La buona condotta
Disciplina in classe, è la parola d’ordine. Per mettere in riga gli studenti maleducati e fuori controllo il ministro inglese dell’Istruzione ha avuto un’idea: un “consulente comportamentale”: agli insegnanti spiegherà che devono pretendere rispetto, sicurezza e puntualità dagli allievi. Chi sbaglia è avvertito
30/06/2015
la Repubblica
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE ENRICO FRANCESCHINI
LONDRA
C’ERANO una volta i buoni e i cattivi. I buoni nel primo banco con il grembiule stirato e il fiocco perfetto, i cattivi in un angolo con le orecchie da somaro in testa. Ma ne è passata di acqua sotto i ponti dai tempi della scuola di “Pinocchio” e di “Cuore”, in particolare lungo le rive del Tamigi, dove la disciplina in classe veniva impartita a colpi di rami di betulla sul sedere, con i pantaloni calati: e non in qualche istituto correzionale per ragazzi di vita bensì a Eton, il college da cui escono re e primi ministri. Queste e altre punizioni corporali, impartite davanti a tutta la classe perché servissero da esempio, sono andate avanti in Inghilterra dall’era vittoriana fino a una trentina di anni fa, influenzando, grazie alla forza economica e culturale dell’Impero britannico, i metodi per mantenere l’ordine a scuola in gran parte dell’Occidente. Ora tuttavia un terremoto scuote la scuola inglese, “madre” della scuola moderna, e le sue scosse si avvertono nell’Europa intera.
La settimana scorsa Nicky Morgan, ministro dell’Istruzione britannico, ha nominato per la prima volta fra i suoi collaboratori un “consigliere comportamentale”, il cui compito è fornire suggerimenti su come affrontare le intemperanze durante le lezioni. Il prescelto, Tom Bennett, è un ex-insegnante ed ex-gestore di night club. Non è chiaro quale dei suoi due precedenti mestieri gli sarà più utile per fare rinascere quella che definisce “l’arte perduta di controllare una classe scolastica”. I manuali per la disciplina nella scuola del ventunesimo secolo, nota il Times nel dare notizia della nomina, sono basati sulla filosofia di Paul Dix, uno dei più autorevoli esperti in materia, in Gran Bretagna e all’estero. Le sue regole si possono riassumere in due concetti di fondo: abolire i “premi” per gli alunni considerati buoni e le “punizioni” per quelli giudicati cattivi. «Tutto quello che diciamo agli insegnanti è pretendere rispetto, sicurezza e puntualità dagli scolari», spiega il professor Dix. «Abbiamo applicato i nostri principi a scuole private di élite nel centro di Londra e a scuole statali derelitte nelle periferie povere, con lo stesso training e le stesse regole, e abbiamo ottenuto gli stessi risultati positivi».
Secondo una diffusa scuola di pensiero, il problema non è che negli anni ‘60 si è allentata la disciplina, bensì che la scienza comportamentale è scomparsa dal curriculum degli insegnanti. La chiave per governare gli alunni, affermano gli specialisti inglesi, non è tanto il rapporto tra adulti e bambini, bensì l’atteggiamento degli adulti tra di loro, l’esempio che danno, la coerenza che insegnano nei rapporti inter-personali. Quanto agli allievi, l’importante è trattarli come si vorrebbe essere da loro trattati. Un preside dovrebbe accogliere tutti gli allievi sulla porta della scuola, salutandoli uno per uno, aggiustando loro il grembiule o l’uniforme, imparando a conoscerli per nome. L’insegnante dovrebbe attenderli sulla porta della classe, ringraziandoli per essere venuti a lezione e stringendo loro la mano (evitando il “dammi il cinque”, buffetti o pacche sulle spalle). “Visibilità e sostegno”, riassume Dix: le stesse funzioni, in fondo, che hanno reso popolare il “bobbie”, il tipico poliziotto inglese che fa il giro del quartiere disarmato,mantenendo la sicurezza senza bisogno di sbraitare e minacciare.
Le nuove teorie comportamentali sulla scuola hanno scoperto che raramente le tecniche di disciplina più utilizzate in passato ottenevano l’effetto desiderato. Mandare un alunno alla lavagna a scrivere cento volte “parlo troppo durante le lezioni” o costringerlo a sedere in quella che gli inglesi chiamano “ naughty chair” o “posto del birichino”, realizzano spesso l’effetto opposto, fornendo uno status da celebrità al punito. Quanto alla sospensione dalle lezioni, portata agli estremi rivela tutta la sua fragilità: «Sono stato in una scuola in cui il mercoledì erano stati sospesi 267 studenti e il venerdì altri 200», commenta il professor Dix. «È servito a migliorare le cose? Naturalmente no». I buoni o bravi studenti vanno elogiati, ma meglio se con messaggi privati ai genitori, afferma il suo manuale. Per i “cattivi” dovrebbe esserci un sistema graduale: un avvertimento, seguito da un ammonimento, seguito da una “ultima possibilità”, seguita da una sospensione di privilegi come l’intervallo, giochi o gite, seguita dall’obbligo di restare da soli per tutta la lezione in un’aula appositamente designata.
«La verità è che non esiste una correlazione dimostrata fra disciplina scolastica e risultati accademici», osserva un altro esperto, Brett Wigdortz, direttore di Teach First (Prima insegna). «Ho visitato classi in Asia dove vigeva la massima disciplina e classi in Finlandia dove c’era un’atmosfera molto più rilassata, e non è che nelle prime siano tutti bravissimi e nelle seconde tutti somari. Fare l’insegnante è come fare il genitore. Devi essere chiaro e stabilire chiare conseguenze, ma occorrono sistemi diversi di caso in caso».
C’è chi cita come modello John Dewey, insegnante americano dell’Ottocento considerato il fondatore dell’educazione progressista, che criticava il nozionismo ed esortava a insegnare attraverso l’esperienza, sviluppando “uno spirito di cooperazione reciproca”. Oppure chi propone come esempio Summerhill School, “la più antica democrazia di bambini al mondo”, una scuola così libera che gli scolari possono scegliere di non andare a lezione e partecipano a tutte le decisioni, con voti che contano quanto quelli degli insegnanti: il libro che descrive questo metodo, scritto dal fondatore A.S. Neill, è stato a lungo un best-seller internazionale. Una cosa è certa: non è con le orecchie da somaro che si mantiene la disciplina o si creano i leader di domani. Tantomeno con le scudisciate di rami di betulla: non a caso abolite da Eton, la scuola da cui sono usciti David Cameron, l’attuale premier britannico, e il principe William, futuro re, mai costretti a calarsi i calzoni in classe.