazione, con i compiti previsti per questo organismo; e cioè: valutare i neoassunti alla fine dell’anno di prova, esprimersi sugli scatti stipendiali (solo in quest’ultimo caso lo studente non arebbe diritto di voto), elaborare il Rapporto di autovalutazione della scuola.
Una diversa prospettiva. Per esempio
Pur condividendo le posizioni critiche diffuse sulle affermazioni e i propositi del sottosegretario, va riconosciuto a queste il merito di aver riproposto un tema che è comunque centrale, soprattutto per le scuole superiori: che è non tanto quello di quale scuola per quale studente, quanto quello di quale collocazione, quale voce, che tipo di presenza garantire allo studente perchè la scuola diventi il luogo attrezzato e organizzato per raccogliere e dare risposte ai suoi bisogni e alle sue aspettative.
Siccome nei decreti sulla buona scuola si faranno scelte su tale questione, l’interrogativo mi sembra debba essere: cosa è opportuno aspettarsi perché la centralità degli studenti sia nozione sensata e condivisa.
Al riguardo appare scelta corretta prendere preliminarmente in considerazione le idee più qualificanti venute fuori dal dibattito, sia all’interno delle associazioni studentesche che in quella parte del pianeta scuola più sensibile a questa tematica.
Alcuni approdi tra l’altro sono ormai in larga parte condivisi e condivisibili .
Per esempio, la possibilità per lo studente:
- di costruire, a partire dal secondo biennio delle superiori, un proprio progetto formativo (che allo stato attuale non c’è proprio), anche attraverso attività opzionali[2] e facoltative[3]; già ora previste, ma con modalità e in termini che non possono funzionare, non essendo garantito l’organico necessario (come dire: nozze coi fichi secchi);
- di disporre di spazi per lo studio autonomo o di gruppo, eventualmente assistito, fuori dal l'orario curricolare;
- di dar vita in autonomia ad aggregazioni di vario tito (per es. per attività musicali o sportive autonomamente gestite) e più in generale di vivere la scuola anche come spazio di aggregazione e di socializzazione;
- di far sentire la propria voce su temi come la gestione della scuola sotto il profilo della unitarietà delle scelte e dei provvedimenti (con particolare riferimento ad un minimo di omogeneità dei criteri metodologico-didattici e valutativi).
E, sempre per esempio: la garanzia sia di insegnanti che sappiano fare bene il loro mestiere - e che lo facciano in modo coordinato e collaborativo -; sia di scuole sicure, decorose e attrezzate (in prosecuzione e completamento del piano già previsto di interventi, che stentano però in molti casi a partire).
Chiarirsi su due punti (almeno)
Due punti soprattutto, tra quelli rappresentati nelle esemplificazioni, richiedono però qualche chiarimento.
Il primo è sul progetto formativo individuale . Al riguardo è da condividere la posizione di quanti ritengono che non debba trattarsi di un curricolo da “personalizzare” attraverso un ampliamento del numero delle materie da seguire o attività aggiuntive a quelle curricolari di scuola; detta in altri termini: no ad un sovraccarico di imput cognitivi, no a curricoli sovraccarichi; sì, invece, a curricoli sobri e motivanti, fatti, oltre che di discipline obbligatorie, anche di insegnamenti opzionali e facoltativi; ma costruiti secondo logiche non additive e garantiti dall’attribuzione di un organico ad hoc.
Pertanto, l’organico funzionale - di cui si aspetta l’attivazione con la stabilizzazione di un gran numero di precari – dovrebbe tendere, in questa ottica, ad arricchire le opportunità formative. Con l’obiettivo di rendere possibile, per lo studente, costruire un proprio curricolo con un' offerta più ricca. (Si auspica anche che questo organico porti sia a favorire la formazione di classi gestibili per numero e per composizione; sia a permettere di ritagliare risorse orarie per le funzioni di coordinamento e collaborazione)
Questo criterio dovrebbe valere anche per la primaria.
Bene certamente la musica e l’educazione civica, purchè siano però inserimenti armoniosi e gestiti in copresenza, così che l’attenzione alle competenze di base sia responsabilità condivisa degli insegnanti.
Se introduciamo ulteriori separatezze disciplinari, la solidità e l’unitarieta degli apprendimenti (quindi il loro valore e il loro senso) rimarrà per molti ragazzi, soprattutto per i più deboli, un obiettivo mancato.
