Il Manifesto-Il Righi cerca dialogo
Il Righi cerca dialogo ROMA Studenti in assemblea con i "grandi". Ma il liceo resta occupato "per stilare documenti e pulire la scuola" CINZIA GUBBINI - ROMA Ottantadue contro novantanove. E al...
Il Righi cerca dialogo
ROMA Studenti in assemblea con i "grandi". Ma il liceo resta occupato "per stilare documenti e pulire la scuola"
CINZIA GUBBINI - ROMA
Ottantadue contro novantanove. E al liceo Righi vince la "mozione 1", ovvero: si resta in occupazione. Una énclave di duri e puri? Le cose non stanno proprio così. Da una parte bastano i numeri (uno scarto minimo tra le due mozioni), ma soprattutto va considerato che gli stessi sostenitori della prima mozione chiedono "di poter occupare ancora per due giorni, per finire di stilare i documenti dei gruppi di lavoro. E per pulire la scuola, così da consegnarla più bella di come ce l'avete lasciata".
Dentro al Righi - il primo liceo di Roma a occupare in questo inzio di "rivolta" contro le riforme Moratti e contro la guerra - si intavvedono le stesse identiche caratteristiche dei ragazzi delle altre scuole occupate o autogestite: estremo rispetto, responsabilità quasi adulta, apertura al dialogo con pochissime pregiudiziali. "La prego preside, entri comunque nella scuola, facciamo questa assemblea", diceva ieri un gruppo di studenti a Luigi Gennari, preside del liceo Righi. Perché la decisione presa dal Consiglio di istituto una settimana fa concedeva la forma di occupazione al massimo fino a venerdì, poi si sarebbe chiamata la polizia ("ma tanto non viene", sospira il preside). E gli studenti, crucciati di non aver potuto concludere i gruppi di studio, volevano poter continuare l'occupazione, ma senza interrompere il dialogo con i professori, il preside e i genitori. Ma prof e preside avrebbero accettato di entrare in una scuola occupata, rischiando di confondersi con una forma di protesta "illegale"? Ebbene, il preside e i professori sono entrati.
"Questi ragazzi non conoscono lo scontro generazionale - commentava una professoressa in attesa della decisione dell'assemblea - quando eravamo giovani noi eravamo in rotta con i "grandi". Ora non è più così, noi sosteniamo pienamente i motivi della loro protesta". E di fatti l'assemblea affollatissima che si svolge di lì a poco dentro il cortile della scuola, si impantana proprio su questo nuovo stato di cose. Tutti sono d'accordo con la piattaforma di protesta. "Volevo proporre un ordine del giorno contro la guerra e contro la politica governativa sulla scuola", dice al microfono un professore di filosofia. "Mi preoccupo per il futuro di mia figlia", dice il papà di Giulia, spiegando ai ragazzi che le scuole coraniche di corrente wahibita sono nate a causa degli aggiustamenti strutturali imposti dal Fondo monetario mondiale in Pakistan. "Non vorrei trovarmi con un fondamentalismo, non certo islamico, in Italia", aggiunge tra gli applausi degli studenti. Anche il preside, che non interviene pubblicamente, dice di sostenere la protesta - anche se non è d'accordo con l'occupazione - e di essere preoccupato per il taglio di fondi alla scuola pubblica. Insomma, le perplessità sull'attuale modello politico mondiale sono larghissime, più di quanto si potrebbe immaginare. Ma il problema sta sempre lì: le forme di protesta, e il senso della protesta. Interessante il dibattito acceso scaturito da una stella a cinque punte disegnata da qualcuno all'entrata della scuola.
Durissimi i professori: "dovete interrogarvi sui simboli", "deve essere chiaro che siamo contro la guerra e contro il terrorismo", "è un atto gravissimo". D'accordissimo gli studenti, che infatti vanno fuori e cancellano la stella a cinque punte. "Ma insomma, vogliamo capire cosa fare?", grida una ragazza. L'interrogativo resta aperto e non solo al Righi. Gli studenti finiranno il percorso di studio e da lunedì inzia un periodo di "cogestione". Chi ascolterà la voglia di cambiare che aleggia nella scuola?