Il rilancio è possibile soltanto con insegnanti di eccellenza
La scuola ha bisogno dei migliori laureati selezionandoli, formandoli e pagandoli adeguatamente
Ieri si è tenuta a Roma la giornata sulla scuola del Pd, con il presidente del Consiglio e i vertici del ministero dell'Istruzione. Le attese erano grandi, in vista delle misure sulla scuola che verranno discusse presto in Consiglio dei ministri: non sono però emerse novità, soprattutto per quel che riguarda le 148.000 assunzioni di insegnanti precari e la valorizzazione del merito dei docenti, su cui il governo a settembre aveva preso impegni precisi nel documento sulla Buona Scuola e che stanno agitando il mondo della scuola in queste ore. Evidentemente, alcuni aspetti, come lo svuotamento delle graduatorie ad esaurimento, devono essere ancora messi a punto, se sí vuole evitare il rischio dí assumere persone che non soddisfino i bisogni della scuola. Per saperne di più e giudicare, occorrerà aspettare ancora. In una giornata priva di indicazioni precise sui contenuti del prossimo decreto, Renzi ha delineato la visione della scuola che ispira i provvedimenti. A differenza dei precedenti governi, ha ridimensionato i noti ritardi degli apprendimenti degli studenti italiani nei confronti internazionali; anzi, in maniera un po' ottimistica, ha sostenuto che la nostra scuola funziona bene, come dimostrerebbero i risultati eccellenti dei giovani studiosi italiani all'estero. Peccato che l'argomento valga per una piccola minoranza di giovani particolarmente dotati e motivati, mentre compito della scuola è garantire a tutti i nove milioni di studenti apprendimenti elevati, che assicurino un lavoro gratificante e la capacità di essere buoni cittadini: su questo fronte il cammino è ancora molto lungo. Renzi si è poi soffermato e non era scontato sul prestigio sociale degli insegnanti, notando come questi non godano più del rispetto che li circondava in passato. La questione è importante, con implicazioni sull'organizzazione che il governo vorrebbe dare alla scuola. E' vero che si è infranto il patto fra scuole e famiglie su cui si è retto a lungo il nostro sistema educativo. Da un lato, le famiglie sono crescentemente insoddisfatte di come la scuola forma i loro figli, utilizzando una didattica superata, non insegnando loro materie come inglese, matematica, scienze, essenziali per il futuro lavorativo, non fornendo sufficienti informazioni per una scelta adeguata, tollerando talvolta negligenze da parte dei docenti; spesso, purtroppo, i genitori tramutano questa insoddisfazione in una difesa «sindacale» dei ragazzi, non capendo l'utilità della critica che può venire da un insegnante. D'altro lato, per molto tempo i docenti si sono adagiati su un tran tran, caratterizzato da una bassa retribuzione, in cambio della richiesta di un impegno lavorativo modesto, da politiche scolastiche che hanno impedito aggiornamento e formazione, dal rifiuto di una valutazione del loro operato; dimenticando ed è questo che spiega il diminuito prestigio sociale della professione che il livello culturale del Paese è aumentato, gli insegnanti non sono più gli unici depositari del sapere, le aspettative nei loro confronti sono cresciute. Come riallacciare i fili di un dialogo fra scuola e famiglia? La strada non può che essere quella di portare dentro la scuola i migliori laureati, selezionandoli, formandoli e pagandoli adeguatamente, così da assicurare il miglior insegnamento possibile: la scuola e la società italiane devono poter contare su un corpo docente di assoluta eccellenza, per poter risalire la china. A un presidente del Consiglio che ha fatto del rinnovamento, anche generazionale, la propria bandiera, non si può chiedere nulla di meno.
Andrea Gavosto* Direttore Fondazione Giovanni Agnelli