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Il rilancio è possibile soltanto con insegnanti di eccellenza

La scuola ha bisogno dei migliori laureati selezionandoli, formandoli e pagandoli adeguatamente

23/02/2015
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La Stampa

Ieri si è tenuta a Roma la  giornata sulla scuola del Pd,  con il presidente del Consiglio  e i vertici del ministero dell'Istruzione.  Le attese erano  grandi, in vista delle misure sulla  scuola che verranno discusse  presto in Consiglio dei ministri:  non sono però emerse novità,  soprattutto per quel che riguarda  le 148.000 assunzioni di  insegnanti precari e la valorizzazione  del merito dei docenti,  su cui il governo a settembre  aveva preso impegni precisi nel  documento sulla Buona Scuola  e che stanno agitando il mondo  della scuola in queste ore. Evidentemente,  alcuni aspetti, come  lo svuotamento delle graduatorie  ad esaurimento, devono  essere ancora messi a punto,  se sí vuole evitare il rischio dí  assumere persone che non soddisfino  i bisogni della scuola.  Per saperne di più e giudicare,  occorrerà aspettare ancora.  In una giornata priva di indicazioni  precise sui contenuti del  prossimo decreto, Renzi ha delineato  la visione della scuola che  ispira i provvedimenti. A differenza  dei precedenti governi, ha  ridimensionato i noti ritardi degli  apprendimenti degli studenti italiani  nei confronti internazionali;  anzi, in maniera un po' ottimistica,  ha sostenuto che la nostra  scuola funziona bene, come dimostrerebbero  i risultati eccellenti  dei giovani studiosi italiani  all'estero. Peccato che l'argomento  valga per una piccola minoranza  di giovani particolarmente dotati  e motivati, mentre compito  della scuola è garantire a tutti i  nove milioni di studenti apprendimenti  elevati, che assicurino  un lavoro gratificante e la capacità  di essere buoni cittadini: su  questo fronte il cammino è ancora  molto lungo.  Renzi si è poi soffermato e   non era scontato sul prestigio  sociale degli insegnanti, notando  come questi non godano più del  rispetto che li circondava in passato.  La questione è importante,  con implicazioni sull'organizzazione  che il governo vorrebbe dare  alla scuola. E' vero che si è infranto  il patto fra scuole e famiglie  su cui si è retto a lungo il nostro  sistema educativo. Da un lato,  le famiglie sono crescentemente  insoddisfatte di come la  scuola forma i loro figli, utilizzando  una didattica superata, non  insegnando loro materie come  inglese, matematica, scienze, essenziali  per il futuro lavorativo,  non fornendo sufficienti informazioni  per una scelta adeguata,  tollerando talvolta negligenze da  parte dei docenti; spesso, purtroppo,  i genitori tramutano questa  insoddisfazione in una difesa  «sindacale» dei ragazzi, non capendo  l'utilità della critica che  può venire da un insegnante.  D'altro lato, per molto tempo i  docenti si sono adagiati su un  tran tran, caratterizzato da una  bassa retribuzione, in cambio  della richiesta di un impegno lavorativo  modesto, da politiche  scolastiche che hanno impedito  aggiornamento e formazione, dal  rifiuto di una valutazione del loro  operato; dimenticando ed è  questo che spiega il diminuito  prestigio sociale della professione  che il livello culturale del Paese  è aumentato, gli insegnanti  non sono più gli unici depositari  del sapere, le aspettative nei loro  confronti sono cresciute.  Come riallacciare i fili di un  dialogo fra scuola e famiglia? La  strada non può che essere quella  di portare dentro la scuola i migliori  laureati, selezionandoli,  formandoli e pagandoli adeguatamente,  così da assicurare il miglior  insegnamento possibile: la  scuola e la società italiane devono  poter contare su un corpo docente  di assoluta eccellenza, per  poter risalire la china. A un presidente  del Consiglio che ha fatto  del rinnovamento, anche generazionale,  la propria bandiera, non  si può chiedere nulla di meno. 

Andrea Gavosto* Direttore Fondazione  Giovanni Agnelli


Presentazione del libro il 18 novembre, ore 15:30
Archivio del Lavoro, Via Breda 56 (Sesto San Giovanni).

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