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ItaliaOggi: Enti di ricerca, Gelmini all'attacco

Il ministro in una direttiva pianifica le priorità d'intervento 2009 per scuola e università

11/06/2009
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ItaliaOggi

di Alessandra Ricciardi

Gli attuali vertici vanno mandati a casa, sono troppo politici

Ci hanno provato in tanti, da ultimo il ministro dell'università del governo Prodi, Fabio Mussi, a rimettere mano alla galassia incandescente degli enti di ricerca. Lei, Mariastella Gelmini, punta a riuscirci nel 2009. Con un obiettivo su tutti: mandare a casa gli attuali presidenti e direttori generali degli istituti di ricerca, colpevoli di essere troppo politici e poco scientifici rispetto al ruolo che ricoprono. Dare insomma un taglio definitivo al mal vezzo di assegnare incarichi di alta specializzazione non in base alle competenze in materia, ma alla vicinanza politica al potente di turno. «Spoliticizzare gli enti di ricerca», recita più esattamente la direttiva del ministro dell'istruzione, università e ricerca che pianifica le priorità d'intervento per il 2009 del dicastero (la Corte dei conti, cui competono le verifiche di legittimità, l'ha registrata in questi giorni). I vertici saranno nominati «in una rosa proposta da appositi search committee di livello internazionale e rigidamente vincolati, nel loro mandato, al raggiungimento degli obiettivi». L'ultima parola, dunque, spetta sempre al ministro che però sceglie tra quanti sono indicati da comitati di specialisti internazionali. È la riforma tanto attesa e tanto temuta dal mondo della ricerca, per compiere la quale il ministro avrà tempo fino al 31 dicembre di quest'anno. Nel calderone ci sono tutti gli enti, dal Cnr all'Enea, dall'Istituto meteorologico all'Agenzia spaziale italiana. Nel frattempo che, però, alcuni interventi il governo qua e là li sta già facendo. È il caso del ddl sulle imprese e l'energia del ministro dello sviluppo economico Claudio Scajola, ora in discussione alla camera, che ha istituito l'Agenzia per la sicurezza nucleare, annettendovi alcune delle funzioni di Enea e Ispra. La riforma dei vertici degli enti si accompagnerà a un riordino generale degli istituti, per evitare duplicazioni e sperpero di risorse. Per migliorare la ricerca, la Gelmini conta anche di trasporre in Italia la Carta europea dei ricercatori, con paletti su reclutamento e carriera. E, per favorire l'assunzione dei migliori, si prevedono incentivi per gli scambi pubblico-privato. Anche perché i ricercatori cosiddetti anziani sono troppi e tenerli tutti stabilmente non si può. Ma la riforma degli enti di ricerca è solo una delle priorità dell'azione della Gelmini. Nella ricca direttiva di 190 pagine, campeggia ancora la scuola: completare la riqualificazione del sistema, avviata con la riforma del decreto legge 112/2008, «invertendo la tendenza attuale che ha distolto la scuola dal suo ruolo di servizio ai cittadini e alla nazione, per farla diventare un enorme ammortizzatore sociale». In questo contesto, andrà introdotto un sistema di valutazione a 360 gradi, scrive il ministro: voti a tutti, a studenti, insegnanti e istituti scolastici, per verificarne qualità e competenze. Affiora anche un nuovo sistema di finanziamento alle istituzioni e di sostegno a «percorsi educativi con specifiche connotazioni, cui la scuola paritaria può fornire risposte adeguate» e alle famiglie «che intendono scegliere liberamente da chi fare educare i propri figli». Una precisazione che risponde in parte alle richieste di attenzione che da tempo giungono al governo Berlusconi dal mondo cattolico. Basti ricordare, a fine 2008, la mobilitazione di protesta che il presidente della Conferenza episcopale italiana, Angelo Bagnasco, aveva paventato alla notizia di ulteriori tagli in Finanziaria alla scuola paritaria. La direttiva si misura poi con la formazione artistica e musicale, ovvero il mondo dei conservatori e delle accademie. Sarà potenziato, promette, con la nascita di nuovi poli riferiti allo zoccolo duro del made in Italy: artigianato, moda, industria dello spettacolo. E per insegnare i nuovi linguaggi artistici e musicali di cui c'è bisogno sarà adottato «lo strumento più flessibile dei contratti di insegnamento»: contratti a tempo determinato con esperti, che apportano le nuove competenze delle grandi produzioni artistiche senza però ingrossare la consistenza degli organici nazionali.