Il secondo chiarimento riguarda il valore legale del titolo di studio. So che la questione è delicata e spessa. Ma non dovrebbe impedirci di vedere che già oggi questo valore è poco considerato, non solo ai fini dell’inserimento nelle imprese private, ma anche nell’iscrizione alle università.
Comunque – sto brutalmente semplificando - se si accetta l’idea di percorsi individualizzati (di progetti formativi personalizzati), bisognerebbe conseguentemente ragionare più sulla certificazione dei percorsi seguiti (che dovrebbero comunque garantire livelli essenziali di competenze sia per l’area formativa della cittadinanza, sia per quella dell’ indirizzo scelto) che sul valore, più o meno legale, di uno specifico titolo di studio. O no?
Gli studenti nel NdV: perché la proposta non convince
Ritorno ora, con considerazioni più dirette, sul punto da cui sono partito: la proposta espressa dal sottosegretario Faraone di inserire un rappresentante degli studenti nel Nucleo di valutazione[4]. Proposta che sembra anche a me sostanzialmente sbagliata.
La ragione appare abbastanza semplice: la centralità dello studente non la si afferma facendogli fare cose che non appartengono all’essere studente. Non valuti (come competenza istituzionale) chi ti valuta. Si stravolge il senso del rapporto insegnante-studente che è un rapporto che vogliamo certamente fondato sulla reciprocità (che esclude subalternità e unidirezionalità e chiama in causa piuttosto alleanza e lealtà). Ma su una reciprocità che parta dal riconoscimento che ruoli, responsabilità e poteri sono diversi; ed è bene che lo siano per evitare confusioni, ritorsioni, snaturamento delle funzioni.
Fughe in avanti confondono le idee e scaricano sullo studente compiti impropri e fuorvianti, deresponsabilizzando la scuola rispetto ai suoi, di compiti; dobbiamo richiamarne qualcuno? Garantire insegnanti all'altezza, ad esempio, e ancora: curricoli flessibili e aperti, etc., etc..
Penso, molto semplicemente, che, se veramente vogliamo che la scuola sia per lo studente, dobbiamo piuttosto pensare a provvedimenti e impegni che garantiscano, attraverso opportune e impegnative misure (formazione mirata del personale scolastico, comportamenti e pratiche professionalmente orientate nel senso indicato, controlli che ne verifichino la tenuta), le prerogative di cui alle esemplificazioni precedenti.
Comunque, per concludere sul punto: molto meglio il coinvolgimento degli studenti attraverso il ricorso a questionari essenziali e diretti (di cui parla tra l’altro anche il Sottosegretario) e a interviste coi loro rappresentanti. Rappresentanti da considerare, questo sì, testimoni e interlocutori privilegiati nel processo di elaborazione del Rapporto di autovalutazione.
[1] Al Forum delle associazioni Studentesche del 17 gennaio
[2] Come è noto i regolamenti di Riordino degli Istituti Tecnici e Professionali prevedono anche la possibilità di utilizzare, nella gestione dei diveri percorsi paralleli degli indirizzi (“articolazioni”) e delle ulteriori opzioni previste da un elenco nazionale, consistenti spazi di flessibilità (30% dell’area di indirizzo nel secondo biennio e 35% del quinto anno per gli istituti tecnici e 35% nel secondo biennio e 40% nel quinto anno per gli istitutiprofessionali). Due opzioni sono previste anche nell’area liceale: nel Liceo Scientifico, “ Scienze applicate” e nel Liceo delle Scienze Umane, (“Economico Sociale”).
[3] I licei possono attivare, nei limiti delle loro disponibilità di bilancio, attività e insegnamenti facoltativi, coerenti col PECuP. La scelta è facoltativa per gli studenti che però sono tenuti alla frequenza delle attività prescelt
[4] La proposta è anche dentro una risoluzione delle Commissione cultura del Senato, presentata dall’on. Puglisi, del 25 gennaio: “Si propone di introdurre la possibilità, soprattutto nelle classi terminali del secondo ciclo di istruzione, di un curriculum dello studente, formato da una parte obbligatoria per tutti e una parte opzionale, a scelta dello studente, oltre che da discipline facoltative di arricchimento. Un curriculum articolato in discipline obbligatorie, discipline opzionali (diventano obbligatorie una volta scelte) e discipline facoltative di arricchimento, consentirebbe una personalizzazione del percorso di studi adeguandolo alle attitudini e agli interessi degli allievi, così da potenziare l’elemento orientativo dell’istruzione”.