La Stampa-Gli studenti occupano gli adulti non capiscono
Gli studenti occupano gli adulti non capiscono OGNI anno, come ci avviciniamo alle vacanze di Natale, gli studenti delle scuole superiori entrano in autogestione, oppure, se esistono motivi su...
Gli studenti occupano gli adulti non capiscono
OGNI anno, come ci avviciniamo alle vacanze di Natale, gli studenti delle scuole superiori entrano in autogestione, oppure, se esistono motivi sufficienti (riforme, guerre, rivendicazioni...), occupano l'edificio scolastico. È un movimento spontaneo, quasi automatico, come quello delle stagioni o delle fioriture, che inizia qua e là, in Lombardia e in Piemonte, in Emilia e in Puglia. A volte, a dare il la sono le scuole della capitale (quest'anno pare così); in altri casi, è invece in provincia che questo movimento non-movimento debutta, subito dopo le vacanze di Ognissanti. Si trasmette con il passaparola, di scuola in scuola, di città in città; nessuno vuole restare indietro o essere da meno. Una volta si usava il telefono, adesso le notizie viaggiano su Internet. Da un lato, questo movimento stagionale si configura come una consuetudine, che ormai i presidi e gli insegnanti mettono in conto nel programmare le attività didattiche dell'anno, dall'altro esso denuncia uno stato di forte disagio dei giovani. La scuola è oggi il principale luogo d'aggregazione della maggioranza dei ragazzi italiani; per loro tutto, o quasi, ruota intorno alle aule scolastiche, ai cortili, ai cancelli, ai locali di ritrovo - bar, paninoteche, negozi di dischi o di fumetti - che si trovano accanto agli edifici scolastici o nelle loro vicinanze. Amicizie, amori, rivalità, antipatie, incontri, conoscenze hanno nella scuola il loro baricentro fisico o virtuale. Tuttavia, le possibilità di utilizzare le scuole come luogo di ritrovo stabile, al di là delle ore di lezione, sono poche, sia per il modo in cui sono stati progettati e costruiti gli edifici, sia per le abitudini mentali degli adulti, che vedono nella scuola solo il luogo dell'istruzione, sia anche per problemi organizzativi (la difficoltà a utilizzare le persone che lavorano nelle scuole in attività e in orari extrascolastici). È un grosso problema perché le occupazioni e le autogestioni evidenziano la volontà di molti studenti di avere una vita sociale dentro la scuola, in modi e forme che travalicano le stesse ore d'insegnamento. La maggioranza dei presidi italiani appartiene oggi a una generazione che ha vissuto problemi analoghi negli anni Sessanta e Settanta, e in forma più drammatica rispetto a oggi. Per questo, dovrebbe essere capace di comprendere e interpretare le richieste dei ragazzi. Invece, non sempre è così. Di recente, su un giornale milanese, un preside ex sessantottino ha scritto una lettera ai suoi studenti per invitarli a non usare il sabato mattina per le manifestazioni. Ha ragione: le manifestazioni del sabato sono molto simili a una fuga organizzata da scuola. Ma ha anche torto, perché, nonostante tutto, il conflitto tra giovani e adulti non può essere mediato attraverso consigli. Quello che ci si aspetta da queste autorità scolastiche è che formulino invece proposte, che aprano le loro scuole, per usarle come luoghi d'incontro e di scambio, oltre che di studio e di cultura. È un'occasione. Torna ogni anno, ma quest'anno è davvero importante non lasciarsela sfuggire. La scuola sta per cambiare, bisogna che lo faccia davvero, e non solo nell'organizzazione degli studi, ma anche come spazio di positiva e utile aggregazione. Esce oggi MondoScuola, il supplemento della Stampa disponibile sul sito www.lastampa.it. Argomenti di questo numero gli esami di maturità e la protesta degli studenti.
Marco Belpoliti