Il Messaggero-In pensione entro il 2006, rimpiazzati da meno della metà. Sono i più anziani d'Europa
In pensione entro il 2006, rimpiazzati da meno della metà. Sono i più anziani d'Europa Grande fuga dei prof: via 400mila in 5 anni di ANNA MARIA SERSALE ROMA - Nel giro di pochi anni ci sarà...
In pensione entro il 2006, rimpiazzati da meno della metà. Sono i più anziani d'Europa
Grande fuga dei prof:
via 400mila in 5 anni
di ANNA MARIA SERSALE
ROMA - Nel giro di pochi anni ci sarà penuria di insegnanti. Si calcola che dei 750 mila docenti attualmente occupati circa la metà potrebbe lasciare la scuola per raggiunti limiti di età. L'Italia ha i professori più anziani d'Europa, la loro età media oscilla tra i cinquanta e i cinquantasei anni e gli esperti calcolano che in 400 mila abbandoneranno la cattedra. Finora la scuola era abituata ad un turn-over di 30 mila unità annue: pescando dalle liste dei precari e da quelle dei concorsi non era un problema rimpiazzare le uscite. Ma ora è diverso. "Siamo alla vigilia di una migrazione biblica - avverte Enrico Panini, segretario nazionale della Cgil-scuola - Il picco è previsto per il 2006, quando si calcola che andranno in pensione le migliaia di persone entrate all'inizio degli Anni Settanta. La novità è che non ci saranno abbastanza laureati per rifornire la scuola e coprire i vuoti".
Il fenomeno partirà al rallentatore, poi esploderà. C'è il tempo per evitare il peggio? "Ci sarà l'emergenza, rischiamo il collasso dell'intero sistema - sostiene Massimo Di Menna, segretario nazionale della Uil-scuola - Perché le università sfornano tra i 18 e il 19 mila laureati l'anno, un numero insufficiente per colmare una voragine del genere". L'Italia ha importato gli infermieri, i pizzaioli e gli ingegneri, forse importerà anche i professori. Dopo avere assorbito vincitori di concorso e precari in attesa, secondo i sindacati, resteranno scoperte almeno 200 mila cattedre. "Solo con un piano molto rigoroso - aggiunge Panini - è possibile arginare il problema".
Stavolta il pre-pensionamento non c'entra. L'addio dei 400 mila è un evento fisiologico, che nelle aule avrà l'effetto di una scossa di terremoto. Nella storia della scuola non ci sono precedenti, per trovare un'emergenza in qualche modo paragonabile bisogna tornare al '62, quando con la media unificata e il boom dell'istruzione di massa non si trovavano laureati da assumere. "Allora con un decreto - spiega Di Menna - vennero autorizzati i presidi a chiamare personale privo dei titoli. Salirono in cattedra gli universitari degli ultimi anni, che andarono ad insegnare senza avere completato gli studi".
Il pedagogista Benedetto Vertecchi è tra i primi a lanciare l'allarme: "Anche nel Regno Unito e in Germania sta accadendo qualcosa di simile. Forse c'è anche un problema di disaffezione o forse dobbiamo constatare un'involuzione negativa della professione che, solo a parole, tutti considerano determinante per lo sviluppo e la vita sociale. In realtà, è mancata una politica seria sul personale della scuola: dopo l'infornata del Settanta, fatta in condizioni di emergenza, si è continuato con la rincorsa affannosa per tappare i buchi. L'uscita dei 400 mila non è un mistero, basta guardare le statistiche, ora siamo già in ritardo". Ma c'è chi sdrammatizza: "Questo esodo sarà un'opportunità - afferma il professor Rosario Drago, esperto di problemi della scuola - Abbiamo 1 professore ogni 9 alunni, contro la media europea di 1 ogni 14. Sarà possibile ridurre il numero degli insegnanti e ricavare risorse per fare investimenti: soldi e carriere. Comunque, un pericolo c'è: se non prepareremo un sistema di reclutamento efficiente accadrà come negli Anni Settanta: in mancanza di laureati andranno in cattedra i farmacisti ad insegnare matematica". Giorgio Allulli, dell'Isfol, esperto di formazione, commenta: "Non basta un nuovo sistema di reclutamento, per trovare nuovi prof occorre rendere più appetibile la professione".
L'uscita non sarà in blocco: sarà scaglionata, nell'arco di pochi anni. Le maggiori difficoltà riguarderanno le materie tecnico-scientifiche, soprattutto matematica e fisica, dove i candidati all'insegnamento scarseggiano già ora. Quanto a forme di reclutamento più diretto, saltando i concorsoni, la Moratti ha un progetto. E' contenuto nel Rapporto del pedagogista Bertagna e prevede lauree abilitanti, sicché sarebbe possibile entrare nella scuola molto presto, anche a 25 anni, un modo, tra l'altro, per ringiovanire le leve.